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Scritto da (Redazione), martedì 28 aprile 2020 10:12:31
Ultimo aggiornamento martedì 28 aprile 2020 10:12:31
di Christian De Iuliis*
A mio avviso tutto sarà luminosamente chiaro solo quando potranno riaprire i bar e consentire che, al suo interno o nelle prossimità, ci si possa riunire almeno in sette, otto.
Il "tavolo" istituzionale dei 450 esperti in confronto ai tavolini dei bar, è nulla.
Il bar è l’unico luogo fisico dove, verosimilmente, si concentrano i depositari della verità.
Dunque: per fugare i dubbi ed evitare il caos, riapriamo i bar.
Là si annida il sapere italico.
Certamente non sui social, dove l’argomentazione è frammentaria, grammaticalmente disastrosa e inquinata da un nugolo di incompetenti.
Giammai nei consessi istituzionali, traboccanti di virologi, amministratori delegati, tecnici e politicanti. Che, nel caso degli scienziati, sono stati rinchiusi per decenni nei laboratori acquisendo una conoscenza della società pari a quella di un criceto in gabbia e nei restanti non hanno mai lavorato un giorno.
Riaprendo i bar, apprenderemmo non solo come è nato il virus, ma anche come sia stato possibile il celeberrimo "passaggio di specie". Nel caso fosse stato creato artificialmente, non sarebbe misterioso il numero di telefono del laboratorio da dove è fuoriuscito.
Col telefono a gettoni del bar (c’è sempre, ancora) si potrebbe chiamare e farsi dire se è così.
Non prima di aver ascoltato anche il parere di un complottista, presente nel gruppo per valutare la ragionevolezza delle antitesi, che illustrerebbe il piano dei "poteri forti" (banche, Europa, Cina, Bill Gates) e l’effetto del "5G" sulla propagazione della malattia.
Subito interrotto e smentito da un escursionista in rappresentanza degli infettivologi che, sul campo, ha già sperimentato tecniche di difesa batteriologica ed è perfettamente in grado di prescrivere medicamenti prodigiosi, preventivi e curativi.
Il lavello del bancone verrebbe prestamente utilizzato per mostrare a tutti il modo corretto di lavarsi le mani.
Seguirebbero, nel bagno del bar, test personali, con inalazioni di gas straordinari e degustazione di antidoti locali.
Nel frattempo sarebbe sollevata la questione delle distanze, subito risolta grazie alla presenza di professionisti dalla comprovata esperienza (noti frequentatori di bar), in grado di calcolare mentalmente le lontananze, la superficie degli spazi con la relativa densità. Disponendo, a mo’ d’esempio, gli occupanti.
Successivamente, sarebbe stata data udienza al chiarimento definitivo sull’uso e funzionamento delle mascherine e di tutti gli altri dispositivi sanitari, dipanato da un imprenditore che ha prontamente riconvertito, tramite un tutorial di youtube, la sua fabbrica di limoncello.
Subitamente, spalleggiato da un contabile in pensione che illustrerebbe modello di mercato, distribuzione e formazione del prezzo, degli articoli.
La lavagna del bar, dove solitamente è riportato il listino prezzi, verrebbe usata per il disegno delle curve domanda-offerta, costi marginali e massimizzazione del profitto.
Per il tema degli aiuti economici, prestiti e indennità, tornerebbero utili alcune slide proiettate tra le mensole dei liquori.
Provocatorio sarà, a quel punto, il contributo del "padre di famiglia", stagionale, "in nero", richiedente reddito di cittadinanza, che denuncerà la condizione dei "senza garanzia" e della difficoltà del riconoscimento di una posizione previdenziale adeguata.
Questo sposterebbe la discussione sul tema della burocrazia e sulla incomprensibilità dei decreti. Per fortuna, il più autorevole degli avvocati, detto "del diavolo", fino a quel momento silente, esporrebbe chiaramente la normativa, decifrando ogni termine dal sapore ambiguo come "congiunto", "tolleranza" e "prossimità", anche con l’ausilio di uno "Zingarelli" sempre presente su un ripiano angolare del bar.
In caso di ulteriori dubbi, un militare in congedo si occuperebbe di elencare le modalità per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. Indicando nascondigli imperscrutabili e alibi tabù.
Il dibattito, a quel punto non scevro da polemiche, scivolerebbe sui principi di costituzionalità dei provvedimenti, provocando una frattura ideologica, prontamente ricucita dall’intervento di un brillante amministratore di condominio, assolutamente in grado di gestire pitturazioni di facciate come pure emergenze planetarie tramite l’applicazione di tecniche che spaziano dal paramilitare al puramente contemplativo.
Prima che il dibattito venga abbagliato da schermaglie politiche, un ex calciatore ora talent scout, fuoriclasse mancato a causa di un menisco friabile, solleverebbe il problema della ripresa del campionato di calcio.
Tema che, rappresentando il dilemma cardine della nazione, sarà in grado di offuscare gli altri, pur sensibili, come la scuola (il bar è ostile all’istruzione classica), ospedali (oramai quell’emergenza è alle spalle) e cultura (che noia la cultura!).
Sul calcio, il barista in persona, in quanto titolare storico di onerosissimo abbonamento "Sky business", chiarirebbe i veri motivi che spingono per la ripresa e, allo stesso modo, si oppongono ad essa. Guadagnandosi di fatto, un ruolo di primo piano nella task force.
Se ne dedurrà che il calcio, come lo sport in genere, potrebbe riprendere solo in caso di scoperta del vaccino. Ma i tempi? Un certo grado di pessimismo avvolgerebbe la sala.
Provvidenziale sarà la convocazione immediata di un volontario che lo sta testando sulla propria pelle.
Le sue condizioni fisiche, se impeccabili, mostrate in pellegrinaggio, tranquillizzerebbero il paese.
Consacrando l’inutilità della task force governativa.
Riaprite i bar.
Abbiamo bisogno di un caffè decente.
*architetto, scrittore e opinionista
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