Tu sei qui: Storia e StorieVincenzo Palumbo - "il Professore" - nel ricordo di Secondo Amalfitano: l'uomo che ha insegnato il valore dell’amicizia vera
Inserito da (Admin), sabato 3 maggio 2025 07:44:54
"Non tutti gli amici sono uguali. Alcuni attraversano il tempo con noi, mutando forma ma non sostanza, restando presenti anche quando i ruoli cambiano, le stagioni della vita si susseguono, e il mondo intorno sembra trasformarsi. Vincenzo Palumbo, per Secondo Amalfitano, è stato questo: un punto fermo, un riferimento, un compagno silenzioso ma essenziale. In questa memoria intima e appassionata, l'ex sindaco di Ravello rievoca episodi pubblici e privati che, messi insieme, raccontano molto più di una semplice amicizia: raccontano una filosofia di vita, fondata sull'impegno per gli altri, sull'amore per la comunità e su un'idea rara di coerenza umana. Una fotografia, quella della gara nei sacchi, diventa simbolo di tutto questo: ironia, complicità e una gioia semplice che, come Vincenzo, non passerà mai di moda."
di Secondo Amalfitano
Quando Giuseppe e Francesco mi chiesero di ricordare loro padre durante i funerali, Vincenzo era appena morto ed ero frastornato dal senso di vuoto che quel corpo, oramai esile per la malattia, provocava dentro di me; "come volete" fu la mia risposta. Da quel momento ho passato l'intera giornata a scorrere il film della nostra vita e fino al momento del rito funebre ho riavvolto e fatta scorrere più volte la pellicola perché sempre nuovi particolari andavano ad arricchire l'insieme.
In due giorni ho scoperto che l'insieme di tanti episodi, momenti, dettagli, non mi era mai stato chiaro nella dimensione reale e complessiva della vita di Vincenzo Palumbo.
Il nostro rapporto lo avevo sempre riletto spezzettato nei vari periodi, mai in continuità: iniziato con la mia adolescenza e lui giovane promotore e organizzatore del TENNIS CLUB Ravello e con i tornei di palla a volo; proseguito da dipendente del comune di Ravello come Vigile Urbano e lui Vicesindaco; fino al sedere insieme in Consiglio Comunale ed in Giunta nella stessa maggioranza; di poi con me Sindaco e lui cittadino da me amministrato, per finire entrambi da semplici concittadini di Ravello. Un rapporto quindi che ci ha visto amici ma in posizioni e ruoli molto diversi fra loro; oggi rileggendo quel rapporto in continuità filologica ho realizzato la sua straordinarietà: a parte la circostanza che siamo rimasti sempre amici intimi, oggi ho realizzato che il nostro rapporto non è mai stato scalfito dai diversi ruoli che la vita ci ha assegnato, non abbiamo mai lasciato che fossero le nostre varie posizioni reciproche a determinare i modi e i termini della nostra amicizia.
"Caro Vincenzo, a questo punto sento di dover svelare uno dei nostri segreti che tu, come ci eravamo ripromessi, ti sei portato dentro fino alla tomba; sento di doverlo fare perché mi servirà anche più avanti per far comprendere meglio il valore delle tue azioni, il valore del tuo essere": in un periodo molto delicato della sua vita, incominciò a circolare a Ravello una diceria che nuoceva molto a Vincenzo, si parlava sempre più di interessi economici che ci accomunavano e che riguardavano le sue attività turistiche; come ben sapete voi tutti, da queste parti, ma non solo, quello che piace di più alla gente è il gossip, l'inciucio, se poi è maldicenza ancora meglio. Vincenzo un giorno chiese di vederci e mi disse: "ho pensato a lungo su cosa possiamo fare per stroncare queste voci cattive che ci stanno logorando e complicando la vita"; gli obiettai che era praticamente impossibile fermare il "venticello dell'ingiuria", ma lui con fare arguto mi disse: "io ho la soluzione, dobbiamo litigare e farlo sapere in giro; quelli