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Storia e Storie

Le “Pagine sparse” di Donaldo Di Lieto: un lascito di memoria per Minori e Costa d’Amalfi

Inserito da (redazionelda), domenica 1 marzo 2020 13:40:51

di Francesco Criscuolo*

 

Chiunque ponesse mente alla variegata pubblicistica attuale e ne ricercasse, guardando oltre le apparenze, gli aspetti più significativi ed attrattivi, vedrebbe in gran parte vanificate le sue aspettative per la difficoltà di distinguere il vero dal falso, vale a dire i libri autenticamente originali dalla profluvie cartacea immessa sul mercato dall'industria culturale e sollecitata da mode più o meno effimere.

C'è un'incontestabile verità in quanto ha scritto l'economista svedese Mats Alvesson, secondo il quale "mai prima nella storia dell'umanità tanti hanno scritto così tanto pur avendo così poco da dire a così pochi".

La cifra dell'autenticità può più facilmente essere riconosciuta e verificata in opere del tutto aliene da approcci astratti e impersonali, prive di pretese letterarie o di velleità autocelebrative, adatte a una gustosa lettura per la piacevolezza del contenuto e la leggerezza espressiva come "Pagine sparse" di Donaldo Di Lieto.

I tratti essenzialmente autobiografici di queste pagine disegnano uno scenario realistico ed evocativo, che nulla concede alla fiction, alla deformazione del vero, all'invenzione fantastica. Ne risulta una bella e stupefacente sorpresa, per un duplice motivo.

Innanzitutto, non ci si aspetta un primo corposo testo narrativo, che ha come punto di partenza e primario teatro di azione Minori e la costiera amalfitana, da cui Di Lieto è lontano ormai da più di cinquant'anni. Ben lo conferma il sottotitolo: "Viaggio attraverso la giovinezza partendo dalla Costa d' Amalfi".

In secondo luogo, si riscoprono inopinatamente un desidero imperioso, quasi un impulso incontenibile, di narrazione e una capacità di coinvolgere il lettore in storie e microstorie lungo l'arco di un percorso di formazione, quello dell'autore, che va dall'infanzia alla soglia dei trent'anni.

Viene in preponderante rilievo il periodo decorrente dagli anni '50 del secolo scorso fino al decennio successivo e si dipana, così, una panoramica che offre a chi abbia vissuto quegli anni l'opportunità di riassaporarli, mentre a chi è venuto dopo viene data la possibilità di comprendere meglio lo spirito di una stagione che, in forza di una rappresentazione ben veritiera, appare in una sfera di diversità abissale rispetto a quella odierna.

Lo snodarsi di una parte importante della biografia personale è animato dall'idea di fondo che, accanto ad avvenimenti rilevanti e determinanti per l'assetto socio - politico e culturale generale, di cui peraltro gli anni ‘60 del novecento forniscono un'abbondante testimonianza, come la contestazione globale, le lotte operaie, le esplorazioni lunari, ci sia una miriade di fatti apparentemente di poco conto, ma plausibilmente in grado di accompagnare il grande solco dei secoli.

Nel soffermarsi a considerare i luoghi frequentati entro e oltre i confini della terra natale di Minori, i bozzetti paesani come quelli inerenti ai rapporti familiari ed extrafamiliari intrattenuti con l'ingenuità del fanciullo, ma anche con l'accortezza dell'adolescente, le prime infatuazioni amorose, le amicizie coltivate sia con i coetanei sia con persone autorevoli e stimabili, gli insegnanti e i compagni avuti dalle scuole primarie alle medie e al liceo, con i loro limiti e le loro migliori idee, le spinte e controspinte a crescere con indipendenza di giudizio e con obiettivi non circoscritti all'ambiente di appartenenza, le amarezze patite, Di Lieto, non più giovane e consapevole di aver lasciato alle spalle un mondo definitivamente tramontato, si immerge in vicende che, pur talora poco chiare nel ricordo, lo aiutano a ritrovare le radici, a guardare gli eventi con tenerezza, a custodire la propria vita nel bisogno di raccontarsi.

