Tu sei qui: AttualitàL'estate di ieri, l'estate di domani
Inserito da (redazionelda), lunedì 20 aprile 2020 17:03:26
di Lucia Serino*
Immaginiamo la spiaggia di Rimini. E quella di Erchie. Pensiamo alla marina di Conca e al litorale di Follonica. Intuibile il primo pensiero: la costiera amalfitana è un'altra cosa, è diversa, esclusiva, destinazione luxury. E' vero, e non è un peccato. Sarebbe però un peccato precluderla a priori a chi cerca qui anche solo la possibilità di allargare lo sguardo e il cuore.
C'è una preoccupazione difficile da ammettere, che mi turba nella discussione di questi giorni su come riattrezzarsi per l'estate che è a un soffio dalla possibile sperata liberazione dalla nostra reclusione. E spero turbi tutti coloro che hanno a cuore il bene comune.
Non è soltanto - e comunque urge già che la discussione parta da questo - l'idea di come diminuire e contingentare l'ingresso alle spiagge garantendo distanziamento sociale. Il meccanismo sul litorale romagnolo (mi viene in mente questo ma ci sono molti altri esempi in Italia) è più facile da immaginare e forse non pregiudicherà il diritto di ciascuno di noi, dei cittadini innanzitutto di quella regione, a godere di aria e di mare e desiderio di infinito dopo che lo sguardo che abbiamo avuto finora è stato quello che andava dalla camera da letto alla cucina delle nostre case. E' in gioco un valore molto più sostanziale e a mio avviso irrinunciabile, che ha a che fare con l'idea di come riusciamo a passare dalla crisi alla fiducia, dalla paura al sogno possibile, senza lo strascico di una paralizzante frustrazione. Perché proprio questa è in agguato, in un momento in cui si intersecano tragicamente le coordinate degli effetti della crisi pandemica, tra lo smarrimento congiunto di chi magari è senza lavoro e di chi ha difficoltà a fare impresa come nel mondo di prima. Garantire sicurezza ha un costo, soprattutto in spazi ristretti come quelli della Costiera che amiamo proprio perché ristretti, ma questo costo non può diventare una sanzione sociale in una comunità che rischia di trasformare le differenze in esclusione, il divario in colpa.
Abbiamo il dovere di costruire una società migliore riprogettando i nostri luoghi e la fruizione di essi, che è cosa ulteriore da un'app, un misuratore di temperatura, un numerino per entrare ai bagni come si fa al supermercato. E' una cosa che ha a che fare con le nostre stesse esistenze del vivere sociale.
Come siamo capaci di immaginare il nostro futuro? Non solo in estate in verità e non solo per i lidi che a prezzi già proibitivi ti consentivano un bagno ad agosto mentre dai moli si allontanavano gozzi e yacht ingolfando anche le riserve marine. C'è da immaginare un futuro per i nostri piccoli paesi della fascia costiera che non sono solo litorale ma anche strepitosi borghi affacciati al mare (la regina è Ravello ma penso a Conca, solo per fare un esempio) e un futuro anche per i paesoni a valle, dove la prepotenza dei rapporti e l'ingorgo delle nostre libertà prima ancora che delle nostre auto ci rendeva insofferenti e infastiditi. Davvero vogliamo ritornare a quel modello? Quale sforzo di riorganizzazione che non sia soltanto l' applicazione di una somma di divieti siamo disposti a produrre per scampare all'ossimoro di una "livella" antidemocratica degli effetti del virus?
Non è utopia, è immaginazione. Come riusciremo a mettere insieme equità e benessere, quale modello economico stiamo studiando per garantire la tracciabilità del futuro oltre che degli accessi? E' su questo che il dibattito pubblico deve cominciare, e pubblico significa davvero di tutti, perché o una comunità cambia in meglio da una crisi o ce ne sarà un'altra in agguato fatta di conflitti e scontri sociali. Sono sicura che questa non può essere la preoccupazione soltanto di chi cerca un posto al sole, ma anche di chi dei posti al sole ha fatto un legittimo business. Eravamo alla saturazione già prima, ricordate? Eravamo al caos risolto con un piano traffico che già aveva scontentato gli operatori economici. Certo Dior non continuerà per sempre a produrre disinfettanti e quindi la discussione non è proporre il Caruso o il San Pietro per tutti a prezzi di saldo. Lo sforzo è di cominciare ad essere mentalmente non convenzionali, di liberare il perimetro delle proposte impossibili, di mettere in ballo idee che potrebbero sembrarci assurde ma che proprio nell'apparente impossibilità possono radicare un sogno visionario di fattibilità.
"Innovare non significa solo avere belle idee chiuse in un cassetto. Significa esporle, mettersi in gioco e farle circolare. L'idea si deve scontrare con le idee e le abilità degli altri e diventare azione". La costiera amalfitana è ricca anche di una comunità internazionale. La fantasia, la creatività, il desiderio di immaginare soluzioni nuove possono essere messi in un circuito di discussione anche con quanti da qui sono passati. Possiamo passare dall'idea di un turismo come godimento passivo di un territorio a un progetto pilota di sostenibilità ed equità che avrà tanta più forza se partirà da un luogo riconoscibile e famoso in tutto il mondo come quello della nostra amatissima Costa?
Vi suggerisco, se avete voglia, questa lettura, piena di spunti interessanti.
*giornalista, capo ufficio stampa della Fondazione Ravello
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