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Scritto da (Redazione), mercoledì 17 giugno 2020 11:28:02
Ultimo aggiornamento mercoledì 17 giugno 2020 11:28:02
di Donato Bella
La pandemia da Covid-19 ha fatto slittare di alcuni mesi il turno elettorale che avrebbe riguardato anche la città di Maiori. Sarebbe intelligente se questo maggiore tempo concesso venisse utilizzato per riflettere meglio sulla scadenza amministrativa.
Gli ultimi appuntamenti col voto ci hanno consegnato un quadro di estrema frammentazione, che, con la progressiva scomparsa di partiti e gruppi politici nella città, è apparso il frutto di ambizioni personali o, nel migliore dei casi, di interessi molto parziali più che del bisogno di guardare all'interesse comune. Il prodotto è stato un susseguirsi di amministrazioni deboli, elette con basse percentuali e, pertanto, prive di un sufficiente consenso popolare.
In tali condizioni si sono dimostrati vani sia la disponibilità al confronto, quando negli oppositori è prevalsa l'ostilità pregiudiziale, sia la chiusura a riccio a difesa del fortino. Governare senza riuscire a creare un rapporto col paese e ad ampliare il proprio consenso, ha dato sempre esiti negativi per la comunità. Col 25-30% di voti non si può amministrare: questo è quanto abbiamo verificato negli ultimi quindici anni. Che si provi a dialogare avendo di fronte i contrari a prescindere, o che si punti all'arrocco autoritario, il risultato è sempre deludente.
A questo punto, si può decidere di ripetere l'esperienza facendo finta di niente o, invece, di provare a rimettere al centro la Politica e la comunità. Senza la Politica non si può amministrare una comunità, e la comunità senza la Politica si disgrega, come abbiamo visto fino ad oggi.
È chiaro che la strada da seguire è la seconda e non se ne vedono altre. C'è, allora, da compiere uno sforzo serio per mettere da parte ambizioni individuali e interessi di piccoli gruppi, per puntare a costruire progetti in grado di aggregare, ossia idee per la città e uomini in grado di rappresentarle. Che ci siano, in ogni società, idee diverse sul modello di sviluppo, che si confrontano con serietà, è un bene, ma che una comunità di 5.600 persone partorisca quattro, cinque, sei o più liste è patologico, soprattutto quando, come si è detto all'inizio, non ci sono più i partiti e le ideologie di riferimento di un tempo.
Gli interessi del lavoro, dell'ambiente, dei ceti più deboli, del turismo sostenibile, della città nel suo complesso, dovrebbero trovare un'unica forma di rappresentanza. È preferibile, allora, che questi mesi siano utilizzati per tentare di risollevarsi dal pantano, realizzando progetti elettorali, rinnovati e credibili, all'altezza dei tempi.
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