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Scritto da (Redazione), sabato 18 aprile 2020 16:28:28
Ultimo aggiornamento sabato 18 aprile 2020 16:35:42
di Christian De Iuliis*
Mentre noi siamo ancora in casa a sventolare il tricolore e a cantare sul balcone, altri sono in attività per trarre il massimo profitto dalle conseguenze del Corona virus.
E’ successo con i terremoti, si è ripetuto con le alluvioni, è avvenuto con la minaccia del terrorismo e in ogni crisi economica, capiterà anche stavolta.
Le grandi catastrofi forniscono solidi alibi alla follia dei burocrati e all’ingegno dei furbi.
C’è da scommetterci: aumenteranno le limitazioni, saranno introdotte norme irricevibili, il lavoro e la vita degli onesti sarà ancora più complicata. Il concetto di libertà si restringerà ulteriormente.
A pochi giorni dall’inizio della presunta "fase 2", tutte le categorie imprenditoriali cercano di capire come ripartire. In costa d’Amalfi è tanta la preoccupazione per il settore balneare del turismo.
Circolano in rete ridicoli fotomontaggi di isole galleggianti e cabine in plexiglass ad uso degli stabilimenti balneari per proteggere i bagnanti dal contagio.
Non mi meraviglierebbe che, per consentire il rispetto delle distanze di sicurezza, venga consentito un ulteriore allargamento delle concessioni demaniali a scapito delle spiagge libere.
Non provateci. Non si pensi di utilizzare la paura del contagio per appropriarsi ancora dei beni pubblici e naturali.
Giù le mani dalle nostre spiagge!
E’ stato l’ipersfruttamento delle risorse naturali (appena a Febbraio si discuteva ancora di parcheggi e nuove gallerie...), la loro privatizzazione, il motore del modello capitalistico spinto a velocità folle a condurci contro questo muro.
Si colga l’occasione e si provveda, piuttosto, ad un ripensamento generale delle strutture balneari che a fronte di canoni d’affitto esigui, ammassano sulla spiaggia più del numero di persone consentite.
La prospettiva degli ombrelloni incolonnati fin sulla riva, l’arroganza dei noleggiatori che contendono ogni metro quadro di sabbia, il traffico di imbarcazioni a motore che intossicano l’area dei bagni, sono scene che dovranno scomparire.
E’ questo il momento di riscoprire un modello umano di vita sociale, in accordo con la natura.
Si ricominci a fare imprenditoria col proprio talento, con l’innovazione e l’impegno, non grazie ai beni comuni e ai politici compiacenti.
Il nostro paese sia equanime, sinceramente "socialista" coi beni essenziali.
Il mare, la spiaggia, l’acqua, i parchi, come pure la sanità e la scuola, tornino ad essere di tutti.
E non a disposizione degli abbienti, per il tornaconto di pochi.
Certo, servirebbero politici seri. Disinteressati, colti.
Proprio ciò che non abbiamo.
Ma sia chiaro: se l’accesso al mare sarà consentito solo tramite il filtro dei privati, un atto collettivo di disobbedienza civile sarà inevitabile.
Stiamo vigili e consapevoli: il virus dell’ingiustizia è già pronto a riciclarsi.
*architetto, scrittore e opinionista
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