Tu sei qui: Storia e StoriePagine che raccontano il Natale ad Amalfi (prima puntata)
Inserito da (redazionelda), giovedì 14 dicembre 2017 15:31:56
di Sigismondo Nastri
Vi ricordate le strofette che si cantavano una volta?
Mò vene Natale e sto senza denare,
me fumo na pippa e me vaco a cuccà'.
Quanno è 'a notte ca sparano 'e botte
me 'mpizzo 'o cappotto e vaco a vedé'.
Oppure quest'altra:
Mò vene Natale 'e renza 'e renza,
'o putecaro ce fa crerenza,
'o canteniero ce mette 'o vino
e facimmo Natale 'ngrazia 'e Dio...
Chi, come me, ha attraversato - negli anni dell'infanzia - la guerra, conserva nella mente il ricordo non solo delle inevitabili difficoltà che le famiglie vivevano allora, ma anche della difficoltà di reperire beni di consumo. Mangiavamo le sciuscelle e pensavamo che fosse il cioccolato. A confrontare quel Natale col Natale di oggi - osservava Gaetano Afeltra sul Corriere della Sera, il 22 dicembre 1996 (Natale '38, a messa da Schuster e a teatro con i De Filippo) - "ci si accorge di come è cambiata la nostra vita, in mezzo secolo e più: una vera rivoluzione di costume".
Rimane, per fortuna, presente nella nostra tradizione il Presepe. Anche se, vittime di un inarrestabile processo di globalizzazione e costretti ad assorbire tutto ciò che ci viene proposto, estraneo ai nostri gusti, alla nostra cultura (dalla Coca Cola ai pop corn, ai cibi transgenici, fino a Babbo Natale - che ha soppiantato la vecchia Befana - e Halloween), subiamo l'invasione nelle nostre case di abeti e finti abeti.
Eppure, se il Natale è una festa religiosa, e il presepe ne è il simbolo, inventato oltretutto da quel grande santo che è Francesco d'Assisi, che ci azzecca l'albero, direbbe Antonio Di Pietro? L'albero di Natale non appartiene alla nostra tradizione cristiana; è arrivato a noi dal nord Europa introdotto dagli antichi Romani, se è vero, come sembra, che essi, durante i Saturnali, portavano in giro un abete per salutare la fine dell'inverno (continua domani).
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