Storia e StorieI mille anni di San Giovanni del Toro, la chiesa dei patrizi ravellesi (1018-2018)
Inserito da (redazionelda), martedì 15 maggio 2018 14:57:20
Nel 2018, anno in cui ricorrono i duecento anni dalla soppressione della Diocesi, i centenari dell'elevazione a Basilica Minore dell'ex Cattedrale e della morte di fra Antonio Mansi, celebre figura del francescanesimo del primo Novecento, Ravello avrà la straordinaria opportunità di celebrare i mille anni di uno dei suoi monumenti più insigni: la chiesa di san Giovanni del Toro, Caput et mater aliarum ecclesiarum parochialium civitatis. Con questa espressione il vescovo Francesco Benni, agli inizi del Seicento, gli riconosceva solennemente il ruolo fondamentale svolto nella prassi sacramentale e liturgica nella Ravello altomedievale, in particolare nel lungo periodo che precedette l'istituzione della Diocesi, avvenuta nel 1086.
Queste proprietà, spettanti in quota anche alla chiesa di san Pietro de Serea, il 15 maggio del 1018 erano vendute dal presbitero Giovanni a un gruppo di abitanti di Ravello, che allora era ancora un locus dictus, un villaggio o comunque una sede di aggregazione.
Facevano parte di questo consorzio alcuni esponenti delle famiglie de Maurone, Rogadeo, de Urso Maurone, Mucilo, de Rosa, Mastalo, de Iusto, Mastatola, Pironti e de Eufimia, i quali, "con l'ispirazione della bontà del Signore" e per la redenzione delle loro anime, decisero di costruire una chiesa e dedicarla a san Giovanni Battista.
In tempi più recenti, inoltre, grazie all'Istituto di Studi Atellani, è stato ripubblicato il IV volume dei Regii Neapolitani Archivi Monumenta, con traduzione italiana a fronte dei documenti, compreso quello di fondazione della nostra chiesa, a cura di Giacinto Libertini.
Agli inizi dell'Ottocento, la parrocchia fu annessa a quella della ex Cattedrale, pur riservandosi i parroci il titolo di san Giovanni del Toro. Così risultava dal verbale della Visita Pastorale dell'Arcivescovo di Amalfi, Francesco Maiorsini, del 20 maggio 1874, che informava della presenza di tre altari, rispettivamente dedicati a san Giovanni Battista, sant' Eustachio e a san Vincenzo Ferreri. Inoltre, lungo la navata sinistra, esisteva ancora la cappella di san Nicola, un tempo di patronato della famiglia Frezza, poi passata ai Torre di Amalfi, che ne avevano affidato gli oneri di messe al canonico atranese Francesco Gambardella. Negli anni settanta dell'Ottocento, i due parroci di san Giovanni erano D. Luigi Mansi, laureato in Sacra Teologia alla Regia Università di Napoli e da non confondere con l'autore di Ravello sacra-monumentale, e D. Pasquale Mansi. Tuttavia, i due sacerdoti officiavano solo nella ex Cattedrale, come era prassi dal momento dell'unione parrocchiale avvenuta nel 1812. Ma a dare nuovo impulso al luogo di culto provvide, nei primi decenni del Novecento, l'Arcivescovo Ercolano Marini, che desiderò dall'inizio del suo ministero rivedere officiate le chiese di san Giovanni del Toro e di santa Maria a Gradillo. Superate le difficoltà che si frapposero al suo proposito, decretò, il 7 ottobre 1930, il trasferimento a san Giovanni della Confraternita del ss. Nome di Gesù. Il sodalizio vi funzionò fino alla fino agli inizi degli anni Sessanta, quando ne era priore Tommaso Amato. In quegli anni cominciarono anche i lavori di restauro, al termine dei quali, il 26 aprile 1970, l'Amministratore Apostolico di Amalfi, Jolando Nuzzi, consacrava l'altare e al centro dell'abside centrale veniva posto l'antico crocifisso ligneo che si trovava sulla parte destra della cappella attigua a quella di san Pantaleone nell'ex cattedrale. A margine di quegli eventi il presule ebbe modo di constatare come restasse «quasi intatto lo splendore di questa chiesa, che a distanza di mille anni suscita la nostra ammirazione per la sua stupenda architettura e per l'inestimabile ricchezza della sua arte».