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Storia e Storie

Il 24 ottobre 1910 la Costiera Amalfitana fu sconvolta da un violento nubifragio che seminò morte e distruzione

Maiori ricorda la tragedia del 1910: quando un violento nubifragio travolse la Costiera

Nel 115° anniversario del disastro, Casa Imperato celebra la Madonna della Libera in memoria di una delle pagine più drammatiche della storia di Maiori. In quella notte, pioggia e fango devastarono la Costiera: 111 morti a Cetara, 20 a Maiori, 3 a Minori. Anche Amalfi fu travolta dalla piena, e pochi giorni dopo il re Vittorio Emanuele III visitò i luoghi colpiti.

Inserito da (Admin), giovedì 23 ottobre 2025 20:55:57

di Sigismondo Nastri -

QUELLA TRAGEDIA IN COSTIERA DI 115 ANNI FA
Venerdì sera, 24 ottobre, Casa Imperato, piccolo rione che fa perno sulla chiesetta dedicata alla Madonna della Libera, ne celebrerà il patrocinio [messa solenne alle 17.30 e poi processione] in drammatiche circostanze consegnate alla storia di Maiori. Una di queste è datata 1910, lo stesso giorno, quando un violento nubifragio colpì la Costiera seminando lutti e rovine soprattutto a Cetara (111 morti!) e a Maiori (qui la furia del torrente Lama fece 20 vittime), Minori (3 morti). Qualche giorno dopo arrivò sui luoghi del disastro il re Vittorio Emanuele III per rendersi conto personalmente della situazione. Ebbi modo di rievocare il tragico evento in un convegno svoltosi a Maiori, palazzo Mezzacapo, nella ricorrenza del centenario. Per avere un'idea dell'accaduto ho a portata di mano qualche cronaca dell'epoca. Questa, ad esempio, pur riguardante Amalfi, pur essa non risparmiata dall'uragano, è illuminante: «Mentre più rombavano le frane, seppellendo orti e gualchiere, il torrente ha invaso le strade, allagandone tutte le case e si è precipitato nel paese dall'unica uscita che gli si offriva, l'oscuro androne a volta che vi è di fianco. Sotto questo androne si aprono delle porte di magazzini dove erano depositati tutti i prodotti delle prossime cartiere. La furia dell'uragano ha sfondato le porte, ha allagato i magazzini, ha distrutto tutto, ha sprofondato i pavimenti, ha abbattuto i muri, ha ammucchiato dovunque due o tre metri di fango, di sassi, di sterpi, di tronchi. Il segno del torrente melmoso è palese sino alla sommità dell'arco, sotto cui non si passa tale è l'ingombro depositatovi dal torrente. Si sprofonda nel fango, si inciampa nei tronchi, si urta il capo nella volta. Dagli orti vicini masse di fango hanno invaso i piani superiori delle case, hanno travolto e sotterrato il mobilio, sfondato i soffitti. La gente ha fatto a tempo a fuggire. Sola una donna, una vecchia paralitica, è rimasta affogata nel fango, nel suo letto, in fondo ad una vecchia bottega. E più si prosegue, più la strage continua: brutale, feroce, sconcia, come una profanazione. Strage di tranquilli verzieri, di giardinetti malinconici, di vecchi muri, oscuri, scrostati, rivestiti di tremule verdure umide: la distruzione più su di interi caseggiati, che dalle squarciature delle muraglie e dai buchi oscuri delle porte scardinate mostrano lo strazio interno, grandi stanzoni di fabbriche di carta dove tra le pile di pacchi fangosi, i vecchi torchi pare alzino le lunghe braccia in gesti disperati.»

Altrettanto drammatico il racconto di un testimone, l'ingegnere Santolo Camera: «La piccola piazza del Duomo era invasa da gente che gridava correndo in tutte le direzioni, sbucante da tutti i caratteristici vicoletti. I più correvano verso la spiaggia quasi a trovarvi scampo, altri si rifugiavano nella vasta cattedrale per implorare aiuto da S. Andrea, il venerato patrono degli amalfitani. Ma a misura che l'uragano cresceva d'intensità quei pochi che in quell'ora triste seppero conservare un po' di calma, intuirono l'altro immenso pericolo che minacciava Amalfi. Corsero a 'Porta Ospedale' e s'avvidero che il ‘Canneto', essendosi ostruito il grosso condotto sotterraneo, che conduce il torrente attraverso la città fino al mare, per l'enorme quantità di macigni, di alberi, di sterpi, di terra, trascinati dalla furia delle acque e delle frane, minacciava di straripare e d'invadere l'abitato... Le strade, le casette laterali, la piazza del Duomo furono spazzate in un baleno e la fiumana fangosa avanzandosi terribile come un'onda di mare in tempesta, agitando nei suoi vortici enormi tronchi d'albero, trascinando con enorme fracasso ciottoli, piante di agrumi, tavole, suppellettili, avanzi di case, di opifici, di giardini distrutti, allagò botteghe colmandole di terriccio, sfondò porte e soffitti, divelse muri, fece crollare delle volte, ovunque arrecando danni incalcolabili, fra l'incessante scrosciare della pioggia, fra il fragor dei tuoni e l'urlo disperato della gente...»

Se ad Amalfi successe questo, figuriamoci a Maiori e ancor più a Cetara, dove la furia dell'acqua fu molto più violenta. Ecco una chicca, a complemento del ricordo di quell'evento. Tre anni dopo, il 24-25 ottobre 1913, il periodico La Frusta scrisse: «Oggi, 24 ottobre, ricorre il terzo anniversario del terribile nubifragio, che distrusse vite e sostanze nei paesi della ridente Costiera Amalfitana. [...] È doloroso constatarlo. Le cose oggi sono al punto in cui erano tre anni fa. [...] Di chi la colpa di questo abbandono? Non del Governo certamente [...] ma del rappresentante politico del Collegio di Amalfi - l'on. De Cesare [medico, già sindaco di Minori, che esercitava la professione per lo più in America, ndr] - il quale, preso dalla briacatura del medaglino piovutogli sul panciotto per una strana anomala condizione morale in cui si trovò il Collegio, non si rese, come altri fece, diligente a segno, da far tradurre in atto i benefici provvedimenti votati dal Parlamento italiano.» [...] Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. Il problema della messa in sicurezza di un territorio, dove ogni allerta meteo semina panico, è ancora all'ordine del giorno.

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