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Turismo Religioso in Costa d’Amalfi: la Chiesa di San Benedetto nel Comune Capofila

Una volta ad Amalfi divampava il dibattito sul rapporto tra linguaggio letterario e linguaggio filmico: la tappa d’obbligo di letterati e registi era il Gran Caffè. Attaccata c’era e c’è la storica Chiesa di San Benedetto

Inserito da (ilvescovado), sabato 29 aprile 2017 16:10:31

Di Giuseppe Liuccio

Amalfi me la porto nel cuore, anche se ne vivo lontano. Ci ritorno, a più riprese nel corso dell'anno, per un pellegrinaggio d'amore e di cultura. Ed è sempre un terremoto di emozioni alla svolta del Luna di fronte allo spettacolo unico ed irripetibile del grappolo di case di Vagliendola, che si arrampicano ardite nella gloria del sole alla scalata di Pogerola con il campanile di San Biagio a sospiro di cielo.

A Pasqua, come da tradizione, avevo in animo di tornarci, ma il cattivo tempo ed il traffico mi hanno bloccato a Maiori con tutta la famiglia. Eppure desideravo tanto fare un tuffo di emozioni, nella mia città dell'anima. Ho fatto, allora, ricorso alla fantasia dei ricordi e mi sono ritrovato con cuore ed anima a "La Caravella", che considero da sempre "la mia casa amalfitana", con Antonio Dipino che galoppa con successo sulle "guide" enogastronomiche d'Italia e d'Europa e coniuga buona tavola ed arte con quel gioiello di galleria dove espone e propone pezzi unici di ceramica d'autore. Mi è sembrato di fare un tuffo di emozioni nella memoria del passato, rievocando i "favolosi" ed irripetibili "anni '60", quando "Amalfi faceva tendenza" e "La Caravella" ospitava gli ospiti di riguardo del mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo.

Belle stagioni quelle, quando Amalfi inventò, prima in Italia, la spettacolarizzazione della moda con passerelle negli angoli più suggestivi della città, invasa da un esercito di indossatrici, da stilisti di grido e giornalisti del settore e di riviste patinate, sotto i riflettori delle telecamere italiane e straniere. La settimana della Moda Mare Amalfi era un appuntamento ineludibile per il bel mondo dell'eleganza e dello spettacolo, ma costituiva anche punto di incontro per dibattiti sull'evoluzione dei costumi oltre che feconda occasione per il business del settore, che muoveva i primi passi ed avrebbe conosciuto in seguito uno sviluppo galoppante, imitando Amalfi nelle rassegne spettacolarizzate nei luoghi più suggestivi delle città d'arte. La rassegna apriva, ad aprile, la stagione del turismo; e lungomare, porto, spiagge e cale si trasformavano in tableaux vivants ad esibizione di grazia, eleganza e malcelata seduzione di indossatrici dai corpi longilinei e forme perfette, sotto la guida sapiente di registi creativi. Solo dopo, ma molto dopo, Capri, prima, e Positano, dopo, si riappropriarono dell'idea e la realizzarono, per la verità in tono minore. E la nostra città iniziò la lunga e poco esaltante serie delle occasioni perdute.

Belle stagioni, quando Amalfi era meta preferita di letterati di grande nome: Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Dino Buzzati, il giovane Alberto Bevilacqua, un attempato Diego Fabbri che alternava la sua attività tra la regia teatrale, la scrittura creativa e la direzione de "La Fiera Letteraria"; quando registi del livello di Fellini e Lattuada erano di casa a "La Caravella", dove un giovane Franchino Dipino, faceva gli onori di casa con coinvolgente simpatia ed assisteva interessato con signorile distacco alle lunghe chiacchierate che esplodevano, spesso, in progetti creativi: eredità raccolta dal figlio Antonio. Erano quelli anche gli anni in cui Amalfi, con "L'arte povera" e con "L'impatto percettivo" diventò la capitale dell'avanguardia in gara con New York e trasformò gli Arsenali in centro pulsante di vita culturale e di mostre di livello europeo con la processione di critici di grande spessore e di artisti che in seguito avrebbero recitato un ruolo di primo piano nella evoluzione dalla avanguardia alla transavanguardia. Ho fondato motivo di ritenere che in occasione del cinquantenario (1968-2018) si organizzerà un evento memorabile.

