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Storia e Storie

L’Abbazia di Sant’Eutizio a Valcastoriana (Preci) in Umbria, gioiello monastico benedettino: quale futuro?

Inserito da Alberto Quintiliani (admin), martedì 10 maggio 2016 15:00:34

Riceviamo e con piacere pubblichiamo una valida considerazione di Alberto Quintiliani, già collaboratore de Il Vescovado, sulle sorti dell'Abbazia di Sant'Eutizio, gioiello medievale nonché uno tra i più antichi complessi monastici in Italia. Come l'Umbria, anche il territorio della Costa d'Amalfi vanta una lunga tradizione monastica benedettina: risale, infatti, al lontano 1011 la fondazione dell'Abbazia della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni ad opera di Sant'Alferio Pappacarbone; alcuni anni più tardi, nel 1086, quando papa Vittore III eresse Ravello sede vescovile, il primo vescovo della nuova diocesi fu il monaco benedettino Orso Papice così come, sempre a Ravello, era fedele alla regola benedettina l'antico monastero di San Trifone.

 

Finalmente, dopo averne sentito parlare in maniera "accorata" - e più sotto spiego i motivi per cui utilizzo questo aggettivo - dal mio amico carissimo Sergio Recchi di Norcia, grazie a lui ho avuto l'opportunità di visitare l'abbazia di Sant'Eutizio, che è un importante monastero, situato in Umbria nella Valcastoriana (comune di Preci), vicinissimo a Norcia. Prima di trattare alcune importanti criticità e problematiche in corso che riguardano il complesso monumentale, e che vengono descritte qui di seguito - per una migliore comprensione è indispensabile inserire qualche "pillola" di storia dell'Abbazia: questo antico complesso è ritenuto uno dei luoghi più importanti per il monachesimo occidentale. Qui a Piedivalle, in una zona isolata ma di grande valore paesaggistico, su di un dirupo che domina tutta la Valle Castoriana, si erge l'Abbazia di Sant'Eutizio, che è appunto uno dei complessi monastici più antichi d'Italia, un vero gioiello di arte, storia e cultura. La sua storia ebbe inizio nel V secolo quando nella Valcastoriana giunse un gruppo di monaci ed eremiti siriani, chiamati anche "Padri del Deserto", dando vita ad un primo insediamento monastico pre-benedettino. Questi padri, fra cui Spes ed Eutizio, si stabilirono nella valle prendendo dimora in alcune grotte artificiali, scavate in uno sperone di roccia, luogo ideale per vivere in perfetta solitudine e meditazione. Questo stile di vita suscitò ben presto ammirazione ed interesse tra gli abitanti, i quali si vollero unire alla loro comunità fondata sull'umiltà e sulla spiritualità, per assaporare un'esperienza unica. Nel 470 Santo Spes (latino di speranza) eresse, vicino ad una copiosa sorgente dalla quale ancora oggi sgorga l'acqua, un primitivo oratorio dedicato alla Vergine Maria. Soprattutto Eutizio, date le sue grandi virtù e la sua devozione, fu una figura molto importante per la comunità - che lo ricambiava con palpabile affetto - tanto che venne chiamato "l'evangelizzatore della valle". Gli abitanti - in segno di riconoscenza per la sua preziosa ed umile opera pastorale - eressero la chiesa in suo onore, dove il 23 maggio del 