Tu sei qui: ChiesaLa Confraternita della Beata Vergine del Rosario: una straordinaria esperienza spirituale dell’antico patriziato ravellese
Inserito da (redazionelda), sabato 30 maggio 2015 12:16:17
di Luigi Buonocore - A conclusione del mese mariano, appare quantomai opportuno riportare alla memoria la storia della Confraternita dedicata alla Beata Vergine del Rosario, fondata a Ravello nel 1585. La congrega nasceva quattordici anni dopo la vittoria riportata a Lepanto dalla Lega Santa contro l'Impero Ottomano, un trionfo attribuito alle incessanti preghiere, elevate dal popolo cristiano d'Europa alla Vergine Maria, e alla recita del Santo Rosario.
Il 7 maggio 1585, nella Cattedrale di Ravello, mons. Emilio Scattaretica erigeva a sede del sodalizio, riservato esclusivamente ai nobili della città, la prima cappella della navata sinistra (tuttora visibile). In quegli anni le nobili famiglie rimaste in città erano ancora attive anche se, gradualmente, spostavano i propri interessi verso la capitale del regno. Ravello conservava ampi tratti delle mura medievali, molte domus nobiliari esistevano ancora mentre altre erano allo stato di rovina. Terremoti, pestilenze (1527-1528) e carestie (1565-1570-1585) avevano gettato la civitas in uno stato di degrado e di arretratezza sociale e culturale. Ne era fedele testimone la "relatio ad limina" (ossia la relazione sullo stato della diocesi presentata dai vescovi in occasione della visita presso le tombe degli Apostoli) datata 10 marzo 1590.
Scattaretica, impossibilitato a recarsi a Roma per le malferme condizioni di salute, delineava con poche ma eloquenti parole la situazione della sua sede pastorale: "la città episcopale ha 250 fuochi è sita in sassoso monte, sterilissimo, di malinconica aria". Agli inizi del Seicento il culto della Madonna del Rosario era molto vivo: nella prima domenica del mese, dopo il vespro, aveva luogo una processione con la partecipazione della confraternita, del capitolo e del clero.
I nobili recitavano il rosario il mercoledì, sabato e domenica di ogni settimana e offrivano ogni anno una libbra di cera nel giorno dell'Assunzione della Beata Vergine Maria mentre ai sacristi era demandato il compito di assicurare il decoro della sacra immagine presente in cappella. Nel 1636 il vicario capitolare ordinò di "recitarsi (nella cappella) il rosario tre volte alla settimana, esporvisi il Santissimo nei venerdì di marzo e fare la novena del Natale e la messa di san Lorenzo". Se le prime regole privilegiarono il culto e l'elevazione spirituale dei confratelli, mediante la recita del rosario ed altri riti comunitari, ampio spazio dovettero trovare anche finalità assistenziali e caritative nei confronti dei ceti più poveri.
Un' esperienza intensa ma di breve durata: nella visita pastorale del 1665, condotta dal vicario Antonio Cau de Panicolis, la cappella del Rosario veniva solo menzionata senza alcun accenno al nobile sodalizio (pochi anni prima si era abbattuto il flagello della peste con grave contraccolpo dal punto di vista demografico, economico, sociale). Il privilegio che aveva legato la confraternita alla nobiltà e quindi agli ultimi eredi dei "maiores" si era trasformato in un limite invalicabile!
Agli inizi del Settecento solo tre confraternite cittadine (SS. Sacramento, Madonna del Carmine e Annunziata) partecipavano alle solenni celebrazioni così mons. Biagio Chiarelli nel 1745 decise di fondare la nuova confraternita del SS. Rosario retta con le quote mensili dei confratelli. Della pia e nobile congregazione, che nei due secoli precedenti aveva animato la vita spirituale del patriziato locale, non restava ormai che uno sbiadito ricordo.
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