Tu sei qui: Attualità«I boss stanno dietro a un computer»: Nicola Gratteri racconta a Ravello come sta cambiando la mafia
Inserito da (PNo Editorial Board), venerdì 10 maggio 2024 13:30:07
Di Maria Abate
Ieri, 9 maggio, il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, è stato a Ravello per presentare il suo ultimo libro.
Prima dell'evento, ha presenziato alla cerimonia di inaugurazione del restauro dei portoni della millenaria chiesa di San Giovanni del Toro, ad opera dei maestri artigiani ravellesi Raffaele e Gennaro Amato.
Dopo aver ascoltato con interesse la storia della Chiesa e le fasi del restauro finanziato dal management dell'Hotel Caruso, il magistrato si è recato nella struttura del gruppo Belmond, dove, intervistato dalla giornalista Lucia Serino, ha affrontato temi legati alla lotta alle mafie, oggetto del volume "Il Grifone. Come la tecnologia sta cambiando il volto della ‘ndrangheta", edito da Mondadori e scritto a quattro mani con Antonio Nicaso.
A introdurre la presentazione il sindaco di Ravello, Paolo Vuilleumier, che ha accolto il magistrato, ringraziandolo «per il grande onore che ci ha fatto a presenziare a un momento così prezioso per la nostra città. Ravello è un luogo fortunato e nel tempo si è arricchita sempre più di cultura e bellezza grazie ai contributi che i vari artisti e intellettuali hanno voluto apportare. Il restauro dei portoni non è solo un modo per preservare il nostro patrimonio, è un momento anche di impegno civico. Non è un fatto casuale che l'emblema del Caruso, il grifone, corrisponda al titolo del libro che stasera presentiamo, che ci dà l'opportunità di parlare di impegno civico, di valori e salvaguardia della legalità».
«Oggi io sono in ferie - ha esordito con simpatia il Procuratore Gratteri -. C'è chi va al mare e chi come me va in giro a parlare di legalità». Poi, ha segnalato una cosa che secondo lui andrebbe controllata: «Appena sono arrivato a Ravello ho visto un albero di arancio che ha il malsecco, un fungo che infetta tutti gli alberi nelle vicinanze».
Gratteri, infatti, è esperto in agricoltura e cura il suo orto, oltre che produrre una buonissima marmellata di bergamotto: «La terra è importante: un tempo consentiva di vivere bene, per questo andare in campagna mi ricorda le origini, mi rasserena, è il mio psichiatra».
Una terra che, con l'occupazione fisica dei terreni, è stata emblematica del predominio sul territorio di riferimento per la ‘ndrangheta: «Il senso del possesso, l'idea di avere "la roba" è ancora presente nei mafiosi, anche se sono pieni di soldi. La mafia, la camorra, la ‘ndrangheta le troviamo nel mondo dell'agricoltura, non hanno la cultura della coltivazione, ma la visione della truffa: grazie all'estensione di terreno si può frodare la Regione e la Comunità europea e ottenere indebitamente i contributi».
«Questo libro è importante perché mentre lo Stato è alle prese con la transizione digitale e non riesce ad attrezzarsi e sburocratizzarsi con facilità, la ‘ndrangheta ha fatto il grande salto, entrando nella modernità e sviluppando competenze digitali», ha osservato la giornalista, elogiando il procuratore Gratteri per «il contributo importantissimo all'aggiornamento della comprensione del fenomeno mafioso».
«L'idea di questo libro - ha dichiarato il procuratore - era quella di immaginare come sarebbe cambiata la mafia tra qualche anno, pensavamo a una mafia informatizzata nel giro di tre o quattro anni, poi invece mi sono accorto che questo libro incominciava a diventare contemporaneo. Facendo un'indagine abbiamo scoperto che un boss aveva contattato hacker stranieri, che sono venuti in Calabria e che nell'arco di 26 minuti hanno movimentato 5 milioni di euro in tre banche che si trovavano in tre continenti diversi. E ancora... Appena arrivato a Napoli, scopro che la camorra è riuscita a costruire una banca online, dove c'erano 6mila clienti quasi tutti israeliani, con sedi in Lituania e Lettonia. Ritroviamo poi 600 telefoni che servivano da citofono tra la banca e il cliente e transazioni finanziarie per tre miliardi e 600 milioni di euro. In virtù di questo avanzamento tecnologico, noi dobbiamo andare a ragionare diversamente quando andiamo ad affrontare la mafia, dobbiamo essere competitivi».