che stanno litigati non hanno interessi comuni". Il mio carattere battagliero cercò di farmi opporre a quella proposta, fortunatamente non vinse lui; mi dissi se Vincenzo mi sta chiedendo questa brutta cosa, vuol dire che ha riflettuto a lungo ed è convinto che sia un bene. Vincenzo ha sempre avuto la "vista lunga", ha sempre saputo scegliere la strada migliore per poi seguirla con tutto se stesso e a qualunque costo, ed anche quella volta ebbe ragione lui. Per lungo tempo ci parlammo solo al telefono, con l'unica persona terza che sapeva il fatto a farci da tramite. Ho realizzato in queste ore che quel periodo di "litigio" è stato il periodo durante il quale il nostro rapporto di amicizia è stato più intenso e straordinario, non più scambi veloci e frugali di notizie e/o domande, ma lunghe chiacchierate di analisi e scambi di pensiero. Ci eravamo impegnati a non svelare mai questa episodio, ma come dicevo prima, ho pensato di farlo oggi perché ho ritrovato proprio in quel periodo la cartina al tornasole di quello che è stato il significato ed il senso per Vincenzo della parola "Amicizia". Ho sentito diverse volte dire a qualcuno che non conosceva Vincenzo a fondo ma solo superficialmente, come diciamo in dialetto: "Vincenzo è fatt' suoje", NIENTE DI Più ERRATO: Vincenzo non ha mai chiesto nulla per se, ma sempre e solo per gli altri; lo ha fatto da Vicesindaco, da albergatore e da semplice cittadino; ha sempre rincorso e cercato l'amicizia e gli amici; sono sicuro di poter dire che nessun altro albergo di Ravello è stato più frequentato dai Ravellesi del Giordano, Villa Maria e Villa Eva, perché Vincenzo voleva avere i suoi amici vicino, si è inventato di tutto per condividere con loro le sue strutture e momenti di spensierata e genuina amicizia: la riproposizione a Villa Eva della "Sagra dell'uva"; la festa di compleanno sua e dei suoi coetanei con la cena "Bussate con i piedi" (le mani dovevano servire per portare piatti e cibo da condividere, e non per spilorceria, ma per far sentire tutti OSPITI nella bivalenza letterale del termine); la Festa di ferragosto a bordo piscina, dove i suoi amici si mescolavano con i suoi clienti, momenti bellissimi con un clima straordinario di goliardia e di gioco in specie nelle fasi di preparazione e di allestimento: Eddy Oliva, Alberto White, Bonaventura Nacchia, capifila di un lungo elenco; le sfide culinarie con i piatti forti degli improvvisati "amici cuochi" e con la giuria composta dagli "amici degustatori" con in testa i fedelissimi Antonio Guarnieri e Mimmo De Masi, che di sicuro ieri quando ci hai lasciato, ti stavano aspettando e magari, imitando la tua ironia, ti avranno accolto con un: "amma apettà chiù?". Ogni occasione era buona per ritrovarsi e stare insieme; e ancora una volta, rivedendo le facce degli amici della prima ora, per i tanti: Roberto Casanova, Peppe Di Lieto e Pino Buonocore, ho realizzato che gli anni trascorrevano ma gli amici restavano sempre immutabili e sempre di più, una sorta di prodotti a lunghissima conservazione e senza scadenza. Nei vari momenti rivisti e rivisitati mi sono ritornati alla mente i tanti dipendenti che facevano da degna corona ai nostri baccanali, ed ecco l'ennesima scoperta, l'ulteriore prova dell'unicità di "o' prufessor" come tutti i dipendenti, e non solo, chiamavano Vincenzo: una longevità del rapporto lavorativo più unica che rara, persone che per 20-30 anni sono rimasti fedeli a Vincenzo ed in tanti oggi hanno scritto e detto di aver perso il loro secondo padre, una guida, un punto di riferimento, un maestro di lavoro ma ancor più di vita. La stragrande maggioranza delle cose che Vincenzo mi ha chiesto negli oltre cinquanta anni di amicizia vera, erano per i suoi dipendenti.
