Tu sei qui: Lettere alla redazioneProfessò, cosa hai combinato?
Inserito da (redazionelda), martedì 23 febbraio 2021 09:47:49
di Gabriele Cavaliere
Premio Furore Giornalismo. Hostaria di Bacco. Entrambi non mancavamo mai.
- Professò (era stato docente di letteratura italiana) tenit'a venì. Stò organizzando na' bella cosa per il mese di giugno. Ho immaginato un programma fantastico, attingendo gli argomenti dai tuoi libri. Quei libri bellissimi che lui, sempre modesto, definiva "miracolosamente andati esauriti!". In realtà i miracoli non c'entravano, quei libri erano sempre documentatissimi e interessantissimi, ed erano, soprattutto, scritti con quel linguaggio semplice e scorrevole che solo i più grandi sanno esprimere. Perché Nino D'Antonioera un grande letterato.
- Conosco le parole a memoria Professò, ogni riga, e conosco anche tutti i tuoi aneddoti. Stò cercando di imparare a raccontarli, con le stesse pause che fai tu quando parli. Ma io non sono te. Perché lui era un AFFABULATORE.
- Ja venì tu. Professò.
So che in questo periodo non te la senti di guidare di notte. Ti mando a prendere a Napoli.
Mi guarda. Mi sorride. E non risponde.
Mi fa cenno di fermarmi. Non serve allungare l'elenco. Avevo già detto abbastanza...
-Per te ci vengo.
E per incontrare gli amici di sempre e, bada bene, che neppure "p'è na bella femmena me muvesse, stù periodo", puntualizza. Ma...
Pausa.
Mi preparo. Qualsiasi cosa dica io accetterò, penso, purchè venga.
-Però mi devi venire a prendere tu.
"Nun voglie a' nisciun'ato". Pausa. In macchina dobbiamo parlare di tante cose. E mi devi raccontare. E ridacchia, e non termina la fase... ma io avevo già capito!
Perché per lui era questo il senso vero dell'amicizia, era prima di tutto complicità e curiosità. Immensa, "Patologica" , come la definiva lui, che facevano tutt'uno con la più nobile delle qualità di un amico: la felicità di condividere i successi dell'altro, e congratularsi con lui per primo. E immediatamente dopo spronarlo a veleggiare verso traguardi ancora più lontani. In questo era rimasto professore, nel senso di "maestro", che nei progressi dell'allievo riconosce un po' di vita in più. L'unica difesa dall'oblio e dalla caducità della vita.
E poi c'era l'originalità. Nino D'Antonio era quello che comunemente viene definito "un tipo originale".
Potrebbero essere centinaia gli esempi ma quello che più mi resta impresso fu la frase con cui ci accomiatammo, che descrive perfettamente il "personaggio".
-"Adesso siamo ancora in ottobre, fino a giugno "io mi scordo!"
Ricordami dell'evento una quindicina di giorni prima. Meglio venti. E telefonami a casa dalle 10.00 alle 13.00. Dopo no, "tengo che fa"!
In quegli orari "il Professore", accomodato in salotto sulla sua poltrona, immerso tra i suoi libri e un numero spropositato di quotidiani, che leggeva tutti, dalla prima all'ultima pagina, riceveva le telefonate degli amici, rigorosamente sul telefono di casa. Non lo voglio il telefonino "... aropp perd'a pace mia!"
I rari pomeriggi in cui non era in giro, li trascorreva in un caffè del Vomero, ad incontrare persone e ad apprendere i fatti della vita, che a Napoli sono sempre tanti, e colorati. Che lo ispiravano, e che lui trasformava in letteratura.
-Ah, dimenicavo! Mi disse. "‘A sera non rimmarrò alla festa (Wine & Music 2009, nda) ma "mi a purtà a casa, nata vota. Tu".
"Imperativo, categorico..." direbbe Totò. Che non prevede rifiuto.
- "Con vero piacere", replicai.
Sarebbe stata l'occasione per passare altro tempo solo con lui, per godere ancora delle sue arguzie e, soprattutto, per ricevere il più autentico dei giudizi su quello che era stato l'evento. Su come era stato condotto e su cose ne pensassero gli ospiti. E, soprattutto, era l'occasione per raccogliere i suoi suggerimenti da "mattatore" su come progettarne un altro più grande!
Arrivederci Professò. Ciao amico mio.
Ci rivedremo un giorno, e ti racconterò di quella volta che....già vedo brillare i suoi occhi!
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