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[LA RIFLESSIONE] La Costiera, il maltempo e il dissesto idrogeologico

Inserito da (redazionelda), lunedì 4 febbraio 2019 10:53:18

di Sigismondo Nastri

Ogni volta che sulla Costiera si abbatte un violento temporale o, peggio, una di quelle che i nostri antenati chiamavano córe d’acqua (ora elegantemente battezzate "bombe d’acqua"), c’è da aver paura. E’ capitato la scorsa settimana, e meno male che non c’è scappato il morto. Smottamenti, frane, da un capo all’altro del territorio. È rimasta indenne la strada statale 163 e fa notizia. Ora, non c’è da dubitarne, riprenderanno dibattiti, convegni, incontri ai vari livelli istituzionali. Anche interrogazioni in parlamento. La prassi, certo. Poi verrà l'estate e tutto rimarrà allo status quo ante.

Ricordo quello che capitò dopo l’alluvione che ad Atrani chiuse la giovane vita di Francesca Mansi. Fui chiamato a moderare un convegno che si poneva lo scopo di far memoria per il futuro degli insegnamenti venutici dalle catastrofi naturali. Da cronista, uno che sta sulla breccia dalla metà del secolo scorso, dissi una cosa ovvia, dalla quale però non si può prescindere: la Costiera è fragile. Una banalità. Bisogna tenerne conto, però. A rischio questo territorio lo è sempre stato. Pure quando il principe longobardo Sicardo propose agli abitanti di trasferirsi in zone più tranquille e più fertili, dalle parti del Sele. La risposta dei nostri antenati fu lapidaria, inequivocabile: "Stiamo bene qui".

La stessa idea, quella di una delocalizzazione dei paesi (di fondovalle) venne una decina di anni fa all’assessore regionale Cosenza. Nihil sub sole novi, insomma.
Mi affido a una dichiarazione di Alfonso Menna, non ancora sindaco di Salerno, dopo l’alluvione dell’ottobre 1954: "Bisogna correre davanti alle calamità naturali, non dietro". Privilegiare, cioè, interventi di prevenzione rispetto a quelli resi urgenti e indifferibili da una situazione di emergenza. Perché i dissesti tendono a ripetersi per lo più negli stessi luoghi e con le stesse modalità. Come è accaduto nelle ultime quarantotto ore. In sintesi, la Costiera, patrimonio dell’umanità (ce ne riempiamo la bocca) per le ricchezze storico-artistiche, paesaggistiche e ambientali, è fragile sotto l’aspetto idrogeologico. Andrebbe messa e tenuta costantemente in sicurezza: preservandola dagli incendi boschivi (ma ci vorrebbe la volontà politica di farlo), dagli abusi (a volte tacitamente accettati da chi dovrebbe reprimerli sul nascere), pretendendo la regolare pulizia dei boschi (come si faceva quando s'andava a raccogliere fascine per i panifici), tenendo puliti alvei, briglie, griglie, tombini, regimentando le acque torrentizie, mantenendo con la cura del padre di famiglia i sistemi terrazzati.

Questione di fondi, certo. "Senza sorde nun se cantano messe", insegna il proverbio. Ma anche di progetti: organici, razionali, non improvvisati. E di buona volontà. Tanta.

>Leggi anche:

Brandelli d'Italia: il perenne rischio idrogeologico (nell'incuria) in Costiera Amalfitana

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