Tu sei qui: Economia e TurismoL'altra (alta) Costiera: Maiori dal mare ai monti lungo il Reginna
Inserito da (ranews), sabato 6 ottobre 2018 15:02:22
Di Giuseppe Liuccio
Salicerchia è una minuscola insenatura a carezza di una covata di case all'abbraccio di brevi agrumeti. A destra la Torre Normanna, moviola di ricordi a cogliere emozioni di estati lontane a ritmo di slow sotto le stelle. Alle radici vi zampilla sempre la grotta sulfurea a pigmentare di bianco sfarinato il cobalto del mare. A sinistra, nella grotta Pandora, accendono desideri le stalattiti a danza sull'onda. Il rigagnolo a lieve caracollo dalla gola accende bagliori al pallido sole di ottobre su per la macchia mediterranea. Nel verde lustro di recente pioggia squilla il rosso sangue delle bacche dei corbezzoli a promessa di delizie di frutti rasposi, scialo incontrastato di beccacce e pettirossi ciarlieri sazi di cibo a sosta di ebbri voli. Su speroni di roccia a sbalzi d'infinito, i resti delle abbazie di San Niccolò de Carbonaria e di Santa Maria de Stellis evocano splendori di monaci basiliani e cistercensi e depredazioni di pirati venuti dal mare e malviventi calati dai monti.
Ad aver gambe buone e voglia di trekking una carrareccia porta fino ai mille metri dell'Avvocata, una terrazza spalancata sull'anfiteatro del mito e della storia, da Capri a Palinuro e, nei giorni limpidi, a tutto tondo, dal Vesuvio alle Eolie a prefigurare un Mediterraneo esposto ai capricci d'acqua e fuoco. E il fuoco vero c'è stato ad opera dei piromani che hanno semi distrutto buona parte del bosco del demanio con giustificata preoccupazione per abitazioni, ambiente ed attività economiche, non solo per Maiori, ma anche per Minori quando le fiamme hanno scollinato verso Torre minacciando seriamente il patrimonio dei limoneti del territorio, attivando le misure di salvaguardia degli amministratori locali e dei cittadini con una gara lodevole di Maiori, Tramonti, Minori e a seguire Ravello e Scala. Il Territorio più minacciato è stato il santuario dell'Avvocata, che, aperto al culto racconta di apparizioni prodigiose, di pastori eremiti ei di briganti suicidi a fuga da gendarmi giustizieri. E a custodia ed esaltazione di tradizioni, il lunedì di Pentecoste il Monte Falerzio si arabesca di processione a pioggia di petali di rose con litanie di canti a lacerare silenzi con reazione sdegnata di falchi pellegrini gelosi del loro regno violato. Ma forse questa non è la stagione più adatta per una escursione ad alta quota, anche se l'autunno al lento spiumare della vegetazione ramata a forte contrasto con la sempreverde, riserva, comunque, le sue belle emozioni.
Meglio puntare su Maiori capoluogo che accoglie il visitatore con il fasto sfacciato del lungomare ubertoso di vegetazione autoctona e di palmizi da importazione. Sulla spianata l'obelisco di S. Maria a Mare veglia sulla foce del Reginna che miscela a mare storia e storie raccolte al Valico di Chiunzi e caracollate giù fra contrade ridenti di agrumeti e vigneti. "Ecco la Senna di Maiori. La veduta del mare in qualche distanza è superba e incantevole", così lo storico amalfitano Matteo Camera presenta la città, con qualche eccesso di retorica con gli esagerati confronti alla Senna e ai giardini di Persia. Invece, non gode di buona considerazione per quella urbanizzazione intensiva che ne ha stravolto l'immagine di assolati borgo di pescatori assopito nella baia a mezzaluna chiusa dalla Torre Normanna da un lato, e dal Castello Mezzacapo, dall'altro. Eppure, per gli ambientalisti amanti della natura e per gli escursionisti di trekking c'è solo l'imbarazzo della scelta alla scoperta di grotte carsiche e sorgenti sulfuree lungo la costa con la risacca che narra storie, leggende e misteri sigillati nel cuore delle rocce. E, a prestare orecchio al vento che increspa lieve le onde e pettina la macchia mediterranea, c'è da ascoltare vicende di fantasmi d'amore che, nelle notti di plenilunio, lacerano i silenzi di richiami d'amore, di tesori rubati e perduti in naufragi avventurosi, di soldati e condottieri trucidati in battaglia e inabissati nei flutti.
