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Scritto da (redazionelda), giovedì 23 maggio 2019 13:27:30
Ultimo aggiornamento giovedì 23 maggio 2019 13:28:09
di Antonio Schiavo
Ravello, mezzanotte meno cinque di un venerdì pre-elettorale di un era geologica fa. Avevamo litigato e battagliato fino al pomeriggio... poi per incanto ognuno per la sua strada a riempire di manifesti le vie della Costiera. Senza ostacolarci, senza liti o baruffe ma intenti solo a coprire tabelloni e, perché no, ogni spazio murale libero con fiamme e falci e martello.
Mezzanotte meno cinque, in Piazza Vescovado: colla di farina dappertutto, la 600 di Fernando (quella con la portiera a favore di vento) quasi a secco con ancora il trombone sul portabagagli con cui avevamo annunciato i comizi di Palumbo, Guarra, Gassani, De Fazio.
Dall'altro lato, Bruno e compagni che arrotolavano gli ultimi manifesti, al solito arrivati dalle Federazioni quasi in zona Cesarini in quantità industriale dopo che per tutta la campagna elettorale te li avevano fatti desiderare come l'acqua nel deserto.
Dibattito dell'ultimo minuto, stranamente pacato dopo le reciproche scaramucce dei giorni precedenti. Tutti, in linea di massima, soddisfatti del lavoro propagandistico svolto durante la campagna elettorale, consapevoli che, la sera del lunedì, saremmo stati ampiamente ripagati dal consenso popolare.
Bonaventura ripiegava l'ennesimo tabellone appoggiato sul muro della salumeria di Alberico, Bruno o Michelino si accendevano, se non erro, il solito puzzolente sigaro per darsi aria da Che Guevara, e noi controllavamo che lo striscione bianco con la fiamma tricolore rimanesse saldo tra il balcone di palazzo Sorrentino e la colonna della casa parrocchiale.
Si tirava a far tardi quasi per esorcizzare il furore adrenalinico e per far diradare la stanchezza di una serata intensa per le strade della costa, sicuri che le fiamme e le falci e martello avrebbero fatto bella vista di sé nei secoli dei secoli.
La mattina all'alba del sabato, solita scena: le due compagini in piazza per la verifica del lavoro certosino di qualche ora prima. I comunisti e i missini si dividevano gli itinerari, ma il risultato (ahimè) era lo stesso: una marea immensa, una teoria infinita di scudi crociati che, da Maiori a Pogerola, da Ravello a Scala lasciavano si e no intravvedere la punta di una fiamma e il manico di un martello.
Truppe d'assalto avevano coperto tutto e vanificato gli sforzi gagliardi di quella che pensavamo essere la meglio gioventù ravellese. Delle due, l'una: o avevano arruolato un esercito di gnomi che in meno di trecento secondi avevano coperto tutto il copribile o si erano ritenuti, al solito, aldi fuori e al di sopra della legge.
Come mai, caro Bruno - avversario acerrimo di un tempo e amico, sodale di oggi -, sono stato colto da questo improvviso empito di ricordi tra il nostalgico e il malinconico?
Ti sembrerà strano ma ieri sera, tornando a casa, ho visto su un tabellone arrugginito un manifesto per le Elezioni Europee a sfondo blu, con in evidenza una grande falce e martello e con una scritta che sembrava provenire da un vecchio negozio di antiquariato "Vota Comunista". Pensa, mi sono quasi commosso penando alla melassa attuale dove non si sa più chi sono e quali ideali sostengono quelli che dicono di rappresentarti e ti trovi a cercare con la lente di ingrandimento una fiammella piccola piccola quasi nascosta fra giganteschi nomi e sigle di partiti che stenti a sentire come tuoi.
"Formidabili quegli anni" era il titolo di un libro di uno a cui non avrei pensato, nemmeno lontanamente, di dare ragione tanto eravamo diversi, distinti e distanti.
Chissà, mi son risposto, forse quegli anni erano formidabili solo perché, come diceva qualcuno: "In ogni persona anziana (come me e te ) c'è una persona più giovane che si sta chiedendo cosa diavolo sia successo".
Foto: archivio Bonaventura Fraulo
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