Tu sei qui: Storia e StorieLa più bella fucilata della storia
Inserito da (redazionelda), giovedì 7 settembre 2017 11:53:59
di Christian De Julis
Cosa ne sa un bambino di 7 anni di ciclismo?
Probabilmente nulla. E' già tanto se a quell'età si è riusciti a tirar via le rotelle dalla gomma posteriore.
Trentacinque anni fa precisi, il 5 Settembre del 1982 con i miei genitori ero in Abruzzo. Dalle parti di Pescasseroli. A casa di amici. Amici dei miei genitori, intendo. In quella silente Domenica pomeriggio, una televisione era sintonizzata sul mondiale di ciclismo su strada.
Quell'anno la corsa si correva a Goodwood, un percorso costruito per le corse in moto, a sud dell'Inghilterra. La Rai in quegli anni seguiva la gara dal mattino, una lunga diretta, spesso noiosa, tentativi di fuga e ricongiungimenti. Un drappello di uomini affaticati ora affronta l'ultima salita. Il gruppo, allungato, raggiunge il fuggitivo, un americano del quale il telecronista Adriano De Zan continua a ripetere il nome: "Boyer".
Ma lo statunitense più temibile è un altro: "davanti al gruppo c'è Greg Lemond" urla De Zan con la sua voce graffiata. Ed io penso che questo Lemond, biondo, siccome è americano sarà anche invincibile, per quanto gil americani nel ciclismo non sono mai stati buoni. La sua maglia blu con le stelle gialla, tagliata in due dalle strisce rosse e bianche si confonde con quella degli italiani, in particolare con quella di Saronni, che ha risalito la china ed ora è in terza posizione, stretto tra questo Lemond e la maglia verde dell'irlandese Kelly, un altro da tenere bene d'occhio.
Ora l'inquadratura cambia. Si vedono le teste del pubblico incollate, le mani sbattere sulle transenne come da incitamento, poi una curva stretta, una bandiera tricolore svetta tra il pubblico. Quando riappaiono i corridori una maglia blu spunta come un missile alle spalle dell'americano in fuga, la telecamera fa fatica a seguirlo, prima lo affianca poi lo passa al triplo della velocità. "Ecco che scatta Saronni" urla De Zan. Uno scatto secco, che passerà alla storia come "La fucilata di Goodwood". La più bella fucilata che la storia ricordi.
Saronni. Proprio lui. Io lo conoscevo già.
Poco più di quattro anni prima, nel Maggio del 1978, mio padre portò me e mio fratello a vedere per la prima volta il giro d'Italia. A mio padre il ciclismo è sempre piaciuto.
Il traguardo dell'ottava tappa, partita da Benevento, era a Ravello. Dal gruppo compatto, subito dopo i due tornanti di Civita, si stacca Saronni. L'altoparlante sull'arrivo lo annuncia: "è scattato Saronni", la gente applaude, poco più di un chilometro di allungo, sul falsopiano che conduce alla piazza di Ravello, dove Saronni arriva a braccia alzate.
Io sulle spalle di mio padre, a soli tre anni, imparo il suo nome: Saronni. Si imprime deciso nella mia memoria. Così quel giorno, io che non ho ancora neanche una bici, divento tifoso di Saronni, ancora prima di essere tifoso di calcio o di qualsiasi altra cosa, mi iscrivo al partito dei tifosi di Saronni che si contrapponevano a quelli di Moser, animando una rivalità che non si vedeva dai tempi di Coppi-Bartali (e mai più si è ripetuta). A me piace questo piccolo piemontese, cresciuto a Buscate, magrolino con gli occhi furbi che mentre gli altri riflettono, scatta. Crea il vuoto e ci si infila dentro, rubandoti l'aria e il fiato.
"E' scattato Saronni" urla De Zan. La sua maglia blu aderente con appiccicato un numero enorme, il "96", taglia l'asfalto, sfilando come una freccia tra la folla di inglesi increduli. Un rapido, quasi furtivo, sguardo all'indietro per capire se la sua invenzione funziona, il gruppo alle spalle scompare dietro la curva. Nessuno ha avuto il coraggio di scalare il rapporto sul "53", una moltiplica quasi impossibile da spingere sulla salita al 4% di Goodwood. Quando Saronni compare sul rettilineo finale dietro di lui solo una moto.
