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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieMatteo Lembo, un modello per i giovani con la passione per lo sport
Scritto da (redazionelda), domenica 15 dicembre 2019 15:58:46
Ultimo aggiornamento domenica 15 dicembre 2019 15:58:46
Venerdì scorso sono stati celebrati, nella Basilica di Santa Trofimena di Minori, i funerali di Matteo Lembo, ex calciatore nel decennio 1960 - 1970, bandiera della Battipagliese, tedoforo nelle Olimpiadi del 1960, esponente di punta del ramo organizzativo delle attività ginnico-sportive in costiera.
Ad illustrarne la figura di rilievo nell'ambito della comunità minorese, è intervenuto il professor Francesco Criscuolo con una laudatio funebris che riportiamo testualmente.
La tristezza, che ci unisce nel rivolgere un affettuoso e grato saluto di commiato, pone di fronte a una persona che esprime con singolare chiarezza la sintesi di una memoria condivisa e di valori etici, che non possono essere cancellati né rimossi.
Matteo racconta di un paese uscito, negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, dai drammi della ricostruzione post - bellica e dell'alluvione con l'anelito verso un nuovo esaltante cammino e con tanti slanci di idee e di azione incarnati in uno stuolo di giovani come lui.
La rappresentazione plastica di questo sguardo proteso in avanti è nella sua designazione come tedoforo nella fase preparatoria delle Olimpiadi tenutesi a Roma nel 1960. Poco men che ventenne, a simboleggiare l'impresa di Efialte a Maratona, corse per tre chilometri sulle nostre strade, tra due ali plaudenti di folla, tenendo sempre ben innalzata ed accesa la fiaccola olimpionica.
Nel 2010, per il cinquantesimo dell' evento è stato pubblicato, a cura di alcuni amici, un opuscoletto commemorativo, che, a distanza di tempo, assume quasi la valenza di uno studio monografico e, comunque, di un ricordo che va ben custodito e rinnovato.
Il poeta greco Pindaro, nel VI sec. a.C., ha scritto, in uno dei suoi epinici (Nemea X), che il buon atleta merita la riconoscenza della polis, della comunità cittadina non solo per la forza fisica e il coraggio, non solo per le vittorie conseguite nelle gare, ma anche per i valori di bellezza e di bene trasmessi attraverso la tenacia e la perseveranza generatrici di successo.
Matteo è degno di ammirazione per la bravura e la classe del calciatore di rango in varie squadre di serie C e D, soprattutto nei campi della Battipagliese, ma molto di più per le virtù e le qualità morali significate dall' impegno agonistico: la lealtà, la generosità, il senso della disciplina e dell'autodisciplina, il rispetto per gli avversari.
Eppure, non è rimasto inchiodato a questa felice stagione della sua vita, non ha fatto dal gioco del calcio una bandiera o un mito, non ha inseguito la ribalta effimera della visibilità, non ha incrinato una naturale riservatezza piena di bontà, riversata nella famiglia e nel lavoro scolastico-amministrativo, dove ha maturato flessibilità, competenza, disponibilità verso tutti, apertura all' innovazione, messe al servizio anche del- l'Arciconfraternita del S.S. Sacramento.
Nessuna boria, nessuna supponenza, nessuna smania di protagonismo si ravvisava nei suoi atti e il suo parlare era alieno da vanterie e giudizi altezzosi o men che lesivi della dignità degli altri.
Ai tanti che hanno fatto dello sport lo specchio deformante di un narcisismo talora smodato, a quella parte dell' universo giovanile irretita da sirene fuorvianti e malsane egli suggerisce che un altro modello culturale, un altro paradigma morale, un altro stile del vivere sono possibili e praticabili.
Avviato a una vita senza fine, consegna, specialmente ai giovani, recentemente definiti da Liliana Segre "le future candele della memoria", un lascito fondamentale, consistente in uno spazio per la speranza, la speranza cioè che una comunità, se sa attingere agli esempi degli uomini migliori del passato, può ritrovare anche il senso del suo futuro.
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