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Racconti d'aMare

La testimonianza del Capitano Salvatore Barra, che racconta la sua esperienza durante la tempesta tropicale Dera nel 2001.

Il tifone Dera e il barometro: la tempesta che cambiò la navigazione nel racconto del capitano Barra di Amalfi

Dalla solitudine del comando alla lotta contro la natura, il Capitano Superiore di Lungo Corso Salvatore Barra narra l'esperienza vissuta a bordo della MSC Camille, quando il barometro, l'unico strumento di previsione meteo, rivelò il pericolo imminente. Un viaggio tra ricordi, sfide e la forza della natura, che segna un capitolo importante della sua carriera.

Inserito da (Redazione il Vescovado Notizie), venerdì 9 maggio 2025 11:10:34

IL TIFONE (Dera) E IL BAROMETRO (questo sconosciuto)

 

Di Salvatore Barra, Capitano Superiore di Lungo Corso

 

*«Guardando il barometro che continuava a scendere, il capitano MacWhirr pensò: "Sta arrivando del maltempo." Questo è esattamente ciò che pensò».

"Dentro di sé Jukes era contento di avere accanto il comandante. Ne provava sollievo come se quell'uomo, semplicemente arrivando sul ponte di comando, avesse preso la gran parte del peso della tempesta sulle sue spalle. Questo è il prestigio, il privilegio e la responsabilità del comando. Il capitano MacWhirr invece non si poteva aspettare quel tipo di conforto da nessuno al mondo. E quella è la solitudine del comando. Con quel modo attento che ha l'uomo di mare di guardare diritto negli occhi il vento come fosse un avversario, stava cercando di capirne le intenzioni nascoste e di indovinarne la direzione e la forza. Il forte vento si sprigionava da un'immensa oscurità; sentiva sotto i piedi il malessere della sua nave e non poteva neanche distinguerne l'ombra sull'acqua."

Alla fine il "Nan-Shan" , la nave comandata dal Capitano Mac Whirr , in navigazione da Singapore a Fu-Chao (Cina) dopo essere finita nell'Occhio del Tifone, si salvo'. La storia narrata si svolse tra fine ottocento ed inizi novecento. A quei tempi, l'unico strumento, in dotazione sulle navi, utile per una previsione Meteo, era il Barometro. Non esistevano bollettini di previsioni del tempo ma si prestava la massima attenzione ai segnali premonitori del Mare e del Cielo come la forza e direzione del vento, il tipo di nuvole , lo stato del mare etc. Non era assolutamente possibile stabilire la distanza dalle tempeste.

*Da "Tifone" di Joseph Conrad

Joseph Conrad* (1857-1924), scrittore di origine polacca e Capitano Marittimo della Marina Inglese, è ritenuto uno dei massimi romanzieri di lingua inglese.

 

Di seguito, la mia prima esperienza avuta da Comandante con una tempesta tropicale.

MARZO 2001 - MSC CAMILLE - in navigazione nell'Oceano Indiano meridionale da Mayotte (Isole Comoro) -Tamatave (Madagascar) a Durban (Sud Africa)

