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Tu sei qui: SezioniAttualitàLa conoscenza ci dà potere, sapere ci aiuta a decidere
Scritto da (Redazione), mercoledì 6 febbraio 2019 19:35:50
Ultimo aggiornamento venerdì 3 maggio 2019 10:50:11
di Emiliano Amato
«La conoscenza ci dà potere», «Sapere ci aiuta a decidere», «Conoscere ci libera»: sono le espressioni chiave, narrante dall'attore Tom Hanks, dello spot mandato in onda durante la finale del campionato di football americano, l'altra notte ad Atlanta: 60 secondi costati oltre 5 milioni di dollari al Washington Post, il primo spot di un quotidiano nella storia del SuperBowl e rilanciato dai siti di tutto il mondo per la sua forza espressiva.
Sono sempre gli americani a ricordarci che l'informazione libera e indipendente forma i cittadini, fornisce loro gli strumenti per compiere scelte consapevoli. Ad ogni latitudine non bisogna dimenticarlo mai.
E proprio Tom Hanks ce lo ha ricordato con "The Post", interpretando il ruolo del leggendario Ben Brandlee, direttore del Washington Post che nel 1972 pubblicò l'inchiesta sullo scandalo Watergate condotta dai giornalisti Bob Woodward (nella foto) e Carl Bernstein e che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Una pagina memorabile del giornalismo mondiale.
La libertà di stampa non è uno slogan vacuo, ma un valore concreto da difendere tutti i giorni. Fare il giornalista significa assumersi responsabilità nei confronti della società, la stessa che sempre più spesso fatica a riconoscere a chi fa informazione un ruolo prezioso e da tutelare.
Oggi colpire i giornalisti sembra diventata una delle attività più in voga. Aggressioni, minacce, querele temerarie, terrorismo psicologico, tentativi di condizionamenti, da parte di chi non accetta la verità. Perché, diciamocelo: raccontare la verità resta la più grande paura per il potente di turno, fa arrabbiare il vecchio trombone politico legato ancora a ghiotti interessi e che cerca di rimanere a galla con espedienti di ogni genere.
Gli strumenti adoperati sono diversi ma lo scopo è comune: mettere il bavaglio. Già, perché se un giornalista riesce con le sue inchieste a svelare i meccanismi nascosti dietro i fatti, a smascherare la "politica spazzatura", diventa antipatico e spesso pericoloso. Quel cronista non è controllabile, può fare più danni di un magistrato: azioni e documenti ben spiegati ed ecco che gli articoli si trasformano in un detonatore.
Il giornalista-giornalista (come piaceva a Giancarlo Siani) fiuta la notizia, s'informa, studia le carte, resta sul pezzo, spiega i fatti alla gente comune che non avrebbe possibilità d'accesso a quelle notizie.
La casta è sacra e gli affari, le condotte illecite, gli intrallazzi, le amicizie, le vicinanze, gli scambi tra ambienti lontani ma sempre più vicini devono restare segreti. È fondamentale per intessere trame di potere nascondersi e controllare indisturbato il gioco.
Quei giornalisti con alle spalle editori solidi (come noi) non si faranno mai intimidire e continueranno a svolgere il loro lavoro con rinnovata determinazione contro il buio e l'oscurità voluti da certi personaggi politici, ma altri giornalisti potrebbero sentirsi meno sicuri dopo reiterate minacce.
Non è mai accettabile che da rappresentanti delle istituzioni o politicanti di quarta serie si lancino intimidazioni e si cerchi di tacitare i giornalisti che semplicemente fanno il loro lavoro raccontando quanto accade. Governare senza il controllo di una stampa, guardiana del potere, è il desiderio di tutti i dittatori.
Noi de Il Vescovado rimaniamo convinti che il giornalismo locale salverà il giornalismo. Un vero giornale deve continuare a svolgere un ruolo fondamentale di servizio alla società civile, necessario a far conoscere realtà che sfidano la corrente contraria.
Informare sulle attività istituzionali svolte dai rappresentanti eletti, chiedendo conto alle autorità del loro operato, per chi pretende trasparenza, al fine di permettere ai cittadini di poter giudicare (i blog enogastronomici e di "notizie" acchiappaclick mascherati da giornali sono tutt'altra cosa).
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure: è un principio sacrosanto, sancito dall'articolo 21 della Costituzione. L'autonomia nei confronti del potere (politico, amministrativo, economico, ecc.) è un principio oggi ampiamente disatteso: è sempre più raro il giornalismo graffiante, scomodo, d'inchiesta (e, chi ci prova, viene subito aggredito). Esiste un giornalismo di comodo, sorretto da uffici stampa e comunicati messi in pagina sic et sempliciter, senza che neppure vengano letti.
E' necessario, dunque, che il vero giornalismo continui a vivere, inteso come strenuo attaccamento ai fatti, alla loro verifica, al loro racconto e alle loro possibili spiegazioni. Come mediazione tra ciò che accade, il suo senso e i lettori-utenti.
Contestualmente la funzione di watchdog journalism, il compito di sorveglianza che il giornalismo come cane da guardia svolge a tutela della Democrazia e del pluralismo delle opinioni.
Come ci ricorda il Washington Post "La Democrazia muore nelle tenebre". Sgomenta, sapendo che se i giornali non rischiarano la notte, la Democrazia muore. Come giornalisti abbiamo il dovere sacrosanto di illuminare quella notte: solo così possiamo servire la Democrazia!
La nostra continuerà ad essere una ricerca senza fine. Il nostro modo di fare giornalismo non si fermerà di fronte a nulla, se non al rispetto della dignità delle persone.
Nelle foto il direttore Emiliano Amato durante la visita alla sede del Washington Post nel maggio del 2018 e l'incontro con Bob Woodward
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