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Racconti d'aMare

Amalfi, Israele, navigazione

La prima volta in Israele del Capitano Superiore di Lungo Corso Salvatore Barra

Il Capitano Barra ha incontrato gli alunni, iscritti al quarto anno, dell’Istituto Nautico di Ashdod

Inserito da (Redazione il Vescovado Notizie), mercoledì 25 settembre 2024 17:44:23

Di Salvatore Barra, Capitano Superiore di Lungo Corso

 

Ashdod è un porto israeliano che si affaccia sul Mar Mediterraneo, situato tra le città di Gaza e Haifa. Recentemente siamo stati in questo porto. Vista la situazione geopolitica attuale, e considerando che era la prima volta nella mia vita che approdavo in un porto ebraico, ho vissuto i giorni precedenti l'arrivo con viva apprensione e tante preoccupazioni. Prima dell'arrivo a destinazione, giunti in prossimità delle acque territoriali israeliane, abbiamo dovuto seguire rotte obbligate e una serie di procedure imposte dalla Marina Militare israeliana, oltre a ricevere via posta elettronica una serie di raccomandazioni da seguire in caso di attacchi missilistici aerei o navali: elevare il livello di sicurezza della nave a Marsec 2; vietare ogni tipo di ripresa fotografica; segnalare eventualmente ogni tipo di attività sospetta; evitare di dare informazioni a terze parti; evitare di scendere sulla banchina del porto se non autorizzati; mantenere il motore della nave sempre pronto, con l'equipaggio disponibile in caso di partenza improvvisa.

 

Dopo l'attracco in banchina, gli agenti della sicurezza controllarono i passaporti e interrogarono alcuni uomini dell'equipaggio scelti a caso, formulando domande, anche di natura personale, allo scopo di verificare l'autenticità dei documenti (Face control). Con le autorità e il personale del porto evitammo volutamente ogni riferimento alle situazioni politiche in corso, scambiandoci cordialità forzata in un clima a dir poco surreale.

 

La richiesta che non ti aspetti.

 

Verso sera, il rappresentante della nostra agenzia portuale mi chiese telefonicamente il permesso per una breve visita alla nave da parte di una scolaresca, da effettuarsi il mattino seguente. Ovviamente la mia risposta non poteva che essere affermativa. Informai immediatamente l'equipaggio di prepararsi e preparare la nave, in modo da renderla più accogliente, come quando si prepara la casa in attesa di ospiti. Al cuoco e al cameriere di bordo chiesi di preparare un rinfresco con bibite, pizza e stuzzichini al formaggio.

 

Il mattino seguente, all'ora prefissata, arrivarono gli ospiti. Si trattava degli alunni, iscritti al quarto anno, sezione logistica, dell'Istituto Nautico di Ashdod, accompagnati dai docenti e dai rappresentanti del porto. Ragazzi che avevano la stessa età di Angelo, mio figlio piccolo, anch'egli alunno del Nautico di Salerno.

 

Dai sguardi di quei ragazzi traspariva tanta tristezza e percepivo un senso di grande preoccupazione. Pensavo a quanto siano fortunati i nostri giovani italiani, che possono vivere una vita abbastanza normale e di relativa spensieratezza, pace e serenità. A differenza di questi e di altri giovani sparsi per il mondo, la cui unica colpa è quella di vivere nel posto sbagliato. Gli alunni si mostrarono interessati e affascinati dalla nave e dalla complessa tecnologia della strumentazione nautica e degli apparati di propulsione. Si mostrarono curiosi e interessati alla nostra vita da naviganti, ponendoci tantissime domande, inerenti al nostro lavoro, alla lontananza e alle relazioni con le nostre famiglie lontane, e tanto altro.

 

Ovviamente, da buon Amalfitano, mostrai e parlai loro della bussola magnetica e dei naviganti della Repubblica di Amalfi, che per primi adottarono questo prezioso strumento per la navigazione. Gli studenti apprezzarono molto la pizza e il rinfresco.

 

Alla fine, salutandoli, dissi loro che mi dispiaceva tantissimo per il particolare momento che stavano vivendo a causa della guerra in corso. Mi congedai salutandoli con la parola "Shalom", "pace" nella loro lingua, auspicando di ritornare in Israele nell'immediato futuro e di trovare finalmente tanta pace e serenità. Purtroppo, dagli ultimi sviluppi del conflitto, credo che questa condizione sembri ancora lontana. Ci rimane solo la speranza che, come si dice, è l'ultima a morire.

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