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Storia e Storie

Pagine che raccontano il Natale (seconda puntata)

Inserito da (redazionelda), venerdì 15 dicembre 2017 16:50:47

di Sigismondo Nastri

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Fu durante la seconda guerra mondiale che i tedeschi prima e gli alleati poi estesero l'uso dell'albero di Natale anche da noi. Ma i tedeschi l'avevano già esportato in Inghilterra a metà ottocento, con il corollario delle decorazioni da appendere ai rami: fiori di carta, mele, frutta secca, candele. Una conferma di quello che sto dicendo la trovo in Stefan Andres, lo scrittore tedesco esule a Positano, che scrive (Terrazze nella luce, in Positano, storie da una città sul mare, Mediterraneo, 1991): "Il Natale del 1937 stavamo seduti in quattro su questa terrazza [quella della Casa Rosa a Positano, n.d.r.] intorno al tavolo da pranzo e mangiavamo murene cotte nel vino. Il sole martellava dal cielo plumbeo, il mare era coperto da un grigio manto di coroncine di schiuma che il possente vento del nord dalle montagne scendeva a pettinare, e noi pensammo che la nostra terrazza non fosse un brutto posto per festeggiare l'arrivo del Lucifer matutinus. Sopra il bordo del muretto di recinzione si sporgeva il nostro albero di Natale: un arancio dalle foglie scure su cui splendevano i palloncini dorati, come dei piccoli soli che si potevano toccare." Un arancio trasformato in albero di Natale. Bella l'idea, chiaramente dovuta a uno stato di necessità. Dove lo avrebbe potuto trovare Andres, a quel tempo, e in quel contesto ambientale, un abete? Ed ecco che torno subito al presepe. E ci torno con una poesia del sacerdote Domenico Irace, scrittore, poeta, saggista, al quale, prima o poi, il Centro di cultura dovrà rivolgere la sua attenzione (da Pagine del cuore, De Luca editore, 1966). E lo dico in questa sede, salutando la presenza degli amici di Praiano. Natale dolce festa, che ogn'anno torni Un cumulo d'affetti riportando, come soave 'l tuo bel velo stendi, i vicini ai lontani insiem legando! Memorie dolci, melodie divine,

la Nascita n'adduce di Gesù Ch'al mondo tra le tenebre recò Il vero amor de 'l Padre di lassù. La neve ha steso 'l candido suo manto Sovra la terra che torna ad amare, e ne 'l presepe il Bimbo pare inviti gli umani tutti a ben concordi oprare. Pur voi rivedo, o grandi cari assenti, assisi accanto a me con voce pia: mentre di fuori soffia la tormenta sento ne 'l cor più viva nostalgia. Il presepe, che si vuole inventato da San Francesco nel 1224 a Greggio, usando figure di legno intagliato e animali veri, era in origine solo una rappresentazione liturgica preparata per la notte di Natale. Poi se n'è impadronita Napoli ed è arrivato, grazie al Cielo, in tutte le case. Alquanto involgarito, in questi ultimi tempi, con la introduzione di statuine che, legate ai fatti della quotidianità, riproducono personaggi della politica, dello spettacolo, della stessa malavita. D'altra parte, anche quelli settecenteschi, e uno di questi è stato trafugato pochi giorni fa, nella chiesa della Carità, a Napoli, raffiguravano, nella spettacolarità delle scene, nella plasticità dei volti dei pastori, la società del tempo: nella sua ricchezza, documentata dalla preziosità delle sete e delle stoffe, dei gioielli, e nella sua povertà. "Il presepe - disse Michele Cuciniello, il cui nome è legato al più celebre dei presepi - è il vangelo tradotto in napoletano".

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