Attraverso uno stretto passaggio creato nella barriera corallina, ci immettemmo nella bellissima baia/laguna di Mayotte, unica (o ultima) isola dell'arcipelago delle Comore di possedimento francese. Ancora 24 miglia e saremmo arrivati a Longoni, principale porto dell'isola. I colori della laguna erano bellissimi a quell'ora del mattino. Poco più a nord, il bollettino meteo, che puntualmente mi consegnava il marconista, segnalava una "disturbanza tropicale", un fenomeno che può dare inizio alla formazione di un tifone. "Teniamolo d'occhio", raccomandai all'ufficiale. Due giorni dopo, completate le operazioni di carico e scarico, ripartimmo all'alba; i primi raggi di sole e la calma mattutina rendevano la laguna ancora più bella, e a me sensazioni di quiete e serenità. La MSC Camille, superata la barriera corallina, procedeva a tutta forza verso Toamasina (Tamatave), città sita sulla costa orientale del Madagascar, velocità 18 nodi, rotta vera 075 gradi. Intanto, dalla disturbanza tropicale si era formato il vortice depressionario con venti che raggiungevano i 50 nodi di velocità. Tempesta tropicale - forza 10, che avanzava lentamente verso ovest sud-ovest, a circa 500 miglia di distanza, in senso contrario alla nostra rotta, e dirigeva verso la costa africana del Mozambico. Eravamo tranquilli.
Intanto, la natura continuava a offrirci spettacoli di colori e panorami mozzafiato, come ad esempio quando doppiammo il Capo D'Ambre, estrema punta settentrionale della grande isola del Madagascar, poi la baia di Diego Suarez, l'isola di Sainte Marie e la città di Tamatave (Toamasina).
A Toamasina, i prodotti della terra e del mare erano venduti, per noi, a prezzi vantaggiosi, nonostante la gente del posto ne decuplicasse i costi alla nostra vista.
Dopo il Madagascar, il programma di navigazione prevedeva lo scalo nei porti di Pointe de Galets, isola di Reunion, - Port Louis, isola di Mauritius e Durban in Sud Africa. Decidemmo di preparare un barbecue, con i prodotti acquistati in Madagascar, durante il tragitto da Mauritius a Durban, di sabato, il secondo dei tre giorni di navigazione che occorrevano per raggiungere Durban. Erano trascorsi dodici giorni dalla partenza dall'isola di Mayotte. Il mare era calmo, liscio come l'olio, calma di vento e temperatura gradevolissima.
Alle ore 19 di quel sabato, al ponte lance, tutto era pronto per la cena e per una festicciola, cui avrebbe partecipato tutto l'equipaggio, eccetto il personale impegnato nel servizio di guardia. Menù della serata: Antipasto Italiano - Risotto alla pescatora - calamari, gamberoni ed aragoste alla griglia - Pizza margherita - insalata di avocado - frutta tropicale - torta Caprese - Vino Soave del Veneto.
Il nostromo aveva il compito di preparare la brace e di cuocere i pesci alla griglia. Camerieri e marinai prepararono ed imbandirono la tavola. L'elettricista di bordo allestì l'impianto musicale.

