Tu sei qui: Storia e Storie23 novembre 1980: quando la Campania tremò per 90 lunghissimi secondi
Inserito da (Admin), martedì 22 novembre 2022 19:24:32
Tra le 19.35 e le 19.37 del 23 novembre di quarantadue anni fa tre forti scosse di terremoto, con magnitudo massima di 6.9 della scala Richter, si verificarono in rapida successione in Irpinia. Secondo stime ufficiali causarono 2.914 morti e danneggiarono 362.000 edifici in 687 comuni, compresi tra le province di Benevento, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia. Fu tra i terremoti più disastrosi mai avvenuti in Italia: l'epicentro delle tre scosse principali — ognuna delle quali più forte del terremoto dell'Aquila del 2009 — fu individuato tra i comuni campani di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, tutti al confine con la Basilicata. In quei luoghi la sera del 23 novembre 1980, a quindici chilometri di profondità, si verificarono in successione tre distinte rotture che raggiunsero la crosta terrestre provocando una squarcio tuttora visibile lungo 35 chilometri.
Nonostante la vastità del terremoto, l'evento fu sottostimato per ore. I primi telegiornali nazionali riportarono soltanto «una lieve scossa» e «qualche ferito». All'epoca i sismografi non erano ancora collegati in un unico centro di raccolta dati e non esistevano nemmeno strutture nazionali per gestire emergenze di questa vastità.
A due giorni di distanza dalle tre scosse principali, fu infatti la visita dell'allora Presidente della Repubblica, SandroPertini a dare un primo quadro reale della situazione. Dopo essere stato sul posto, Pertini tenne un discorso in diretta televisiva in cui disse: «Sono tornato ieri sera dalle zone devastate dal terremoto. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò: interi paesi rasi al suolo, la disperazione dei sopravvissuti. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi è giunta a Roma. Ebbene, a distanza di 48 ore non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari».
La portata del sisma unita alle caratteristiche delle aree colpite e alla scarsa reattività dei protocolli di emergenza creò un ingorgo di ritardi che si prolungò per giorni. A peggiorare la situazione si aggiunsero inoltre i danni agli edifici istituzionali e una serie di eventi collaterali, come le rivolte scoppiate nelle carceri napoletane di Pozzuoli e Poggioreale, tra le più affollate in Italia.
La sistemazione delle centinaia di migliaia di sfollati fu poi complicata dall'inverno, particolarmente rigido in quei luoghi, per cui ci fu fin da subito un urgente bisogno di migliaia di vagoni, container e prefabbricati. La ricostruzione dei luoghi distrutti o danneggiati fu altrettanto lenta e, in alcuni casi, non può dirsi veramente conclusa.
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