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Tu sei qui: SezioniL'EditorialeAbbiamo bisogno di una nuova stagione culturale a casa nostra
Scritto da (redazionelda), venerdì 18 giugno 2021 16:13:30
Ultimo aggiornamento venerdì 18 giugno 2021 16:13:30
di Antonio Schiavo
Confesso, per quanto possa valere la mia opinione, che non amo particolarmente Saviano. Non per le cose che dice o scrive, si intende, ma per il baraccone mediatico che si è creato, o gli hanno creato intorno.
Sotto la furbesca regia del plurimilionario (coi soldi del canone e quindi nostri) del Fabio Fazio a reti unificate.
Ritengo che la vera lotta alla criminalità organizzata si faccia con il metodo silenzioso e coerente dei giudici Falcone e Borsellino che certo non andavano un giorno sì e l'altro pure in televisione, che non pubblicavano libri a gogò, che in maniera costante e sotto traccia lavoravano e lavoravano e lavoravano. Senza sosta lavoravano.
Nelle anticamere lunghissime a cui erano costretti, nell'esilio forzato all'Asinara, nei pochi momenti di serenità che erano loro concessi senza riflettori e telecamere o palchi di teatri sold out, ma davanti a scolaresche o solo agli organi deputati ad indagini e pronunciamenti giudiziari.
Falcone e Borsellino che non avevano mai, nemmeno lontanamente pensato di scappare dalla loro terra natia o tornarci solo per curare sceneggiature di serie televisive di successo.
Detto questo, non è per nulla giustificabile quella che ha tutte le caratteristiche di una brutale censura preventiva alle scelte del neo presidente della Fondazione Ravello che, a quanto sembra, aveva in mente di inserire nel programma della nuova stagione festivaliera già così in ritardo manco fosse il terzo segreto di Fatima un incontro con, appunto, Saviano e il ministro della salute Speranza.
Dal trono del Pontefice Massimo si è levato l'anatema che sputtana sul nascere la dichiarata carta bianca concessa a Scurati nell'organizzazione del Festival e, soprattutto alla unanimità (troppo sospetta per non sembrare artificiosa o, peggio, interessata) che ne circondava la nomina.
Ripetiamo e lo faremo all'infinito da queste pagine che Ravello non merita tutto questo: abbiamo qualche anno fa accolto, non vorrei sbagliarmi, addirittura Toni Negri con tutto il suo bagaglio di "cattivo maestro" e tanti altri autori e personaggi che hanno potuto esprimere idee magari non condivisibili ma che davano l'occasione a chi lo avesse voluto, di arricchire le proprie conoscenze, farsi un'opinione più completa e anche esprimere educatamente il dissenso o la contrarietà anche ferma e perentoria.
Abbiamo bisogno di una nuova stagione culturale a casa nostra, abbiamo salutato con una guardinga speranza l'avvento di Scurati al vertice della Fondazione, ma il viatico ci porta indietro nel tempo:
Agli anni bui del pensiero unico che qualcuno tentava - e spesso ci riusciva - di imporci.
Auspichiamo che i rappresentanti ravellesi nei vari consigli, in nome della tanto sbandierata centralità, facciano sentire subito e coraggiosamente la propria voce.
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