Quel sabato sera ci trovavamo in prossimità del plateau (bassi fondali) di Cape Sainte Marie, il promontorio meridionale del Madagascar, santuario marino e luogo di accoppiamento delle balene. Ne avvistammo alcune nell'ora crepuscolare. Prima della cena, come al solito, feci una capatina in plancia per verificare l'andamento della navigazione. Il mare era calmissimo e si cominciavano a vedere le prime stelle in un tramonto fantastico col cielo terso dagli innumerevoli colori che sfumavano in una miriade di tonalità - il barometro marcava 1010 millibar, con tendenza a scendere, ma non gli diedi eccessiva attenzione.
"Bene" - rivolgendomi all'Ufficiale di guardia, che aveva già cenato - "tra un'ora saremo al traverso di S. Maria - fate attenzione - ci vediamo dopo cena".
Nell'oscurità dell'Oceano Indiano e nel silenzio rotto dal sottofondo musicale diffuso dall'impianto stereo cominciammo a cenare - era tutto buonissimo, in particolare i crostacei alla griglia, ma anche le altre portate non furono da meno. Un marinaio ci allietava raccontandoci barzellette, ma quella sera ci eravamo messi d'accordo che nessuno doveva ridere durante le sue esibizioni. Il poverino non gradì e ci rimase male. Verso le ore 21, subito dopo aver doppiato Capo Santa Maria, la nave cominciò improvvisamente a rollare. Sarà dovuto ad un'onda isolata, pensai. Nessuno si preoccupò. Col passare del tempo, le rollate divenivano sempre più frequenti, ampie e veloci. Le stelle sembravano danzare nel cielo buio. La cena si concluse verso le ore 22. Intanto, il rollio aumentava sotto l'azione dell'onda lunga e dell'intensità del vento che in pochi minuti aveva superato i venticinque nodi, forza sei. C'era qualcosa che non mi quadrava - mettendomi in ansia. Ora il cielo era nero, le onde del mare venivano da nord-est - il vento aveva superato i 40 nodi - forza otto. Intanto il barometro continuava la sua discesa, lenta ma costante. L'Ufficiale Marconista si era recato in stazione radio per verificare gli ultimi bollettini meteo. Niente di anomalo veniva segnalato. Eravamo sintonizzati sulle frequenze meteo dell'isola della Reunion. "Consultiamo immediatamente anche il bollettino meteo di Città del Capo!" - esclamai, rivolgendomi al marconista. L'ufficiale annuì a malincuore e ritornò nella stazione radio per esaudire la mia richiesta.
Intanto ai movimenti di rollio, divenuto sempre più intenso, si era associato anche il beccheggio. Continuare a tenere quella rotta poteva essere pericoloso. Decisi di "mettere la prua al mare" e di procedere "alla Cappa", come si usava fare nella marina velica. I nuvoloni gonfi d'acqua si presentarono con una pioggerellina che in breve tempo divenne "secchi d'acqua" che scendevano dal cielo, sotto forma di pioggia copiosa. Arrivò il marconista col bollettino meteo di Città del Capo. Non ci potevo credere! Il bollettino segnalava un tifone nel canale di Mozambico, "È a 300 miglia a nord-ovest da noi": esclamò concitato l'Ufficiale di navigazione. In quel momento, una grossa ondata ci colpì, la nave oscillò violentemente e ci fece perdere l'equilibrio - ci ritrovammo distesi sul legno del pavimento del ponte di comando, nell'oscurità, tra libri, oggetti e suppellettili che nel frattempo erano caduti. Improvvisamente ed inaspettatamente, ci eravamo trovati nel raggio d'azione della tempesta.
La disturbanza tropicale che ci era stata segnalata due settimane prima e che avevamo seguito fino a quando, divenuta tempesta tropicale, aveva toccato la costa del Madagascar, pensavamo che avesse perso vigore e si fosse dissolta. Per questo non l'avevamo più seguita. Invece, contrariamente alle nostre aspettative, una volta toccato terra, la tempesta aveva repentinamente invertito la sua direzione, per poi proseguire nel Canale del Mozambico. Alimentato dalla calda acqua del mare tropicale, aveva ripreso forza e vigore fino ad assumere le caratteristiche di un tifone (venti oltre 64 nodi di velocità). Tifone nominato "Dera". In prossimità dell'Occhio erano segnalati venti con velocità di circa 80 nodi con onde alte fino a 14 metri.
Pioggia di rara intensità, sembrava che mare e cielo fossero una cosa sola. Innumerevoli le scariche elettriche che si riversavano sul mare, dal bagliore incessante, come una lampada psichedelica. Il barometro intanto continuava la discesa rapida di tre/quattro millibar orari, ci indicava che il centro della depressione si stava avvicinando. Non vi era tempo da perdere. Bisognava intraprendere un'azione immediata. Urgeva effettuare una manovra evasiva che ci permettesse di uscire dal raggio d'azione della tempesta. Allertai immediatamente il "consiglio di sicurezza" della nave, ossia il Primo Ufficiale, il Direttore di Macchine, altri ufficiali e il nostromo, i quali si presentarono immediatamente, pur avendo ancora la pancia piena per l'abbuffata fatta. Spiegai loro gli sviluppi della situazione meteo in corso, le decisioni che intendevo prendere e le mansioni che dovevano espletare per fronteggiare l'emergenza che si era venuta a creare. Il cuoco, aiutato dai marinai, mise in sicurezza i generi alimentari in cambusa e le pentole in cucina.
Il vento ora soffiava a 45 nodi da nord-ovest. Dalla medesima direzione provenivano onde alte circa 5 metri. Orientai la prua di circa 30 gradi a destra rispetto alla direzione del vento e del mare. Nel frattempo avevo fatto diminuire il numero dei giri delle eliche. Non bastò. Non appena vidi il cameriere cadere mentre era in procinto di servirci un tè caldo, rimanendo fortunatamente illeso, capii che avrei dovuto fare qualcosa in più.
Il primo ufficiale mi riferì che i container (quelli che avevano potuto controllare) non avevano subito danni, né si erano mossi, aggiungendo però che, in caso di ulteriore peggioramento, vi poteva essere rischio di perderli in mare. In quel momento, un'ondata investì violentemente la prua, la nave sussultò, lo spruzzo d'acqua prodotto dall'impatto sferzò i vetri del ponte di comando. L'intensità del vento produceva un rumore simile all'ululato di un lupo. L'anemometro indicava la velocità del vento 50 nodi. Pioggia, vento, lampi, tuoni, onde... per un attimo contemplai, estasiato e timorato, la forza della natura. La natura non deve essere sfidata, ma combattuta con decisioni ponderate di buon senso, pensavo - né devo mettere a rischio, pur minimo, i miei uomini, la nave e il carico. Decisi di attuare la manovra di evasione, consistente in un'ampia accostata a destra, tenere il vento ad almeno trenta gradi a sinistra della prua (sul mascone di sinistra, per rimanere in posizione esterna al vortice depressionario che, come si sa nell'emisfero Sud, ha una rotazione oraria) e proseguire nella direzione opposta di DERA. Manovra non facile perché, a un determinato punto dell'accostata, avremmo avuto, pericolosamente, vento e mare traverso. Non avevo alternative, mi toccava combattere la natura, scrutandola, come un pugile che fissa il suo rivale negli occhi prima del combattimento.

