Tu sei qui: CronacaMonti Lattari, operazione 'Tabula Rasa': scoperte 10mila piante di cannabis. Avrebbero 'fruttato' 25 milioni
Inserito da (redazionelda), sabato 17 settembre 2016 08:10:17
Chi l'aveva definita la "Giamaica d'Italia" non si sbagliava. L'area dei Monti Lattari, "più fertile" per la coltivazione di marijuana, nel triangolo Gragnano-Lettere-Casola, torna al centro delle cronache per l'ultimo (solo in ordine di tempo) maxi sequestro di essenze "stupefacenti" operate dai Carabinieri e dalla Forestale.
Venerdì 2 settembre scorso ben 10mila piante di marijuana, alcune delle quali alte fino a 6 metri sono state estirpate dai terreni montani, di difficile raggiungimento, e distrutti. A darne notizia Il Gazzettino Vesuviano.
L'operazione "Tabula Rasa", che segue le altre operate dalla scorsa primavera, è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, e attuata dai Carabinieri della stazione di Gragnano coordinati dal maresciallo Giovanni Russo, da quelli della compagnia di Castellammare, agli ordini del maggiore Donato Pontassuglia e del capitano Carlo Santarpia, dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato della stazione di Castellammare di Stabia, diretti dal comandante Raffaele Starace, dai militari del VII elinucleo di Pontecagnano, dai Carabinieri del Nucleo Cinofili di Sarno.
Lavorate e commercializzate quelle essenze avrebbero prodotto lauti guadagni stimati in 25 milioni di euro.
Giovedì scorso l'ennesima scoperta: a Lettere, in un terreno privato, c'erano 342 piante, ognuna alta circa 5 metri dal peso di 20 chili. I proprietari del terreno e i responsabili della coltivazione, sono in via d'identificazione.
"Tabula rasa", fino ad oggi, ha battuto ogni record stabilito negli anni precedenti: oltre 30mila piante di marijuana individuate e distrutte per un valore stimato di quasi 65 milioni di euro. Le coltivazioni si trovano tra Gragnano, Lettere e Casola di Napoli, i carabinieri arrivano in zone impossibili grazie alla guida di elicotteri e droni. Quasi sempre nei pressi delle piantagioni ci sono capanni per l'essiccazione e innaffiatori rudimentali ma funzionanti. La criminalità organizzata gestisce e supervisiona l'intero processo, ma spesso non si sporca le mani e limita i rischi. Ma i veri protagonisti sono i narcocoltivatori che operano in aree demaniali, meglio se "liberate" dai boschi tramite incendi uno o due anni prima. Studiando nuove e convenienti procedure di coltivazione per un intero anno di duro lavoro: curare la cannabis, farla crescere, proteggerla da occhi indiscreti, essiccarla. Gli esponenti del clan tornano quando il prodotto è quasi finito per una sorta di controllo di qualità e comprano la droga sul posto. Una sola piazzola di cannabis può essere pagata fino a 60mila euro. Termina così il compito del coltivatore che non può avanzare pretese in percentuale sulla vendita finale. A quel punto il clan dovrà organizzare il trasporto verso i laboratori di trattamento finale ed imbustamento ed ingaggerà molti corrieri, ancora una volta meglio se non organici alla cosca, bensì insospettabili in cerca di soldi. Solo dopo molte settimane dal raccolto, quando la domanda sarà salita e le piazze di spaccio pronte, si inonderà il mercato con la merce di prima qualità dei Lattari.
L'attività di Militari e Forestale di venerdì 2 settembre ha interrotto l'ultima fase prima della trasformazione finale in droga: l'essiccazione. Ed è stata effettuata in un momento assai particolare. È probabile che se le autorità si fossero mosse poche ore dopo non avrebbero trovato più nulla. Il motivo? Sui Lattari si è aperta la stagione di caccia e i narcos dovevano far sparire tutto prima del fine settimana, quando i cacciatori si sarebbero inoltrati nei boschi. Gli occhi indiscreti sarebbero stati troppi da controllare.
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