Tu sei qui: PoliticaFondazione Ravello, Comune socio "minoritario": per Lelio Della Pietra le responsabilità sono del Sindaco Di Martino
Inserito da (redazionelda), martedì 7 gennaio 2020 09:44:31
I suoi sono interventi rari ma che raccolgono sempre unanimi apprezzamenti tra i nostri lettori per il contributo che offrono all'analisi di fatti e circostanze legate alla Fondazione Ravello. Con una lettera indirizzata al Direttore responsabile, l'avvocato Lelio Della Pietra, componente l'ultimo Consiglio Generale d'Indirizzo della Fondazione fino al 31 dicembre del 2018, ricostruisce e commenta gli ultimi tredici paradossali mesi di vita dell'ente che organizza il festival, dalla convinta richiesta di commissariamento da parte del sindaco di Ravello, al depotenziamento del Comune secondo il nuovo statuto.
Il legale del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che aveva redatto il celeberrimo "libro nero" di Ravello, una dettagliata relazione da 25 pagine in cui vengono rivelati fatti e misfatti dei precedenti 4 anni di gestione dell'Ente del Ravello Festival, dal primo commissariamento alla breve presidenza De Masi e a quella di Maffettone, attribuisce al sindaco Salvatore Di Martino tutte le responsabilità del fallimento.
Segue testo integrale a firma di Della Pietra.
Egregio Direttore,
la parabola - intesa come fenomeno che, raggiunto il culmine della sua fase ascendente, inizia a decadere - della Fondazione Ravello, meriterebbe da tutti una riflessione non di parte.
C'era una volta - e c'è ancora - un Sindaco, il quale in Fondazione avrebbe potuto far valere le esigenze della comunità da lui amministrata attraverso tre componenti del Consiglio di Indirizzo, persone perbene (mi ci metto poco modestamente anch'io), lontane dalla politica non solo locale, professionisti riconosciuti nei propri campi, legati alla città di Ravello, esperti (a diversi gradi di competenza, è ovvio) di musica, dotati di una propria idea di Festival, cioè dell'evento primo della mission della Fondazione.
Quei componenti, però, avevano il difetto non tanto di essere stati designati dall'Amministrazione precedente, quanto di pensare e conseguentemente operare in Fondazione con la propria testa, sempre e solo comunque nell'interesse di Ravello: cocciuti tutti tre, e rispettosi dell'osservanza delle regole (a cominciare da quelle statutarie).
Ma non così cocciuti che, ove mai il Sindaco avesse anche solo una volta indicato loro i desiderata del Comune - recte: della città di Ravello -, non li avrebbero portati avanti, sempre - vista la particolarità dei tre soggetti - filtrandoli attraverso la libertà del proprio pensiero.
Sennonché il profilo dell'autonomia contrasta con gli indirizzi della politica attuale - ma forse della politica in generale -, che interpreta il rapporto tra designante e designato (in un qualunque organo la cui composizione è riservata, appunto, a scelte politiche) come supina accondiscenza del secondo al primo, il quale solo perché messo in un certo posto dovrebbe smettere di fare i conti con le proprie esperienze umane e professionali - che in tesi avrebbero dovuto rappresentare proprio i requisiti della nomina - per appiattirsi sugli ordini via via trasmessi.
Anche il Sindaco di Ravello è caduto nell'antico vizio e, specie dopo essere entrato a far parte anch'egli del Consiglio di Indirizzo della Fondazione, non ha compreso che operare insieme ai tre componenti pur scelti dal suo predecessore, piuttosto che avversarli anche dall'interno, doveva servire a frenare l'operatività della Regione, che in Fondazione già imponeva le sue scelte, neppure sempre chiare, che quei tre erano rimasti a contrastare praticamente da soli.
E per intendere tutto questo al Sindaco di Ravello sarebbe bastato anche solo leggere i giornali, visto che più e più volte il Presidente della Regione aveva reso manifesta la personalissima equazione per cui ai soldi (sotto forma di contributi regionali) deve corrispondere (al San Carlo, come a Ravello, e come in altre realtà culturali) il comando del soggetto (la Regione) che i soldi mette.
Che cosa si proponesse, allora, il Sindaco quando a gran voce reclamava l'intervento della Regione attraverso un commissariamento del quale mancavano tutti i presupposti, è difficile immaginarlo.
A meno di non voler ritenere che, non avendo la capacità, e non essendo dotato della professionalità (il Comune di Ravello, ovviamente, non lui) per risolvere il problema Auditorium, che pesa sulle casse del Comune senza neppure riuscire a manutenerlo (non parliamo di sfruttarlo adeguatamente), avesse considerato la Regione il soggetto adatto a togliere ...le castagne dal proverbiale fuoco, consentendo al Comune, per il tramite della Fondazione nella quale sarebbero dovuti conferire anche Villa Rufolo e Villa Episcopio, la gestione non antieconomica di quei beni.
Se così non avesse pensato, il Sindaco di Ravello, davvero non si comprende per quale ragione - anche solo con gli elementi a quel tempo noti - abbia rinunciato alla designazione dei tre componenti del Consiglio di Indirizzo di propria competenza, e si sia agitato per il commissariamento che, a prescindere dalla figura del Commissario poi incaricato, in nessun'altra direzione sarebbe potuto sfociare se non in quella dell'acquisizione da parte della Regione della Fondazione che porta il nome di Ravello.
Né si dica che al Commissario volevasi delegare la revisione dello Statuto, sia perché per Statuto quella revisione si apparteneva al Consiglio di Indirizzo, nel quale i tre componenti che fossero stati designati dal Sindaco avrebbero potuto far valere le indicazioni del Comune di Ravello; sia perché è davvero da ingenui - e di certo il Sindaco di Ravello tale non può dirsi - non capire anticipatamente che la revisione sarebbe avvenuta secondo gli interessi della Regione.
Oggi a scelte fatte, ovviamente tutte a favore della Regione, il Sindaco insorge, l'opposizione protesta (ma invece di protestare all'epoca avrebbe potuto impugnare il commissariamento), la stampa locale diffonde la generale indignazione per l'espropriazione della Fondazione da parte della Regione Campania.
Ma come si è cercato di dimostrare si tratta di una non sorpresa, un po' come la brutta abitudine oramai invalsa di chiedere al destinatario di un regalo ciò che desidera, e poi farglielo recapitare.
Il Sindaco avrebbe dovuto sapere il dono che la Regione riservava a lui e a Ravello!
Con i consueti molti cordiali saluti.
Lelio della Pietra
Fondazione Ravello, interviene Lelio Della Pietra: «Mio memoriale non c'entra con conflitti attuali»
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