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Tu sei qui: SezioniStoria e Storie“Chi va ‘a funtana e nun beve, è fesso chi ‘o crede”: la saggezza di un Popolo (48)
Scritto da (redazione), lunedì 8 febbraio 2021 18:12:50
Ultimo aggiornamento lunedì 8 febbraio 2021 18:50:05
di Antonio Schiavo
"Se proprio si sente solo, gli forwardiamo tutte le nostre mail". Così, ieri si esprimeva con un inutile inglesismo una conduttrice di Radio due, quando avrebbe più semplicemente e opportunamente usare un italianissimo e sicuramente più appropriato "inviare, inoltrare".
Non c'è più limite all'indecenza linguistica!
E allora noi, da queste pagine, replichiamo con la nostra rubrica "La saggezza di un popolo" che va alle radici non della lingua italiana, ma di un'altra lingua pur preziosa da salvaguardare e da tramandare alle nuove generazioni prima che tutto svanisca: la lingua napoletana, nelle sue varianti provinciali, quando non comunali.
Ecco qualche nuova "perla" accuratamente revisionate dall'amico Achille Camera:
Quanno frevalo nun frevalea, marzo male ‘a penza:
Se ognuno non fa quanto gli è dovuto, si pagano le conseguenze. Letteralmente: se a febbraio non fa freddo e maltempo, la primavera tarderà.
A cchiù ‘e miezzo metro ‘ a me, pulizza ‘a scopa:
Non mi interessa di quanto accade al di là della punta del mio naso. Esprime la più totale indifferenza per quanto accede intorno.
Ha truvato addurmuto ‘o Pataterno:
E' stato oltremodo fortunato. Ha raggiunto risultati grazie all'impegno e alle risorse di chi lo ha preceduto; ha avuto tanto senza alcun merito.
M'aggio fatto comm ‘a ‘n'ora ‘e notte:
Mi sono stancato moltissimo. Ho sudato sette camicie.
‘Na botta, doje fucelle:
Due piccioni con una fava.
E' ‘na gatta cu a sciorda:
E' una gatta morta; è una ragazza insignificante, senza spina dorsale.
Attiente, ca si sferra ‘a curona:
Si invita a fare attenzione e a non tirare la corda, perché l'altro potrebbe avere un improvviso attacco di nervi ed avere una reazione imprevedibile.
Avimmo fatto l'arte d'‘e pazze
Siamo stati inconcludenti; abbiamo fatto tanta fatica per nulla.
Me turnasse a vattià:
Si dice quando una cosa è totalmente inconcepibile; forse devo riconsiderare il tutto perché il mondo gira alla rovescia.
Miezzo juorno, ‘e gatte vanno attuorno:
Siamo alla resa dei conti. Quando è il momento di trarre benefici, anche non meritati, nessuno si tira indietro.
Avimme perzo a Filippo e ‘o panaro:
Chi troppo vuole, nulla stringe; avevamo troppe aspettative e non abbiamo raggiunto nemmeno il risultato minimo atteso.
S'è magnato cule ‘e galline:
Non sta mai zitto. Si dice anche:
fa' una tatanella o, nella versione più moderna:
S'è magnato puntine ‘e rammofono
‘Ncoppa ‘o niro nun piglia culore:
Quando si fa una fatica inutile; non c'è speranza. Si parla di una cosa già scontata.
Surco accummoglia surco:
Una mano lava l'altra.
Lietto stritto, cuccate ‘miezzo:
Bisogna far buon viso a cattivo gioco. Necessario adattarsi
Chi va ‘a funtana e nun beve, è fesso chi ‘o crede:
Diffidare da chi si dichiara disinteressato o indifferente al guadagno e all'affare.
(continua)
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