Attesi il momento propizio - consistente in una fase di stanca del mare. In plancia la tensione era palpabile: al momento opportuno esclamai "Timone tutto a destra" - "tutto a destra" mi rispose il timoniere come un'eco, scandendo i gradi della bussola: "dueottozero - duenovezero - trezerozero....." - "macchine pari avanti tutta", massima potenza - per una rapida accostata - un'ondata ci fece sbandare sensibilmente e la prua per un istante scomparve alla nostra vista. Nel complesso la nave, di costruzione finlandese, rispondeva bene, ed era adatta per questo genere di situazioni. Intanto, il timoniere continuava a "chiamare" i gradi della bussola. "zerozerocinque" - "zerotrecinque"... "Timone in mezzo" e subito dopo "alla via così", "alla via così Prua zerotrecinque"! - Finalmente avevamo il vento e il mare sul mascone di sinistra. Procedevamo verso Nord-nordest, con velocità di 15.5 nodi, mentre il tifone Dera si allontanava in direzione Sud-sudovest, opposta, mantenendo 12 nodi di velocità. Così, si andava decisamente meglio. "Quando il barometro comincerà a salire, significherà che ci stiamo allontanando dal centro della depressione, poi accosteremo a sinistra e punteremo verso nord, giunti a distanza di sicurezza, riesumeremo la rotta per Durban" - i miei collaboratori annuirono. Navigammo per circa otto ore verso Nord-nordest e sei verso nord. Poi, come per incanto, il barometro cominciò a salire, in breve tempo il vento cominciò a bonacciare, cambiò direzione e del mare in tempesta rimase solo un'onda lunga residua. Arrivammo al porto destinazione di Durban con due giorni di ritardo; stressati e stanchi, ma fortunatamente senza aver riportato danni alle persone, al carico e alla nave.

Del Tifone Dera rimaneva solo un brutto ricordo ed una grande esperienza professionale vissuta.
In seguito ho vissuto altre esperienze simili, ma quella di Dera, per me, è destinata a rimanere unica perché successivamente si sono sviluppati applicazioni e programmi computerizzati di previsioni meteo a medio e lungo termine, avvalendosi anche di tecnologia satellitare; allo stesso tempo, considerata l'importanza che ha questa materia, la maggior parte delle Società Armatrici ha predisposto Uffici di terra dedicati, con personale specializzato, di supporto alle Navi, con le quali condividono preventivamente le strategie e le decisioni da prendere. Oggigiorno, il barometro, pur rimanendo uno strumento indispensabile, ha perso la sua originaria importanza (e considerazione), e i giovani Ufficiali preferiscono affidarsi alle meno impegnative applicazioni meteo di computer e telefonini. Applicazioni e programmi che, a differenza del barometro, a volte possono fallire.

Mio figlio Angelo è uno studente del nautico di Salerno. Lo scorso autunno mi disse che aveva cominciato a studiare la Meteorologia. Rendendomi conto che anche mio figlio apparteneva alla categoria degli "specialisti" delle App, una sera lo chiamai e gli dissi "ti voglio presentare uno sconosciuto". Lo "sconosciuto" era il barometro aneroide che abbiamo appeso alla parete. Con parole semplici, gli spiegai che il barometro è uno strumento facile da usare e da capire, la cui funzione è misurare il peso dell'aria. Il peso dell'aria varia con il variare dalla temperatura. Con il caldo, l'aria diventa più leggera, tende a salire e crea una depressione. Una massa d'aria più pesante si sposta per colmare il gap dell'aria evaporata. Così si forma il vento. Per questa ragione i cicloni tropicali si formano in prossimità dell'Equatore, ove il caldo prevale. Quando la lancetta del barometro scende, significa che l'aria pesa meno, la temperatura aumenta, il vento spira dai quadranti meridionali portando umidità e nuvole gonfie di pioggia; il cattivo tempo si avvicina. Nelle 12/24 ore, le previsioni sono attendibili. Parimenti, quando la lancetta del barometro sale, significa che l'aria è più pesante, il centro dell'Alta pressione si avvicina, la temperatura diminuisce ed i venti spirano dai quadranti settentrionali. Passò qualche giorno. Angelo mi disse: "Papà, la tendenza del barometro è in discesa, abbiamo il vento di Scirocco, la temperatura sale e le nuvole sono di tipo cumuliformi. Domani è possibile che piova". E pioggia fu!

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