Lungo il corso del Reginna sono sorprese inaspettate chiese e castello, cartiere e ferriera, regno, un tempo, fecondo della protoindustria della Costa. E le terrazze dei limoneti si inarcano ad anfiteatro a conquista di cielo e a dominio di mare. Bastano poche centinaia di metri per dimenticare le brutture delle case a schiera e dei condomini per ferie. È questa la Maiori che rivela il volto migliore di sé, quello poco conosciuto e non apprezzato. E c'è ancora una Maiori segreta, pudica, bella e riservata, tutta da scoprire e da godere. È la Maiori dell'arte e della storia. È la Maiori di Santa Maria a Mare con l'incanto di quella statua di pregevole fattura in cedro del Libano del XII secolo, di stile ellenistico, del ricchissimo soffitto a cassettoni dorato, della Madonna con il Bambino e dei putti in legno dorato di epoca cinquecentesca e di scuola spagnola, della preziosa collezione delle antifonie in pergamena del ‘500 e del monumentale organo polifonico costruito dal celebre Zeno Fedeli di Foligno. E la chiesa Madre, che domina il centro abitato con le iridescenze della cupola maiolicata, è simbolo della storia religiosa e non solo di Maiori con quel gioiello di statua della Vergine che i Maioresi raccolsero in mare con parte del carico che una nave, reduce da Costantinopoli, fu costretta a gettare in acqua per sfuggire ad un violento temporale. È la Madonna che viene dal Mare ed accendere ricordi di storia e fede ai maioresi ogni anno, il 15 di agosto, quando la processione inonda di luci e fuochi pirotecnici lo specchio d'acqua della rada paciosa.
È testimonianza di fede e di ringraziamento dei sopravvissuti alla terribile pestilenza del 1656 la chiesetta di San Rocco che sul paliotto dell'altare conserva l'antico stemma cittadino. Nella frazione di San Pietro si respirano atmosfere d‘altri tempi con quel borgo disteso nella verde conca assolata con colline che si incurvano ed agrumeti e vigneti che s'inarcano a cupole di cielo ed il carrubo che respira flebile a carezza di vento gravide di mare. La minuscola piazza è un salotto raccolto con la facciata della bella chiesa a far da quinta. E dalle nebbie del passato fa capolino il dio Vertumno soppiantato dall'Apostolo Pietro e dagli Etruschi cacciati dai Romani. Santa Maria delle Grazie veglia sul fiume che scorre sonnolento a gabbia di muraglioni a memoria di quel tragico ottobre del 1954, quando si gonfiò delle piene del Chiunzi e di Tramonti e travolse case e strade in una delle più tragiche alluvioni di Salerno e della Costa d'Amalfi. Oggi lambisce lieve ed inoffensivo le fondamenta e fondamenta di un antico opificio. La basilica trinavale del VI secolo, anche se ha registrato rifacimenti e ristrutturazioni nel corso dei secoli, vanta intatta nella sua bellezza "La Crocifissione" della scuola del Sabatini. Vecite è una frazione di campagna a gelosa custodia di tradizioni secolari e di antichi sapori in cui la fa da regina la "melanzana al cioccolato". Ponteprimario è l'ultima frazione di Maiori ed anticipa il verde dei coltivi dei pianori di Tramonti. Sulle ali del vento che sibila dalle gole del Chiunzi, l'eco della rappresaglia di Silla contro chi gli si oppose durante le guerre sociali. Qui sono le radici dell'anima più antica di Maiori, il "principio della sua storia". E alla Madonna del Principio è dedicata la piccola chiesa del VII secolo, che conserva una statua lignea opera di un pastore del XIII secolo, andata perduta e poi miracolosamente ritrovata da un contadino intento al lavoro dei campi. Il mare è lontano, anche se nei giorni di libeccio vi arriva l'acre dello iodio. Qui, per lo più, si respira, aria di campagna e con la tramontana vi riecheggia l'eco dei campanacci delle mandrie alla pastura.
Il pezzo è tratto dall'introduzione all'opuscolo: "REGINNA, un fiume una città" (Plectica Edizioni), pubblicato nel febbraio del 2005, il primo di una serie di "quaderni" che volle l'Azienda del Turismo, di cui all'epoca ero commissario, per accendere i riflettori dell'interesse sulla storia ricca e varia della città, tasselli finalizzati alla (ri)composizione unitaria di un prezioso mosaico.
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