Quando ho finito di rivedere il nostro film, ed ho messo in sequenza dettagli ed episodi, ho realizzato quello che posso definire il "testamento spirituale di Vincenzo", e il suo essere stato un faro per Ravello e per tutti noi, incarnando e realizzando quella che gli studiosi e i tecnici definiscono: RESPONSABILITA' SOCIALE DI IMPRESA; Vincenzo non ha teorizzato la RSI, ma l'ha praticata, rendendo tangibile e reale il pensiero che oggi leggiamo sul manifesto che è affisso lungo le vie di Ravello per annunciarne la morte: "Il benessere del singolo, passa attraverso il benessere della collettività che lo circonda (Vincenzo Palumbo)"; lo ha fatto da albergatore e da Amministratore di questo paese; Lorenzo Mansi negli anni sessanta lo volle Consigliere Comunale con lui e poi Vicesindaco, aveva intuito le sue capacità con l'arguzia che gli apparteneva; quando il Sindaco Mansi morì Vincenzo era il candidato naturale alla sua successione, ma Vincenzo si tirò indietro invitando Salvatore Sorrentino a prenderne il posto, lo fece con una espressione poi diventata storica: "a me le carte non piacciono, al leggere preferisco il fare"; e fece molto con un ruolo delicato e sommerso, Vincenzo era il confessionale dei cittadini quello che raccoglieva le istanze di tutti e le veicolava al Sindaco con i giusti modi; Vincenzo era il grande moderatore nei momenti delicati; Ho più volte detto che Salvatore Sorrentino è stato il mio maestro in fatti di Amministrazione Pubblica, ma oggi dico che Vincenzo Palumbo è stato il mio maestro nell'insegnarmi concretamente che significa "Bene Pubblico", che significa caricarsi dei problemi dei cittadini. Da albergatore ha aperto le porte dei suoi alberghi a molte iniziative che, se lo penalizzavano economicamente, di sicuro lo esaltavano come illuminato cittadino di Ravello: il "Circolo dei Forestieri", il Rotary, la prima Scuola Media dell'obbligo hanno avuto la loro sede in quelle stanze, tantissime manifestazioni del Comune di Ravello sono state ospitate da Vincenzo gratis o a "prezzo di costo"; un dare continuo e costante e sempre nell'ombra e nelle retrovie, l'apparire non gli apparteneva, Vincenzo è stato un uomo dell'essere e del fare.
Ripercorrere la vita di Vincenzo anche a grandi linee, richiederebbe giornate intere, perché parliamo di una vita vissuta con una intensità impressionante; nonostante questo Vincenzo negli ultimi tempi ha vissuto nel timore dell'oblio, temeva di non essere ricordato, quasi come chi pensa di non aver fatto abbastanza per essere ricordato. Caro Vincenzo fai il tuo viaggio sereno, non sarai dimenticato, non lo sarai perché il tuo operato, tutto quanto da te realizzato parlerà anche ai posteri di te ricordando a tutti che "O' Prufessor" è vivo; lo ricorderanno i tuoi figli che, con te ancora in vita, avevano già ribattezzato il terrazzo di Villa Eva: "Il Ristorante del Professore", e a quanti chiederanno in futuro: "Chi era il Professore", troveranno un coro unanime a dire loro: " era Vincenzo Palumbo, inventore e realizzatore di questi luoghi e professore a tempo parziale di Francese, ma a tempo pieno e totale Professore di Vita".
A voi figli, Francesco e Giuseppe, dico: dovete essere felici perché oggi vostro padre vi ha lasciati, ma ha ripreso il suo originario percorso di vita che si era provvisoriamente interrotto, oggi ha ripreso a camminare, mano nella mano, con vostra madre Carla, una donna meravigliosa, dolce e mite, tanto da farmi dire alcune volte, ma come fai a stare con Vincenzo? Ora lo so il come: lei aveva colto dalla prima ora che quell'uomo, a volte apparentemente rude e burbero, era intimamente buono e la amava; sono fermamente convinto che Vincenzo non aveva mai smesso di amare Carla, ne ho avuto la prova quando Carla morì e allorquando per la prima ed unica volta nel nostro rapporto venne a chiedermi aiuto proprio per lei.
Noi tutti qui presenti dobbiamo essere contenti di averlo conosciuto e di aver impattato il patrimonio morale che ci lascia, un patrimonio che abbiamo il dovere di ricordare e conservare.
Grazie Vincenzo
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