 

Altre stagioni, quando la fortuna dei romanzi del passato era affidata alla riduzione di filmati televisivi a puntate e si accendeva ed infuriava il dibattito sul rapporto tra linguaggio letterario e linguaggio filmico e Amalfi ne diventò il punto di riferimento annuale con l'apporto di linguisti, sociologi, registi, letterati, attori, professori universitari e, naturalmente, giornalisti provenienti da ogni parte d'Italia. La tappa d'obbligo per l'aperitivo era il Gran Caffè dopo lo "struscio" di rito per lo "stradone". Di fronte c'era la sede dell'Azienda del Turismo, che pulsava di vita e di creatività. Attaccata c'era e c'è la storica Chiesa di San Benedetto, che costituisce l'oggetto della mia riflessione di oggi per una ulteriore tappa del Turismo Religioso ad Amalfi. La pianta della Chiesa è a navata unica rettangolare, coerente con uno schema ad aula da congrega. Presenta, per ciascun lato, due cappelle ed altari. Il presbiterio occupa la parte terminale dell'aula, senza separazioni. L'impianto strutturale della Chiesa è in muratura portante con finitura ad intonaco a calce a tinta avorio, rivestita da stucchi di tradizione tardo barocca. Il collegamento verticale nella Chiesa riguarda una rampa di scale in muratura che da oriente conduce al coro posto in posizione sopraelevata rispetto all'ingresso della Chiesa. Al suo interno è dotata di una pregevole veste decorativa tardo-barocca in cui spicca l'imponente composizione in stucco che sovrasta l'altare maggiore Il pavimento è in maioliche del XVIII secolo. L'esterno è solamente intonacato di color ocra chiaro in cui si evidenzia il portale di ingresso intonacato di bianco. La copertura al suo interno è caratterizzata da una volta a botte lunettata che sormonta l'intera aula, con aperture trilobate nella parte occidentale. All'interno dell'aula, sulla controfacciata a mezza altezza, trova posto una volta a botte che regge la cantoria, con balaustra e grata. L'estradosso della volta a botte dell'aula è coperto da un tetto a due falde.

Il Campanile rappresenta una delle emergenze architettoniche più significative del tessuto urbano, specialmente per la posizione su di un tratto del Viale delle Repubbliche Marinare che segna l'ingresso alla città. Evoca, nella tipologia, quella di S. Maria la Nova a Napoli. È composto da quattro ordini - di cui il primo privo di collegamenti verticali. Questa chiesa mi ricorda una mia bella e generosa arringa a difesa del coro ligneo su cui un intraprendente rigattiere stava per mettere le mani con l'acquiescenza dell'arcivescovo dell'epoca. Sventammo il pericolo su segnalazione di Salvatore De Crescenzo, alias "papariello". Ed il rigattiere trovò a difesa dell'ingresso della Chiesa una consistente schiera di cittadini pronti a tutto. La cosa fece notizia tanto che un noto settimanale dell'epoca, ABC (ne era direttore Ruggero Orlando, corrispondente Rai da New York), poteva gridare come titolo di copertina "I Socialisti di Amalfi difendono il patrimonio culturale della città" con immancabile coda polemica con l'arcivescovo e conseguente turbolenza nella locale comunità ecclesiale. Altre stagioni quando Amalfi faceva tendenza come città-mondo e non rischiava ancora, come oggi, purtroppo, di morire di traffico o, come tutta Costiera, di individualismo municipalistico asfittico ed improduttivo per la mancanza di un progetto comprensoriale dello sviluppo, che faccia leva sule emergenze più drammatiche: traffico, sanità, tutela del mare, promozione unitaria di Cultura e Turismo.

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