Tu sei qui: GourmetIl Ristorante “Dei Cappuccini” al Convento di Amalfi: l’esaltazione dei sapori tipici tra innovazione ed estasi dei sensi
Inserito da (PNo Editorial Board), venerdì 8 settembre 2023 19:55:09
Di Maria Abate
Magia, tradizione e innovazione. Sono queste le prime tre parole che mi vengono in mente quando penso al Ristorante "Dei Cappuccini" dell'Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel, che il direttore Giacomo Sarnataro apre agli ospiti con la cordialità di un padre di famiglia.
Magia perché in qualsiasi angolo ci si sente avvolti dal panorama di Amalfi, che predomina maestoso: che ci sia il cielo limpido di una giornata di sole, la sfumatura rosa-arancio del tramonto o il buio della notte intarsiato di stelle non c'è limite all'incanto.
Tradizione perché camminando sulla "Passeggiata dei monaci" ti sembra di calcare i loro stessi passi, facendo un salto indietro al XIII secolo, in piena contemplazione delle bellezze del creato. E sedersi a tavola diventa un momento di immersione nel territorio: c'è la convivialità del pane spezzato, ci sono i prodotti tipici a km 0 (molti coltivati nell'Orto del Convento), ci sono i ricordi di bambino.
Innovazione perché chef Claudio Lanuto esalta i sapori mediterranei con creazioni gourmet che richiedono tante lavorazioni, tra sperimentazione di nuovi accostamenti e bilanciamento di consistenze, ma che in bocca sprigionano la genuinità tipica dei piatti della cucina italiana.
Ieri sera, per poter vivere pienamente l'esperienza sensoriale attraverso lo Chef vuole condurre i commensali, ho deciso di affidarmi al menù degustazione "La Grande Bellezza". Ma prima ancora di iniziare si è svolto davanti ai miei occhi incantati un vero e proprio rituale: l'esaltazione del pane, simbolo dell'agire dell'uomo in armonia con la natura, simbolo cristiano per eccellenza. Come i monaci condividevano il pane, così i commensali possono attingere dallo stesso piatto un lievitato al grano saraceno diviso in quattro. E poi ci sono i grissini da intingere nell'olio, così come i monaci amanuensi intingevano le penne nel calamaio per trascrivere i codici sacri.
E così è arrivato uno sfiziosissimo entrée al grana, seguito da un sashimi di anguria con burrata, mandorle e fiori di zucca: due fuori menu che già mi hanno fatto presagire un assaggio di ciò che sarebbe seguito: giochi di consistenze, accostamenti inaspettati ed esplosioni di sapori.
Definire "spettacolare" l'antipasto è poco: una tartare di ricciola "Dei Li Galli", con puntarelle, bottarga e spuma all'olio di oliva. Al palato arriva subito l'acidità del pomodorino, stemperata dal fruttato dell'olio d'oliva e dalla delicata freschezza della ricciola... A dare consistenza e sapidità il croccante adagiato in cima.
Del primo piatto mi sono letteralmente innamorata: lo Spaghettone di Gragnano era cotto al dente, proprio come dovrebbe essere, la salsa al limone mi ha riportata alla mente l'aroma che si respirava quando insieme ai nonni raccoglievo i limoni dai rami più bassi. L'oro giallo della Costiera era chiaramente percepibile, ma al contempo andava a nozze con i totani alla brace e il nero di seppia sul fondo del piatto.
Soffice e gustoso il merluzzo di coffa in oliocottura, in un piacevole contrasto con la compattezza del topinambur. Anche stavolta ogni singolo ingrediente non perdeva la propria individualità, mentre si armonizzava con gli altri in un tripudio di sapori.
Dal mare alla terra il passaggio non è stato brusco: il quadrato di guancia di maialino cotta a bassa temperatura mi è sembrato quanto di più raffinato potessi mangiare. Il gusto intenso e speziato si contrapponeva alla morbidezza inaspettata della carne. Tra un boccone e l'altro i ciuffetti di mousse allo Sfusato Amalfitano rinfrescavano il palato per prepararlo a un nuovo assaggio.
La serata è trascorsa piacevolmente, tra le inaspettate scoperte gastronomiche e la professionalità cordiale dello staff, che coccola i visitatori per fare in modo che possano essere pienamente a proprio agio.
Alla fine della cena ho scambiato una piacevole chiacchierata con lo chef Claudio Lanuto, al quale ho augurato traguardi sempre più ambiziosi. E ad ogni complimento ho letto nei suoi occhi tutta l'umiltà con cui si approccia al suo lavoro. Mi ha detto che la cucina è per lui una continua sfida, con l'obiettivo di far provare agli ospiti esperienze inaspettate e, allo stesso tempo, farli sentire veramente immersi nel territorio con l'esaltazione dei prodotti tipici. E ciò che le sue parole dicevano, l'ho ritrovato interamente nei piatti, segno che il suo è un lavoro che non finisce mai, un continuo arrivare alle sfide prefissate e volerle nuovamente superare.
A proposito di valorizzazione dei prodotti e della storia del territorio, chef Lanuto ripropone una ricetta antica, seppur innovandola, che le cronache narrano sia nata ad Amalfi: il Cannellone del Convento. Quello dello chef è ripieno di parmigiana di melanzane, perle di basilico e coulis di datterini per accontentare anche i gusti di chi non mangia carne. Ma Gaetano Afeltra narra che la pasta cilindrica fosse originariamente imbottita con carne macinata, ricotta e fior di latte, proprio come siamo abituati a mangiarla. E che nell'agosto del 1924, lo chef dei Cappuccini deliziò talmente il proprietario dell'albergo, Don Alfredo Vozzi, da ordinare che le campane della Chiesa del Convento suonassero a festa.
Sedersi ai tavoli del Cappuccini è un'esperienza da provare almeno una volta nella vita: un modo per staccare dai problemi quotidiani e dedicarsi qualche ora di puro relax, concedendosi di abbandonarsi al fascino della storia, alla maestosità della tradizione e alla magia indescrivibile di Amalfi.
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