Tu sei qui: Storia e StorieEnzo Tortora, signorilità e dignità di fronte a una clamorosa ingiustizia
Inserito da (Redazione il Vescovado Notizie), mercoledì 17 settembre 2025 06:12:31
Di Claudio Rispoli, alias Klaus di Amalfi
È accaduto esattamente 40 anni fa.
Il 17 settembre 1985, i due pubblici ministeri del processo, Lucio Di Pietro e Felice Di Persia, ottennero la condanna di Enzo Tortora in primo grado a 10 anni di carcere.
Considerato tra i padri fondatori della televisione italiana, Enzo Tortora (nato il 30 novembre 1928 a Genova) è stato uno dei volti più amati del piccolo schermo. Tra i suoi lavori più importanti vi sono la conduzione de La Domenica Sportiva e l'ideazione e conduzione del fortunato programma Portobello. La sua figura combina eleganza, cultura e umanità, diventando un simbolo di correttezza e signorilità.
Tuttavia, il suo nome è anche ricordato per un clamoroso caso di malagiustizia, il cosiddetto "caso Tortora".
Su richiesta dei pubblici ministeri Francesco Cedrangolo e Diego Marmo, il giudice istruttore Giorgio Fontana lo accusò di associazione camorristica e traffico di stupefacenti, basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di soggetti provenienti da contesti criminali: Melluso, Barra e Pandico. Il 17 giugno 1983 Tortora fu arrestato.
Dopo sette mesi di reclusione, due a Roma e cinque a Bergamo, gli furono concessi gli arresti domiciliari per ragioni di salute nel gennaio 1984. Il 17 settembre 1985, i due pubblici ministeri del processo, Lucio Di Pietro e Felice Di Persia, ottennero la sua condanna in primo grado a 10 anni di carcere.
Grazie al ricorso in appello, Tortora fu assolto dalla Corte d'Appello di Napoli il 15 settembre 1986, sentenza confermata dalla Corte di Cassazione nel 1987. In totale, subì circa tre anni tra accuse, processi, detenzione e arresti domiciliari, anche se non scontò mai la condanna definitiva. Durante questo periodo, Tortora fu eletto europarlamentare per il Partito Radicale, di cui divenne anche presidente.
L'arresto e la condanna di Tortora suscitarono forte indignazione tra cittadini e colleghi, che riconoscevano la gravità dell'errore giudiziario. Dopo l'assoluzione, ottenne un risarcimento civile per ingiusta detenzione, sebbene modesto rispetto al danno morale e professionale subito.
Il vero risarcimento fu morale e sociale: nel 1987 tornò alla conduzione di Portobello, riprendendo la sua carriera e il rapporto con il pubblico.
Signorilità e compostezza: affrontava ogni situazione con equilibrio e discrezione.
Empatia e umanità: capace di creare un rapporto sincero e diretto con il pubblico .
Professionalità ed eleganza sul palco: Impeccabile nella conduzione televisiva, con un perfetto mix di serietà e leggerezza.
Coraggio morale: Affrontò l'ingiustizia senza piegarsi, rinunciando anche all'immunità parlamentare.
Innovazione televisiva: Trasformò il concetto di show televisivo in esperienza interattiva, come in Portobello.
La condanna iniziale fu decisa dal giudice istruttore Giorgio Fontana, su richiesta dei pubblici ministeri Cedrangolo e Marmo, basandosi su accuse di soggetti criminali.
Non ci furono mai scuse pubbliche formali, ma l'assoluzione e il risarcimento civile rappresentarono un riconoscimento dell'errore giudiziario.
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