La mafia, ha spiegato il Procuratore, tramite l'ingente disponibilità di soldi, riesce ad accedere ai migliori esperti, recandosi in Stati esteri, come i Paesi Bassi, che sono più avanzati a livello informatico. Per questo l'Italia non riesce con efficacia a fronteggiare queste situazioni, perché non è abbastanza avanzata in questo settore.
«Io inseguo la ‘ndrangheta in Olanda dal 1989: parlando con le autorità locali ho fatto notare che se si consente la vendita di marijuana nei bar, è vero che vengono tanti clienti, ma si diffonde anche la criminalità. Oggi l'Olanda si trova a fronteggiare tre mafie: quella albanese (che è la più feroce), quella italiana e quella nordafricana», ha raccontato Gratteri.
Quindi una menzione all'impegno civico: «Noi 10 anni fa sapevamo che sarebbero mancati radiologi e anestesisti eppure non abbiamo fatto nulla per prevenirlo: c'è molta incompetenza nella classe politica, ma nessuno ha pagato per gli errori fatti. Purtroppo non c'è umiltà, solo presunzione, in ogni mestiere. Non bisogna guardare dall'alto i problemi, ma confrontarsi con essi sul campo: come si insegna ai ragazzi a non farsi le canne? Mandandoli nei centri a parlare con i tossicodipendenti. E più si ha potere, più bisogna stare attenti al rispetto degli ultimi, se non si vuole perdere la percezione della realtà».
Gratteri ha parlato di una "New Generation" della ‘ndrangheta, che sposta le attività illecite online, dei boss che siedono davanti a un computer. Estorsione, incendi ci sono ancora, ma sono cose messe in atto dai «garzoni che hanno bisogno di campare, carne da macello che poi va a finire in carcere». Ormai vanno per la maggiore i reati commessi nel dark web, come il sistema del "pezzotto", il gioco d'azzardo online.
Il procuratore, facendo esempi concreti, ha evidenziato quindi come le mafie esistano a causa di leggi che consentono scappatoie: «Oggi Malta è il più grande centro al mondo di società online, molte multinazionali sono andate lì a istituire la propria sede fiscale perché c'è un sistema normativo che favorisce l'attività illecita. Non è un caso che una povera giornalista che aveva osato ficcare il naso in queste faccende sia stata uccisa. Il problema per gli inquirenti non è tanto seguire i paradisi fiscali, ma quelli normativi. Vi faccio un esempio: la ‘ndrangheta paga un chilo di cocaina nella foresta amazzonica 1000 euro (le altre mafie 1800 euro). Da 1 kg si possono fare 4 kg di cocaina da strada, 1 grammo costa mediamente 70 euro, quindi fate i calcoli di che guadagno spaventoso! Io questi soldi li porto in una banca delle Seychelles, ma solo se almeno un'agenzia della stessa banca si trova negli USA o in Canada. Poi vado in agenzia e chiedo un fido di 2 milioni di euro, ma nonostante ci siano 5 milioni di euro alle Seychelles la banca non segnala la situazione sospetta perché il rischio è di 0,1% dell'importo e quindi comunque ci guadagna. Sono le regole a consentire l'attività illecita, che l'uomo è portato a commettere per ingordigia, per l'abbassamento della morale, per il possesso. Il sistema sanzionatorio però consente queste cose: ecco perché noi non ne usciremo sul piano sostanziale dalle mafie. Le mafie esistono perché il potere economico le fa esistere e questo lo possiamo dimostrare guardando alla storia: abbiamo tanti esempi di come il potere abbia usato le mafie per prevalere».
Insomma, le mafie cambiano, non restano mai uguali, ma si adattano alla società e resistono: «Se tutti insieme decidiamo di non aver a che fare con la ‘ndrangheta allora la ‘ndrangheta finisce, ma siccome c'è sempre qualcuno che ha interesse ad avere contatti con la ‘ndrangheta, questa non finisce. Noi, da semplici cittadini, stando attenti possiamo capire se un'attività commerciale è collusa con la mafia e si fonda sul riciclaggio di denaro e allora non andiamo più ad acquistare lì».
Per Gratteri c'è bisogno di un ritorno a un'educazione più attenta dei propri figli, di un ritorno ai valori veri, alla cultura e non ai soldi.
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