Tu sei qui: Economia e TurismoTurismo Religioso in Costa d’Amalfi: le chiese di Montepertuso e Nocelle nell’altra Positano
Inserito da (ilvescovado), domenica 5 marzo 2017 11:08:17
Di Giuseppe Liuccio
Non ci sono più le Suore della Carità con il mini esercito di ragazze alle prese con trespolo, rocchetti, spolette, ago e filo a tirar fuori capolavori di merletto a tombolo. Ma, ad essere fortunati, ci si può ancora imbattere in qualche ricamatrice solitaria che propone, con disinvolta grazia, centritavola e tovaglie, "tele intricate come un pensiero", e, all'occorrenza, parla della Positano dei gelsi e dei bachi da seta, dei telai e delle filatrici, dei battellieri e delle ricamatrici a cottimo. Altre stagioni, di vita semplice e sana, di relax e di silenzio, di cui è possibile trovare ancora traccia nell'ambiente rarefatto ed assorto di Montepertuso. Quella montagna perforata, che di giorno regala coni di cielo in prospettiva e nelle notti di luna rovescia fasci d'argento sui carrubi e sui lecci, è testimonianza di lotta tra il Bene e il Male, di Madonne che cantano vittoria nella luminosità delle chiese e di diavoli che lamentano sconfitte negli abissi delle forre. Ed a luglio (il 2 per l'esattezza) Montepertuso si riappropria del passato e rivive nella coralità di una sacra rappresentazione leggenda e storia delle sue origini. La storia si fa spettacolo; lo spettacolo teatralizza la storia. E ce n'è di prestigiosa da scoprire tra strade e vicoli di questo villaggio, terrazzo ardito sul mare, bianco avamposto di montagna, a cominciare dai Padri Pestani, che, sfuggiti ai Saraceni, trovarono rifugio qui, sui Lattari, per finire all'imperatore Federico II, che ne fece il regno incontrastato dei falconi allevati per le sue battute di caccia.
Profuma di fiori di campo la Chiesa di Santa Maria delle Grazie e, a prestare orecchio alla brezza, l'eco vi ricanta storie di lavoro duro con quelle scalinate che caracollano a mare e puntano al cielo a raccogliere, per secoli, lamenti e sudori di donne e uomini con il carico delle sporte di agrumi, dei sacchi di carbone, dei cesti di carrube e frutti di campagna di collina. Altre stagioni, quando il turismo era di là da venire e non esistevano trattorie alla buona da stupire con cucina genuina ed appetitosa dive del cinema ed imprenditori, top model e registi, giornalisti di grido e scrittori sulla cresta dell'onda, ministri e cancellieri tedeschi. La chiesa è semplice e sobria nell'architettura esterna, con le cappelle laterali semicircolari e ricorda analoghi esempi di architettura religiosa rinascimentale. L'interno è pseudo barocco a tre navate, divise da tre archi. Sopra l'ingresso vi è la cantoria con l'organo. La copertura della navata centrale è a volta a botte lunettata con otto luci. Nel lato destro, addossato alla chiesa si eleva il campanile con una caratteristica cuspide ottagonale irregolare.
Ad avere voglia e gambe buone a poca distanza c'è lo spettacolo di Nocelle, borgo minuscolo ma delizioso su di un costone dei Lattari: cento anime o giù di lì che pregustano un anticipo di paradiso tra cupole di chiese e distese sconfinate di mare, guglie luminose di monti e coltivi ubertosi di collina. Lassù, a Nocelle, si ha voglia di fermare il tempo e naufragare nel regno del silenzio e confondersi ed ossificarsi nella roccia che caracolla dirupante verso le case di Positano. E l'occhio spazia lontano verso la Punta della Campanella, da un lato, Paestum, Licosa e Palinuro, dall'altro. Ed è estasi e stordimento di piacere il tramonto dalla piazzetta antistante la chiesa di Santa Croce. È ad una sola navata con volta a botte ribassata ed abside con un altare molto semplice al di sopra del quale è custodito in una nicchia un quadro del ‘600 che rappresenta la deposizione di Cristo.
Le due chiese, Santa Maria delle Grazie a Montepertuso e Santa Croce a Nocelle sono belle nella semplicità delle loro linee architettoniche. Formano un'unica parrocchia ed è una esperienza unica ed irripetibile praticarvi il precetto della Messa domenicale. Così come è una esperienza da non perdersi la discesa: un tuffo a capofitto lungo scalette che sembrano dipinte tra orti coltivati, rocce e cespugli fino alla interruzione brusca di un sogno tra i clacson della statale, all'altezza del San Pietro, orgoglioso del suo guinness dei primati ampiamente meritato.
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