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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieLa saggezza di un Popolo (46)
Scritto da (redazione), lunedì 15 giugno 2020 11:27:37
Ultimo aggiornamento lunedì 14 settembre 2020 13:15:50
di Antonio Schiavo
Da più di mezzo secolo (Madonna sto' addeventanno viecchio) partecipo durante i riti della Settimana Santa, più o meno assiduamente, alla Via Crucis.
Molti lettori giustamente diranno che questa mia considerazione non interessa più di tanto ma volevo condividerla con voi perché quest'anno, forse per la prima volta, ne sono stato coinvolto anche emotivamente oltre che dal punto di vista strettamente liturgico.
Merito del caro Don Angelo che si è letteralmente inventata, almeno così credo, una Via Crucis in dialetto. Tutte le stazioni e le preghiere come se a recitarle fossero stati i nostri nonni, in un rapporto con il sacro rito quasi confidenziale. Certamente più intimo.
Ciò per osservare quanto la nostra lingua natia possa essere un veicolo di emozioni, sentimenti e coinvolgimento specie in periodi difficili quando, più che in altri, la lontananza dalla tua terra d'origine si fa sentire in maniera struggente.
Ora che il tempo della pandemia sembra essere più rarefatto penso sia arrivato il momento di riprendere il nostro percorso con il supporto prezioso del Dr. Achille Camera che si presta con la consueta disponibilità a rendere questa rubrica ineccepibile anche sotto il profilo formale:
Fa cchiù ampressa'na femmena a truvà na scusa ca ‘na zoccola ‘o purtuso.
Qui si magnificano le capacità femminili di trovare in un nanosecondo una scusa buona per ogni malefatta o iniziativa non condivisa.
Ddoje femmene e ddoje papere fanno nu mercato:
Si parla della capacità ciarliera delle donne. Ne bastano poche per creare confusione.
Pesa ‘e stierno:
Si dice di persona, animale o cosa pesantissima.
E' curto e male ‘ncavato:
Di persona fisicamente non dotatissima ma di estrema furbizia
Uno è ‘na libbra e ‘n' ato è dudece onze:
Hanno gli stessi difetti, le stesse manie.
Si può anche dire:
Nun può dà ‘a mane deritta a nisciuno.
E' asciuto ‘a dint' ‘e cosce ‘e Abramo:
Di chi vanta presuntuosamente natali illustri.
Sta ‘ncoppa casa ‘e Cristo:
Abita in un posto sperduto, dimenticato da Dio e dagli uomini.
Vo' ‘o cocco munnato e bbuono:
E' un indolente, un pigro che pretende che gli altri facciano le cose al suo posto e gli portino un risultato bell'e pronto.
Fosse ‘ a bona vocca toia:
Affermazione di speranza quando qualcuno ti augura un successo o, più in generale, qualcosa che speri si risolva positivamente.
Nun giurà ca ce credo:
Ogni ulteriore affermazione o promessa è pleonastica, superflua specie se viene da chi è avvezzo a mentire.
‘E male guvernate è guverna Dio:
Il Signore è benevolo verso tutti. Si dice di persone, animali o piante che, anche in assenza di cure e premure, riescono a crescere, svilupparsi o sopravvivere.
E' gghiuto ‘ mparaviso pe' scagno:
Ce l'ha fatta per il rotto della cuffia. E riuscito in una impresa suo malgrado e all'ultimo tuffo.
‘O tene appiso ‘ncanna:
E' il suo preferito (si dice soprattutto dei figli o dei parenti più intimi) anche se fa di tutto per nasconderlo. Ha un debole per lui.
S'è vuttato dint' ‘e campane:
Di chi tergiversa, che è solito non rispettare gli impegni presi.
Santo Vetuperio parla ‘e santità:
Da che pulpito viene la predica.
(continua)
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