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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieMaiori, 27 giugno 1988: l'assurda esplosione che spezzò sei vite innocenti [VIDEO]
Scritto da (redazionelda), venerdì 28 giugno 2019 11:10:49
Ultimo aggiornamento venerdì 28 giugno 2019 11:19:57
Era il 27 giugno 1988 quando un boato terrificante svegliò Maiori. Un palazzo sul corso Reginna era crollato, spaccandosi letteralmente in due, provocando sei vittime. Sono passati esattamente trent'anni da quella tragedia, ma il ricordo è ancora vivo in chi vi assistette.
Erano le 3 del mattino circa e, quando il rumore squarciò il silenzio della notte, molti pensarono al terremoto e si precipitarono in strada. Appena otto anni prima il terremoto dell'Irpinia si era fatto sentire anche in Costiera Amalfitana e quei momenti di terrore, nonostante non avessero arrecato danni persistenti a Maiori, erano ancora vivi nella mente delle persone.
Ma non si trattò di un terremoto. La gente che corse a vedere cosa fosse successo, si trovò davanti agli occhi una scena raccapricciante. L'ala sud del palazzo accartocciata su sé stessa e una massa gigantesca di macerie. Qui abitavano la famiglia del carpentiere Gerardo Di Somma, 43 anni, con la moglie e i suoi tre figli. Nell'altra parte del palazzo, invece, c'erano due cugini: l'ingegnere Luis Carlo Rossi, 33 anni, e Carlo Ingravalle di 27 anni. Furono in sette ad essere travolti nel cuore della notte. Solo una figlia del carpentiere fu estratta viva dalle macerie: Anna Di Somma, aveva 14 anni. Gravemente ferita, fu immediatamente portata all'ospedale San Leonardo di Salerno.
Il crollo dell'edificio fu inizialmente attribuito allo scoppio di una bombola di gas anche se tuttavia, nel tardo pomeriggio i Vigili del Fuoco non negarono il loro scetticismo. Si scoprì, di lì a poco, che l'obiettivo era quello di colpire il gestore del negozio allora situato al pianoterra. L' ipotesi venne avvalorata dal fatto che sul primo corpo recuperato dai vigili del fuoco non furono rilevate tracce di ustioni. La conferma arrivò inequivocabile quando, dalle macerie, furono rinvenuti i corpi di due malviventi, probabilmente emissari del racket. Le prove erano schiaccianti: entrambi, infatti, a differenza degli altri ritrovati, non erano in pigiama ma indossavano vestiti. Dai documenti estratti dai corpi giunsero notizie ancor più agghiaccianti. Il primo, Vincenzo Oliviero, 43 anni, domiciliato a Pagani, era un pregiudicato che aveva una lunga serie di precedenti penali. Più di lui era all'epoca conosciuto e temuto il fratello Gennaro, capo di un gruppo camorristico. L'altro, Antonio Ferraioli, 39 anni, era anche lui un pregiudicato di Pagani. Gli inquirenti capirono subito che facevano parte di un commando appositamente giunto in Costiera e, forse per un errore di percorso, furono coinvolti anch'essi dalla deflagrazione.
Qualche giorno più tardi le indagini giungevano ad una svolta. I gestori del negozio preso di mira dalla criminalità, in realtà, erano con essa in accordo. Il padre e il figlio maggiore avevano deciso di truffare l'assicurazione incendiando il negozio. Pensavano che avrebbero potuto intascare una cifra considerevole, probabilmente per onorare debiti contratti in passato. Chiamati a rispondere di gravi reati, i due furono processati e successivamente condannati.
Fu un giorno orribile per Maiori, che proclamò il lutto cittadino. Episodi del genere erano - e fortunatamente lo sono anche 31 anni dopo - estranei alla cittadina ubicata alla foce del Reginna.
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