540, giorno della sua morte, vi furono deposte le sue spoglie. Ben presto il Monastero divenne meta di pellegrini e nel primitivo ingresso è ancora possibile notare la soglia consumata dalle ginocchia dei fedeli, che qui si fermavano in preghiera. Diverse personalità spirituali, come San Benedetto da Norcia e San Francesco da Assisi, sono state legate a questo luogo. E' da sottolineare inoltre come in questo monastero prese origine una importante scuola medico-chirurgica empirica, conosciuta sia in Italia e sia in Europa, specializzata negli interventi oculistici ed urologici, oltre alla pratica della medicina con l'utilizzo delle erbe officinali e di acque curative. Qui nel 1588 Cesare Scacchi, un chirurgo di Preci, operò alla cataratta la regina d'Inghilterra "Elisabetta I" e fu ricompensato con mille scudi d'oro. Fino a poco tempo fa l'Abbazia ospitava una piccolissima, ma attiva, comunità di monaci benedettini - che vivevano secondo la regola di San Benedetto "ora et labora" - impegnata a perseguire l'armonia del lavoro e della preghiera, di vicinanza ai fedeli ed all'attività pastorale della propria parrocchia, compresa la guida alla conoscenza e promozione del Monastero e del museo, in cui sono custodite le spoglie dei Santi Eutizio e Spes. Fino a poco tempo fa perché, per dirla con le parole di Sergio Recchi, questi "superstiti" monaci benedettini sono stati recentemente ed inspiegabilmente "cacciati" dal Monastero - ad opera del Vescovo di Spoleto - tra lo sconcerto ed il turbamento degli abitanti della valle e di tutta la vasta Comunità della zona e sostituiti con una sola, riduttiva ed "impalpabile" presenza part-time di un sacerdote, circostanza, questa, che ha connotato la vicenda con il sapore di una "messa in liquidazione" della struttura. Il Monastero, in "spregio" al suo nobile passato, alla sua bellezza, alla sua particolarità e misticità è stato pertanto "retrocesso" e relegato ad un ruolo non pertinente - e che non merita - come si fosse trattato soltanto di un vecchio, insignificante ed anonimo fabbricato senza gloria e senza storia. Naturalmente questo scritto rappresenta soltanto il "cappello" introduttivo, cui farà seguito l'analisi competente di Sergio Recchi, che ha vissuto con sofferenza sulla sua "pelle" tutte le vicende connesse a questo inopinato, inaspettato e non condivisibile "declassamento". Trattandosi di una "solitaria-discutibile" decisione del Vescovo di Spoleto, la parola di Sergio porterà notizie che cercheranno di chiarire il "mistero" che circonda questa decisione: esigenze di "spending review" o altro? Una cosa è peraltro - a giudizio di chi scrive - estremamente chiara: il decisionismo autoritario e solitario - senza una benché minima negoziazione-informativa - messo in campo dal Vescovo di Spoleto ha fatto "esplodere" un conflitto con la popolazione della valle e destinato a durare nel tempo, perché gli "Umbri" (e qui parlo direttamente in quanto umbro anch'io, anche se maiorese d'adozione) sono molto attaccati alla loro terra, ai loro tesori artistici, alla loro storia e tradizioni, valori questi difficilmente negoziabili senza un fine ritenuto giusto e condiviso.

