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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieQuando lo tsunami distrusse nel 1343 i porti di Napoli e Amalfi sotto gli occhi di Petrarca
Scritto da (admin), mercoledì 13 febbraio 2019 19:03:46
Ultimo aggiornamento mercoledì 13 febbraio 2019 19:08:44
"Non si può pingere con pennello, né scrivere con parole quella, ch'io vidi jeri, la qual vince ogni stile, cosa unica ed inaudita in tutte l'età del mondo (...) non posso scriverla a pieno, persuadetevi questo, che la più orribile cosa non fu vista mai (...) mi risvegliò un romore ed un terremoto, non solo aperse le finestre e spense il lume ch'io soglio tenere la notte, ma commosse dai fondamenti la camera, dove io stava".
Con queste parole Francesco Petrarca, testimone oculare d'eccezione, descrisse il maremoto che il 25 novembre 1343 causò l'affondamento di molte navi nel porto di Napoli. Lo scrittore, infatti, si trovava in missione come ambasciatore inviato nella città partenopea da Papa Clemente VI e raccontò l'accaduto in una lettera, parlando di una misteriosa quanto violenta tempesta marina.
Un recente studio, "Geoarchaeological Evidence of Middle-Age Tsunamis at Stromboli and Consequences for the Tsunami Hazard in the Southern Tyrrhenian Sea", pubblicato su Scientific Reports, e condotto in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l'Università di Modena-Reggio Emilia e Urbino, l'Istituto di studi del Mediterraneo antico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), City University of New York, American Numismatic Society e Associazione Preistoria Attuale ha individuato nel cedimento del fianco nord-occidentale del vulcano Stromboli, nelle isole Eolie, la causa dei tre maremoti che raggiunsero le coste della Campania tra il 1343 e il 1456.
«L'identificazione di Stromboli come la sorgente dei maremoti avvenuti in quel periodo» - spiega Antonella Bertagnini, vulcanologa dell'Ingv di Pisa e co-autrice dello studio - «è stata possibile grazie a un lavoro interdisciplinare che ha messo in campo competenze vulcanologiche e archeologiche. Era noto che l'isola fosse capace di produrre tsunami di piccola scala (analoghi a quello osservato il 30 dicembre 2002)» - prosegue l'esperta - «questo lavoro porta però alla luce, per la prima volta, la capacità del vulcano di produrre, anche in tempi relativamente recenti, tsunami di scala nettamente superiore e potenzialmente in grado di raggiungere aree costiere anche molto distanti».
Il principale dei tre eventi studiati, avvenuto nel 1343, sarebbe la causa della distruzione dei porti di Napoli e di Amalfi.
«Incrociando metodologie, tecniche e competenze diverse» - spiega ancora Bertagnini - «lo studio ha permesso anche di rivelare come nella prima metà del 1300 l'isola di Stromboli fosse abitata e rivestisse un ruolo importante come snodo del traffico navale dei crociati provenienti dalle coste italiane, spagnole e greche. A seguito dei crolli responsabili della generazione delle onde di tsunami e di una contemporanea e particolarmente intensa attività eruttiva del vulcano, l'isola fu abbandonata a partire dalla metà del 1300 e fino alla fine del 1600, quando iniziò il suo ripopolamento. La scoperta conferma, quindi, il pericolo da tsunami generato da Stromboli nel Tirreno Meridionale, sebbene una sua precisa quantificazione richieda ulteriori studi mirati al riconoscimento e alla caratterizzazione di questo fenomeno su un periodo temporale più esteso».
La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.
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