Un anno prima, al mondiale di Praga, Saronni era partito ancora ai trecento metri, ma era rimasto "al vento" troppo tempo, finché un belga, Maertens, furbo, uscendogli dalla scia, lo aveva beffato sul traguardo. La rabbia di quella sconfitta gli muoveva i muscoli, ora gli spingeva le gambe per quel rapporto illogico.
Io sono in una cucina di una casa sconosciuta in Abruzzo, da amici che non sono amici miei e dove non sono mai più stato nella mia vita. Mi avvicino allo schermo e quel dannato traguardo non compare mai. Ho paura che dal fondo della strada compaia Lemond, l'irlandese Kelly o qualche altro ciclista dal nome incomprensibile. E nemmeno un belga furbo. Ora bastano una manciata di secondi: l'inquadratura, storta, stacca sulla telecamera fissa. Saronni ha il tempo di alzare le braccia.
Come a Ravello, il 15 Maggio del 1978, giorno del quale, ovviamente, non mi ricordo niente. Anzi: forse quello sulle spalle di mio padre non ero neanche io ma mio fratello. Magari aveva portato solo mio fratello che aveva 5 anni ed io manco c'ero. Mio padre non si ricorda, ma comunque non importa.
Quando Saronni vinse il mondiale su strada, esattamente 35 anni fa, avevo già sette anni e Saronni era diventato il mio eroe sportivo.
Il suo scatto imprevisto e improvviso su un circuito di una cittadina inglese, lontana e ostile, resta una metafora esatta di quello che ci vorrebbe nella vita per arrivare primi.
Rompere gli indugi, muoversi un attimo prima, mentre gli altri indecisi rinviano il momento, spingersi in avanti con tutta la forza che si ha in corpo. Spiare solo un attimo il paesaggio e poi tirar dritto.
Inseguire il traguardo, con più forza dopo una sconfitta.
Osare una moltiplica impossibile, non accontentarsi.
Vincere alzando le braccia.
Se sei arrivato fino a qui sei una delle tante persone che ogni giorno leggono senza limitazioni le nostre notizie perché offriamo a tutti la possibilità di accesso gratuito.
Questo è possibile anche grazie alle donazioni dei lettori. Sostieni l'informazione di qualità, sostieni Il Vescovado!
Scegli il tuo contributo con
Per rimanere costantemente aggiornati con le notizie del Vescovado, in tempo reale sul tuo smartphone, scarica la App!
Per dispositivi Apple |
Per dispositivi Android |
rank: 100414107
A volte ci sono rapporti che si deteriorano al punto che non sono più sanabili, altre volte gli attacchi sgrammaticati meritano la giusta risposta. Dalle pagine de Il Vescovado (www.ilvescovado.it) rilanciamo il duro e sempre attuale articolo di Raffaele Ferraioli, compianto sindaco di Furore, rivolto...
Ad un anno dall'ideazione del progetto, la prima presentazione demo di "Vesuvius 79 d.C. - Fuga da Pompei", l'edu-boardgame (gioco di società educativo), che ricostruisce in maniera scientifica e storica la distruzione di Pompei a seguito dell'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Lo scopo dei giocatori è...
Il 25 aprile in Italia si celebra la Festa della Liberazione dal regime fascista e dall'occupazione militare tedesca dell'esercito nazista, avvenuta nel 1945. L'occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, ma si considera il 25 aprile come data simbolo perché nel 1945 coincise...
«Stavo passeggiando nei pressi della darsena e ho visto con i miei occhi la ragazza cadere all'indietro, dalla ringhiera, mentre si stava scattando una foto col cellulare». Comincia così il racconto di Antonio Lagrotta, il soccorritore della sfortunata turista americana che, nella serata di oggi, è rovinosamente...
Un imponente salone da banchetto, dalle eleganti pareti nere, decorate con soggetti mitologici ispirati alla guerra di Troia, è uno degli ambienti recentemente portati alla luce durante le attività di scavo in corso nell'insula 10 della Regio IX di Pompei e oggi completamente visibile in tutta la sua...
Abbiamo notato che stai usando uno strumento che blocca gli annunci pubblicitari.
La pubblicità ci permette di offrirti ogni giorno un servizio di qualità.
Per supportarci disattiva l'AdBlock che stai utilizzando.