Ma ecco quanto scrive Sergio Recchi di Norcia sull'argomento.
ll post del mio amico Alberto Quintiliani non necessita di alcun commento tanto esso è poetico e malinconico - ma soprattutto profondamente deluso - per quanto ha "realizzato in negativo" il Vescovo di Spoleto. Alberto mi chiede di chiarire il mistero che circonda la solitaria, inopinabile, misteriosa e non condivisibile decisione del Vescovo Boccardo di "cacciare" nel settembre 2015, la piccolissima comunità monastica dall'Abbazia di S. Eutizio, che in poco tempo aveva riprodotto il clima di pace, serenità ed operosità, che sono state nei secoli caratteristiche peculiari dell'ordine dei monaci benedettini. I monaci di S.Eutizio erano infatti circondati dall'affetto, dall'apprezzamento, stima e riconoscenza da parte di tutta la popolazione di Preci - nel cui comune ricade l'Abbazia - e di tutta la vallata. Dall'agosto 2015 - quando, tra l'incredulità generale, si apprese la notizia di questa drastica decisione della "cacciata" dei Benedettini - nella popolazione si diffuse un sentimento che, dall'iniziale sbigottimento e malessere, sfociò in un moto di rabbia repressa. La "stampa" locale, cui fece seguito anche quella nazionale, pubblicò la notizia commentandola in modo negativo, facendosi portavoce e cassa di risonanza delle proteste della comunità locale. Fu allora che mi appassionai alla dolorosa e irragionevole vicenda, "spalleggiato" anche dall'intera comunità, che mi incitava ad andare avanti per non sottostare a quello che era stato comunemente percepito come un vero e proprio autoritario ed arrogante sopruso, non correlato ad alcuna nota esigenza "tecnica", e nemmeno da motivazioni che avrebbero potuto chiarire da parte della curia vescovile la "materia del contendere". Per cercare di mettere luce su quanto accaduto ho iniziato allora ad intrattenere un fitta serie di messaggi certamente non benevoli - anche tramite facebook - con il Vescovo Boccardo, senza ricevere risposta alcuna. Analoga sorte hanno purtroppo ottenuto numerose missive indirizzate ad altre Autorità religiose e laiche (fra cui il notissimo critico d'arte Vittorio Sgarbi), al Cardinale Arcivescovo di Perugia e perfino al Santo Padre Bergoglio, fiancheggiato, in questa "crociata", dal consenso unanime dei miei conterranei, dalla comunità di "facebook" e dall'appoggio della stampa locale. Nel "silenzio assordante" del Vescovo, improvvisamente veniva pubblicato in un giornale un articolo (chiaramente suggerito) nel quale si affermava che i Benedettini con propria decisione avevano deciso di lasciare l'Abbazia ?!?. Il sito della Curia, nel minacciare azioni giudiziarie a tutela (mai verificatesi), ritenne di far pubblicare una corrispondenza fra il Vescovo e l'Abate Presidente della Congregazione Sublacense Cassinese (luogo di destinazione dei Monaci), nella quale quest'ultimo comunicava al Vescovo: "Prendendo atto del suo desiderio di dare una nuova configurazione alla realtà di S. Eutizio....." Questa affermazione rappresentava la prova lampante della non veridicità (come del resto avevano affermato gli stessi Monaci) di quanto sostenuto dal Vescovo circa l'autonoma volontà dei Monaci Benedettini di lasciare l'Abbazia. Era stato quindi il Vescovo ad "imporre" l'allontanamento dei Monaci, senza fornire al riguardo una qualche plausibile motivazione. Il finale di questa corrispondenza assumeva poi contorni grotteschi, laddove, con copiose "lacrime di coccodrillo" Il Vescovo si rammaricava ed esprimeva un dispiacere ipocrita per la partenza dei Monaci. Il dispiacere e la rabbia degli abitanti della vallata invece si manifestò concretamente nell'ultima Domenica di settembre, durante la S.Messa celebrata nell'Abbazia di S.Eutizio, quando il Sindaco di Preci, anche a nome degli abitanti del comprensorio, ritenne di esternare ai Monaci sentimenti di gratitudine e di profondo dispiacere, per la loro partenza, augurandosi che quella cerimonia avesse il sapore di un arrivederci e non certo di un addio. Nell'occasione apparve in tutta la vallata, compresa Norcia (città natale di S.Benedetto) perfino un manifesto funebre di rammarico e dolore dei Parrocchiani per la partenza degli amati Monaci Benedetti. Termino qui - e avrei moltissime altre "perle negative" da narrare su questo ed altri argomenti - ma il mio obiettivo, come portavoce della Comunità interessata, è soltanto uno: il ritorno "in Patria" degli apprezzati Monaci Benedettini (importante valore aggiunto dell'Abbazia) ed in subordine il ridimensionamento dell'autoritario Vescovo di Spoleto, sicuramente molto meno apprezzato dalla Comunità locale. Il Vescovo Boccardo - che tra l'altro è l'"assistente spirituale" del Presidente del Consiglio Renzi - oltre che per l'importante vicenda di cui trattiamo - sembra essere in perenne "cortocircuito", con il territorio affidatogli e lontano "anni luce" dalla cultura, tradizioni e caratteristiche umane di quelle che dovrebbero essere le sue "pecorelle". Chi può ci dia una mano!
Sergio Recchi

*************
Mie personali riflessioni finali:
(di Alberto Quintiliani) Su un piano strettamente personale posso affermare - visitando il Monastero - che ne sono restato affascinato: quel luogo solitario, silenzioso e suggestivo - dove sembra che il tempo si sia fermato - è permeato di mistero e nostalgia; si provano sensazioni contrastanti e si respira un'aria particolare, intrisa di storia, religione, misticismo, arte, pace e serenità, che invita alla raccolta meditazione. Chiudendo gli occhi ti senti catapultato nel passato, fuori dal fracasso e dalle incongruenze della vita "moderna" e, fantasticando, ti sembra di sentire, tra il frusciare leggero del vento, i passi felpati dei monaci, cori celestiali, insieme ai suoni della natura e sospiri appartenenti ad epoche che si perdono nella notte dei tempi, respirando una benefica e nostalgica "polvere di memoria"!

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