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Libri

Una nuova luce sulla storia medievale di Ravello tra potere, arte e mistero

“I segreti di Villa Rufolo”: Alessio Amato racconta il potere dei Rufolo e la figura di Sigilgaida

Il giovane archeologo ravellese Alessio Amato firma il suo primo libro tascabile, frutto di anni di studio e nuove scoperte sulla nobile famiglia Rufolo. Un viaggio tra arte, architettura e politica medievale, arricchito dai disegni di Marta Buonamico e destinato anche ai visitatori stranieri grazie alla traduzione in inglese. Un omaggio alla storia meno raccontata della Divina Costiera, tra diademi imperiali e intrighi di corte.

Inserito da (Admin), giovedì 5 settembre 2013 12:35:09

"I segreti di Villa Rufolo"è l'accattivante titolo del primo libro tascabile dell'archeologo ravellese Alessio Amato, frutto delle nuove scoperte effettuate sulla nobile famiglia Rufolo nel Medioevo, contenute nelle sue tre tesi di laurea.

Un volume, che contiene i pregevoli disegni della giovane artistaMarta Buonamico, è tradotto anche in inglese, perché destinato soprattutto ai numerosi visitatori che ogni anno preferiscono Ravello per le loro vacanze culturali.

Lo stile del "paperback" è molto amato, specie dagli anglosassoni. L'interessante volume, da leggere tutto d'un fiato, è già disponibile presso le maggiori rivendite di Ravello e sarà presentato ufficialmente nei prossimi giorni.

Studi dell'ultimo decennio hanno messo in risalto alcuni aspetti significativi di Ravello sia sotto l'aspetto storico che artistico. Le nuove scoperte riguardano i due monumenti più rappresentativi della città: il Pulpito del Domo e l'attuale Villa Rufolo, dietro le proprie affascinanti linee artistiche, celano dei precisi messaggi.

«Proprio attraverso lo studio delle opere d'arte è possibile arrivare al rapporto tra la famiglia Rufolo e il potere- spiega Alessio Amato -.L'esempio più significativo è il pulpito eretto nel 1272 da Nicola di Bartolomeo da Foggia, allievo e probabilmente figlio di Bartolomeo da Foggia, quest'ultimo grande esponente della scultura imperiale di Federico II. Della stessa scuola pugliese fu allievo il famoso Nicola Pisano. L'opera è stata al centro di infiniti studi artistici e l'elemento che conferma il collegamento è il cosiddetto busto di Sigilgaida, moglie di Nicola Rufolo. Oggi è conosciuta come moglie del nobile, per alcuni del patrizio, per altri del ricco commerciante Nicola. Questo perché si tiene conto esclusivamente del cognome Rufolo tralasciando le origini della donna. Gli studi hanno dimostrato che fu Sigilgaida della Marra l'unico legame con il potere sia normanno che svevo. Quella dei della Marra è l'unica famiglia ravellese di origini normanne che, appoggiata la discesa degli Altavilla dalla Normandia, dall'arrivo dei Normanni al periodo angioino, risulta essere uno tra i casati più importanti del Mezzogiorno. L'apice fu con Angelo I, fratello di Sigilgaida, che divenne tesoriere, importante funzionario e consigliere familiare di Federico II, gestione che venne tramandata per altre tre generazioni. Fu lei a scegliere per il pulpito Nicola di Bartolomeo, erede della scultura imperiale pugliese. Fu lei l'unica a essere rappresentata e ad avere una corona».

È proprio quest'ultimo aspetto a suscitare curiosità: come sostiene lo storico Giuseppe Gargano, la corona non rispecchia i canoni classici rivolti a esprimere l'importanza di una famiglia proprietaria di feudi ma si avvicina piuttosto al diadema imperiale. Sigilgaida, una nobildonna che andò in sposa a uno degli uomini più ricchi e ambiziosi dell'intera costiera. Per Nicola il commercio aveva dato tanto, era arrivato il momento di entrare nella gestione economica del regno. Di certo fu un matrimonio che convenne a entrambi: Sigilgaida era la porta per entrare nel potere, Nicola era un uomo dalla ricchezza infinita.

«Il primo passo, a mio avviso- prosegue Amato -fu la ristrutturazione di Palazzo Rufolo intorno alla metà del XIII sec., di un edificio che si avvicinasse in pieno ai canoni reali. La struttura rispecchia chiaramente una continuazione dell'architettura regia normanna e si ispira alle dimore siciliane: linee islamiche, sistemi di raccolta e distribuzione delle acque, presenza di torri e disposizione degli spazi ne sono la conferma. Il vero prototipo è il Cassaro, il palazzo di Ruggero II, risalente alla prima metà del XII sec. Ma l'ambiente chiave è la cosiddetta Sala dei Cavalieri, unica copia della Piccola Cuba voluta dal re normanno Guglielmo II nel 1184 sec. e fatta erigere da maestranze fatimide.

La presenza di linee islamiche non va collegata ai commerci con l'Oriente e tantomeno a una continuazione dell'architettura amalfitana caratterizzata proprio dallo stile orientale. È la prova del collegamento con il potere proprio negli anni in cui la famiglia Rufolo occupò per la prima volta un ruolo nell'amministrazione economica del regno».

Figli e nipoti sia di Nicola Rufolo che di Angelo della Marra continuarono a svolgere gli stessi incarichi anche in epoca angioina, questo a dimostrare il monopolio in mano alle due casate. Ma mentre i della Marra operarono esclusivamente nel ramo amministrativo gestendo dogane e tasse, i Rufolo, da esperti mercanti, divennero banchieri di corte: prestarono ingenti somme di denaro al re Carlo I d'Angiò con tassi di interessi altissimi. La corona, ormai in bancarotta e impossibilitata a restituire i prestiti, organizzò un processo contro le due casate accusandole di concussione, tradimento, delle più nere perversioni, esportazione di grano a danno della Corona, espressioni di favore per la guerra del Vespro.

«Matteo Rufolo, figlio di Nicola- rivela Amato - ,fu accusato di avere una corrispondenza con la regina Costanza, figlia di Manfredi e moglie di Pietro III d'Aragona e venne imprigionato; Angelo II, Ruggero e Galgano della Marra (nipoti di Angelo) e Lorenzo Rufolo (nipote di Nicola e Sigilgaida) vennero condannati a morte; donne e bambini furono torturati; beni mobili e immobili, tra cui navi cavalli e armi, confiscati. Durante gli anni a seguire i della Marra vennero reintegrati a corte.

La storia fu tramandata almeno per mezzo secolo circa, quando Boccaccio raccontava di un ricchissimo Landolfo Rufolo che, per raddoppiare le proprie ricchezze, perse tutto. Ritornato alla ricchezza grazie alla pirateria, venne derubato e fatto prigioniero dai genovesi. Una novella che per il protagonista terminerà a lieto fine. Da sempre Landolfo è stato accostato a Lorenzo Rufolo, decapitato nel giugno del 1283.

Per i Rufolo si trattò di trent'anni di grande potere. Passare da ricchi commercianti ad amministratori economici di certo fu un salto importante e significativo per l'arte ravellese. Tra espropri, arresti, decapitazioni e racconti, veniva chiusa una delle parentesi più importanti della storia di Ravello e dell'intera Costiera Amalfitana. Sigilgaida della Marra, una donna, la storia, il potere».

Alessio Amato

I segreti di Villa Rufolo

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