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Inserito da (redazionelda), giovedì 16 aprile 2020 21:05:22
di Francesco Romanelli
Quanto dolore nell'ascoltare i bollettini di guerra che ci propinano quotidianamente i mezzi di informazione! Maledetto coronavirus che ci sta privando anche di una grande generazione di persone che, non è pleonastico asserire, ha costruito un'Italia migliore: i nostri anziani. E noi nei loro confronti come ci siamo comportati? Quale segno di riconoscenza abbiamo mostrato? Abbiamo mai trascorso un po' del nostro tempo ad ascoltare le loro esigenze? I loro ricordi? Le loro gioie? Forse no. Per il dio denaro e per il nostro egoismo abbiamo pensato di relegarli in seconda, che dico, ultima fila! Li abbiamo "portati" nelle case di riposo, nelle dimore per anziani, negli hotel della terza età. Tutte belle parole ricavate dallo scilinguagnolo della nostra moderna (?) ed evoluta(?) società. Ci siamo adeguati ai valori di una società che ha poco rispetto per gli anziani, ormai hanno trascorso il loro tempo ed è giusto trasferirli in ridondanti case di riposo per farli vivere meglio! Che ipocrisia! E proprio in questi "ameni luoghi" dove sono sati relegati, dimenticati da tutti in queste ore muoiono quotidianamente ed in gran numero. Le percentuali di deceduti nelle Rsa (residenze sanitarie assistenziali) del nord fanno rabbrividire.
In molte strutture non è stato rispettato nessun protocollo circa il contagio da coronavirus. E noi? Badiamo solo ed unicamente alle esteriorità solo a quelle. E qualche politico contesta anche le indagini della Magistratura definendolo "inopportune in questo momento". Aulo Gellio, scrittore e giurista romano del secondo secolo d.C., scrive: "presso i più antichi Romani non si soleva attribuire onore maggiore alla nobiltà e alla ricchezza che alla vecchiaia, e i più anziani erano venerati dai più giovani quasi fossero dei genitori, e in ogni luogo, in ogni forma di ossequio gli anziani erano considerati i primi e i preferiti. Anche alla fine del pranzo, secondo quanto sta scritto negli antichi testi, gli anziani erano riaccompagnati a casa dai più giovani, e questa abitudine, si dice che i Romani avessero appreso dai Lacedemoni, presso i quali, in base alle leggi di Licurgo, il maggior onore in ogni occasione era riservato ai maggiori di età". Per le antiche tribù degli indiani d'America i vecchi della comunità erano i custodi di tutte le tradizioni, dei canti, delle storie, dei miti, e per questo erano ascoltati e venerati. E potrei continuare con tanti altri esempi. Tempus fugit! Purtroppo.
La nostra società che rischia di squagliarsi davanti ad un grande ed invisibile "nemico" ha scelto da tempo la strada dell'apparire e non dell'essere ed ha inteso isolare in alcune strutture una gran parte della nostra memoria storica e i veri sentimenti umani di un tempo che fu! I giornali spesso ci hanno raccontato delle condizioni in cui i nostri i nostri anziani anche prima del coronavirus erano costretti a vivere. Picchiati, derisi e, spesso, abbandonati tra gli escrementi. Le cosiddette case di riposo, senza voler generalizzare, da nord a sud sono soltanto delle autorimesse dove parcheggiare la parte migliore della nostra società! Abbandonati senza scrupoli. Mentre per Papa Francesco sono "le radici e la memoria di un popolo". La nostra società ha fallito sonoramente, l'egoismo e l'egocentrismo l'hanno fatta da padrone, lo smoderato bisogno di evadere perché "si lavora tutta la settimana" ha relegato in un angolo o, spesso fatto dimenticare l'esistenza di chi è nato prima di noi, di chi ci ha dato la vita! Abbiamo dimenticato i valori primordiali dell'etica umana. Qualche tempo fa nelle ricorrenze importanti nelle comunità del nostro sud i più giovani erano solite baciare le mani ai vecchi, non era solo un gesto di ossequio ma soprattutto un ringraziamento. Impegniamoci tutti per creare ex novo una società più solidale non solo a chiacchiere. " Il bimbo ristette, lo sguardo era triste, e gli occhi guardavano cose mai viste, e poi disse al vecchio con voce sognante: "Mi piacciono le fiabe, raccontane altre!". E' l'epilogo di un poesia tradotta in musica (Il vecchio e il bambino) di Francesco Guccini. Non tradiamo le attese di questo bambino, permettiamo al vecchio di raccontargli ancora tante altre favole.
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