Tu sei qui: Economia e TurismoTurismo in Campania, la Regione partorisce il topolino
Inserito da Raffaele Ferraioli (redazionelda), sabato 7 febbraio 2015 13:29:47
di Raffaele Ferraioli*
Udite, udite, la Regione Campania ha finalmente la sua legge di riorganizzazione del sistema turistico, la L.R. n°18 del 8 Agosto 2014, che prevede, fra l'altro l'istituzione dei Poli Turistici Locali. È proprio il caso di dire era ora! Ma per quello che è accaduto in tutti questi anni balza spontanea alla mente quella famosa frase da necrologio: "Dopo lunga e penosa attesa, sopportata con cristiana rassegnazione..."
A chi abbia perso il conto vorrei ricordare che è passato quasi un quarto di secolo da quando il legislatore statale promulgò la Legge Quadro, la n°217/1983, con la quale veniva previsto lo scioglimento degli Enti Provinciali per il turismo e delle Aziende di Soggiorno e l'istituzione delle Aziende di Promozione Turistica, nella consapevolezza di dover operare per aree vaste, per territori omogenei. Dopo ben quattro anni la Regione Campania recepì quella norma, emanando la L.R. n°37/87, con la previsione di diciassette A.P.T., di fatto mai istituite. Rimase così in vita e ancora sopravvive il vecchio apparato, obsoleto e sgangherato, ormai ridotto, nella migliore delle ipotesi a gestire se stesso.
Trascorrono altri quattordici anni e il legislatore statale compie un ulteriore passo in avanti: si rende conto che le attività di programmazione, promozione e gestione di un comparto complesso come quello del turismo non possono essere affidate in esclusiva al pubblico, ma devono coinvolgere anche gli operatori privati. Viene fuori, così la Legge n°135/2001, tesa a valorizzare il ruolo delle comunità e delle imprese turistiche locali con la costituzione dei Sistemi Turistici Locali.
Ma anche questa nuova riforma viene puntualmente ignorata in Campania. Altrove si registrano puntuali contestazioni di illegittimità costituzionale, tutte dichiarate inammissibili dalla Corte con sentenza n°197/2003. C'è comunque da dire che la mancata attuazione di di questa riforma ha condizionato pesantemente e in negativo lo sviluppo turistico un po' dappertutto e, in particolare, nelle nostre zone, riuscendo a mantenere in vita il vecchio apparato, ormai sgangherato e obsoleto. Vien da chiedersi: a chi ha giovato?
I numerosi Assessori Regionali al Turismo, alternatisi dal 2001 al 2014, si sono affannati a presentare disegni di legge di riordino dell'organizzazione turistica in Campania, ma invano.
Intanto i colpi di scena continuano. Il Parlamento Italiano con la Legge n°106/2011 inventa i Distretti Turistici, mentre la Regione Campania con la L.R. n°18/2014, tira fuori dal cilindro i Poli Turistici Locali.
Subito dopo con deliberazione G.R. n°593/2014 viene anche approvato il Regolamento di esecuzione della nuova legge. E qui ritorna il famoso "gioco delle tre carte".
Si registrano nuove indeterminatezze e stati confusionali. La norma regolamentare sembra voler favorire la spontanea iniziativa dei territori nella formazione degli ambiti. Questo atteggiamento, a prima vista, appare ispirato al rispetto dell'autonomia locale e come tale andrebbe considerato altamente democratico. Io mi permetto di far osservare, invece, che trattasi di un'evidente fuga dalle proprie responsabilità, di un tentativo palese di scansare il rischio di togliere "le castagne dal fuoco". Questo dietro front è senz'altro censurabile sotto vari profili.
Le disposizioni legislative sono fin troppo chiare per potersi prestare a interpretazioni diverse e assegnano alla Giunta Regionale il compito di individuare gli ambiti territoriali turisticamente emergenti nei quali istituire i previsti Poli, con la seguente precisazione: "coerentemente con le previsioni della pianificazione territoriale regionale" (cfr. art. 7, comma 2). Il riferimento al Piano Territoriale Regionale ( P.T.R.) vigente è lapalissiano.
A questo punto viene spontaneo porsi alcune domande: Come può la Giunta Regionale rinunciare a svolgere questa funzione così esplicitamente riservatale dalla legge? Come si giustificano questi tentennamenti? Perché non imporre fino in fondo il dettato legislativo e, con esso,la giusta coerenza con "le previsioni della pianificazione territoriale regionale", ossia del P.T.R.? Perché non individuare nei Sistemi Territoriali di Sviluppo gli ambiti omogenei ottimali per le politiche di sviluppo e di investimento?
Suvvia, un po' di coraggio non guasterebbe e certamente eviterebbe ulteriori, dannose e non più tollerabili perdite di tempo.
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