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Tu sei qui: ChiesaFurore: un Santo e due statue, fra storia e leggenda
Scritto da (redazionelda), mercoledì 28 luglio 2021 11:04:14
Ultimo aggiornamento mercoledì 28 luglio 2021 11:07:43
di Raffaele Ferraioli*
Sono tornate in questi giorni, perfettamente restaurate, nelle loro antiche dimore le due statue di Santo Jaco di Furore. Quella in cartapesta, policroma, risalente al 1700, è stata rimessa a nuovo per iniziativa del Comitato Parrocchiale ricollocata nella navata sinistra della chiesa parrocchiale San Giacomo Apostolo. L'altra, più antica, del 1400, scolpita su legno di un unico tronco di quercia ha ritrovato posto nella casa di Angelo Cavaliere, situata di fronte alla Chiesa e trasformata di recente in struttura ricettiva all'insegna di San Giacomo Relais. Stiamo parlando di due simulacri legati a una curiosa leggenda.
Correvano gli anni della peste a Napoli e di tanti disastrosi eventi calamitosi: alluvioni, frane, terremoti, epidemie di ogni genere. I Furoresi continuavano a pregare i loro Santi patroni, ma invano. Da qui una furiosa ribellione che si tradusse in una vera e propria dissacrazione iconoclasta.
Le statue dei Santi protettori delle tre parrocchie furono espulse dalle chiese, come ci ricorda un antico adagio recita un antico adagio: "Santo Jaco, miezo pazzo, / o' vottarono abbasce a' chiazza/; Sant'Agnelo malandrino/ ‘o vottarono dinte Pino;/ Sant'Elia poveriello/ ‘o vottarono d'a' purtella".
Sant'Agnelo, ovvero San Michele Arcangelo, contrada della Gatta, fu buttato nella valle di Pino che da quel momento si chiamò "Vottara" (da Vottarono).
Sant'Elia, contrada della Cicala, fu scaraventato sugli scogli, dove tuttora si possono vedere macchie rosse di sangue(?) che hanno dato finanche il nome al luogo, detto "Int''o ssanghe", dall'alto di un sentiero sbarrato con una piccola porta ("portella"), che impediva le incursioni saracene.
La quattrocentesca statua lignea di San Giacomo fu scaraventata nella "chiazza" sottostante la chiesa. Raccolta dai Penna (antenati del Signor Cavaliere) fu portata a casa loro più con l'idea di farne legna da ardere che per timore religioso.
Se non che durante la notte il Santo riempì il giardino e tutto il cortile di legname. Di fronte a un tale evento i Penna gridarono al miracolo, scavarono una nicchia nel muro di casa e vi collocarono Santo Jaco, che vi è poi rimasto fino ad oggi e vi rimarrà. L'arcano resta, così come resta la curiosa copresenza dirimpettaia perfettamente aderente ai fatti fin qui raccontati. Che ne pensate? Forse vale la pena di salire in pellegrinaggio in visita ai due Santi e con una non trascurabile pausa per degustare le succulente identità golose della Terra Furoris.
*già sindaco di Furore
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