Tu sei qui: PoliticaRomano Prodi affonda al quarto scrutinio. Franchi tiratori nel Pd, il sogno del Colle svanisce
Inserito da (Admin), venerdì 19 aprile 2013 19:00:02
Romano Prodi non ce l’ha fatta. Il professore, ex presidente del Consiglio e simbolo del centrosinistra, è stato bruciato al quarto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica. Quando lo spoglio era ancora in corso, era già chiaro che i voti mancanti superavano quota 231: il quorum di 504 diventava irraggiungibile.
La candidatura di Prodi, fortemente voluta da Pier Luigi Bersani dopo il passo indietro di Franco Marini, si è schiantata contro il muro dei "franchi tiratori" nel Partito Democratico. Una débâcle politica e simbolica che ha scatenato il caos a Montecitorio e rischia ora di aprire una crisi insanabile nel centrosinistra.
Lo scrutinio è stato segnato da tensioni e gesti eclatanti. Mentre Massimo D’Alema riceveva 11 voti - accolta da applausi ironici del Pdl – e Anna Maria Cancellieri, candidata di Scelta Civica, arrivava a quota 78, si capiva che Prodi non avrebbe raggiunto la maggioranza. Altri 250 voti sono andati a Stefano Rodotà, sostenuto da M5S e Sel, già protagonista del terzo scrutinio.
Il clima in aula era tesissimo. La presidente della Camera Laura Boldrini è dovuta intervenire più volte per richiamare all’ordine i deputati. A creare scompiglio anche Alessandra Mussolini (Pdl), che si è presentata con una maglietta con la scritta "Il diavolo veste Prodi", suscitando la protesta del Pd e l’imbarazzo generale.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Berlusconi ha accusato il Pd di aver rotto l’accordo sulla candidatura condivisa di Marini e di voler "occupare tutte le istituzioni con il 20% dei voti". Mario Monti, contrario a Prodi, ha rilanciato il nome della Cancellieri. Grillo ha chiuso ogni spiraglio: "Nessuno del M5S ha mai pensato di votare Prodi e non lo farà mai".
Umberto Bossi, dal Transatlantico, ha commentato l’esito con cinismo: "A Berlusconi non piace, lo sappiamo. Io preferirei uno di Milano".
Intanto la Lega, assente dallo scrutinio, si è chiamata fuori dalla partita. E da più parti si fa largo l’ipotesi che lo stallo al Quirinale possa tradursi in un ritorno anticipato alle urne. "È nella logica delle cose", ha detto il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani, "dopo che il Pd ha rinunciato al metodo delle larghe intese".
L’implosione del Pd è ormai nei fatti. La distanza tra vertice e base parlamentare è diventata frattura aperta. Bersani, sempre più isolato, vede crollare il secondo candidato in 24 ore. E la prospettiva di un nuovo nome da condividere con le altre forze politiche diventa ora un rebus ancora più difficile da risolvere.
Il Parlamento è in stallo. L’Italia resta senza un Capo dello Stato. E la politica, di nuovo, sotto il fuoco incrociato della sfiducia popolare.
Fonte: ANSA
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