Egli intende far capire che noi siamo fatti delle relazioni e dei retaggi, che abbiamo ricevuto, che ci hanno dischiuso orizzonti, che un po' alla volta impariamo a scrivere con la nostra stessa dimensione individuale e sociale del vivere e a trasmettere ad altri, sicché l'atto stesso del comunicarli riporta alla luce la verità di quel che siamo stati e siamo, anche nell'eroicità ignorata del quotidiano.

Non a caso Hannah Arendt ha scritto che "nessuna vita è tanto insignificante da non poter essere raccontata".

Papa Francesco, nel messaggio sulla 54° giornata mondiale delle comunicazioni sociali, pubblicata lo scorso 24 gennaio, ha sottolineato che "l'uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni". E le trame sono sempre incontri, incroci, legami che danno sapore e spessore ai ritmi vitali dell'esistenza, consentendo di lasciare qualcosa di noi con un imprinting non poggiante sul terreno scivoloso dei formalismi e delle convenzioni sociali.

Plinio il Vecchio riteneva "beati coloro che compiono imprese degne di essere scritte e scrivono di imprese degne di essere ricordate (agunt scribenda et scribunt tradenda)".

Non può essere sottaciuta la sensazione di trovarsi di fronte a una narrazione polifonica, capace di intrecciare una molteplicità di voci e di rapporti, che parlano di un tempo ormai remoto, ma sono proiettati, anzi spalancati sul futuro.

In tale ottica balza evidente l'epopea del viaggio, che assimila l'autore, appena diciottenne, ma con lo sguardo audacemente proteso in avanti, ai tanti personaggi erranti della mitografia storico - letteraria da Omero e Apollonio Rodio fino a J. Joyce. Il suo è il profilo dirompente, in un'area geografica sostanzialmente ancorata a modelli arcaico - rurali, di un moderno homo viator, per giunta senza altre risorse che quelle del proprio coraggio e della propria ampiezza di prospettive, che lo spingono a varcare, più volte e in autostop, i confini d'Italia per andare incontro, sfidando pesanti pregiudizi e stigmi ambientali, ad un'avventurosa esperienza di lavoro e a un amore totalmente coinvolgente, anche se non duraturo, in terra scandinava.

Proprio sulla figura archetipica del viaggio, rimarcata nel sottotitolo, si intrattiene a lungo con riferimenti puntuali e con una sapiente descrizione dei dettagli, quasi a imitazione di un operatore cinematografico che, nella trama di un film, isola alcuni fotogrammi preminenti e ne fa un "fermo - immagine".

Al topos del viaggio si rifa anche la tecnica narrativa, non aridamente cronologica e non strutturata sulla sequenza lineare degli accadimenti, ma sull'intrinseca circolarità di procedimenti ad incastro e sulla reciprocità di rimandi intratestuali, che, in un richiamo implicito allo stream of consciousness di matrice joyciana, hanno il solo fine di porre in essere uno sviluppo più chiaro e completo degli episodi descritti, evitando, nel contempo, una prosa frammentata e disorganica.

Grazie alla rete spontanea di reinserimenti e collegamenti con le costumanze locali, il libro si caratterizza anche come un dialogo a distanza con la comunità minorese e con il suo tessuto culturale, i suoi valori etico - sociali, le sue tradizioni storico - religiose.

La disincantata spigliatezza di stile, nutrita da limpida e sicura coerenza con la materia trattata, l'indubbia vena di creatività nell'elaborazione testuale, la levità spesso briosa della cifra linguistica, che ne rappresentano le connotazioni essenziali, non permettono di ravvisare in chi lo ha scritto né un atteggiamento da laudator temporis acti né la volontà di inseguire le logiche dello storytelling né l'intento di fare o farsi pubblicità, magari con una spocchiosa presunzione di accrescere il proprio ego.

Occorre rendere merito allo scrittore minorese, che non ha dato forma a fantasmi del passato, ma ha dispiegato una robusta vis comunicativa e narrativa, componendo il disegno articolato di un' epoca "attraverso la giovinezza" e mantenendo vivo nella memoria e nelle transizioni generazionali l'insegnamento che non può aver senso, soprattutto per i giovani, una vita banale e senza slanci, paga della sola routine.

È inevitabile, pertanto, augurarsi che possa esserci un seguito dedicato agli anni successivi.

*già docente e preside del Liceo "Ercolano Marini" di Amalfi

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