Tu sei qui: CronacaAltro radicale o altro liberale?
Inserito da (redazionelda), mercoledì 9 gennaio 2019 13:02:32
di Raffaele Ferraioli*
Il nuovo libro di Geppi Rippa, scritto a quattro mani con Luigi Oreste Rintallo - Guida Editore, reca un titolo per molti aspetti discutibile: "L'altro radicale, essere liberali senza aggettivi". Viene spontanea la domanda: come si può pensare di aggiungere aggettivo ad aggettivo? E' possibile ed è necessario per spiegare che esistono, ahinoi, vari modi di essere liberali, non tutti compatibili con l'essere radicali.
Gli spunti di riflessione offerti da questo libro restano interessantissimi. A prima vista sembra che Rippa voglia puntare all'autobiografia, al racconto della sua storia personale, ma presto si scopre che l'obiettivo vero sta nel riportare nel dibattito politico corrente temi di grande attualità, da tempo accantonati e quasi ripudiati. Fra i tanti, quello dei diritti civili e del liberalesimo senza aggettivi.
L'assenza di memoria storica, una risorsa preziosa ma ormai del tutto smarrita nella società "liquida" favorisce l'azione deleteria della rete e accentua il dominio dei "social networks" nella cattura del consenso. Ne deriva una superficialità ed un'inconsapevolezza diffuse quanto pericolose.
In passato era possibile assistere alla battaglia delle idee, alla competizione delle intelligenze, al confronto dialettico. Oggi siamo quotidianamente bombardati da un numero sempre crescente di messaggi, spesso stupidi e banali, a livello di puri e semplici slogan, di aforismi pescati qua e là col sistema del copia e incolla. Ne deriva un impoverimento del dibattito a dir poco sconcertante.
Diritti di libertà, diritti individuali puntualmente ignorati, trascurati, calpestati da un sistema consociativo destinato a produrre la degenerazione partitocratica de palesemente incapace di costruire l'alternanza. Non vi è dubbio che la partitocrazia e, al suo interno, il correntismo esasperato abbiano prodotto la proliferazione di quegli aggettivi ai quali Rippa si riferisce. Etichette posticce, spesso prive di significato, come ad esempio: moderato, popolare, progressista, ulivista, integralista, doroteo, basista e chi più ne ha più ne metta.
Rippa si dichiara liberale senza aggettivi, pur essendo radicale e pur avendo dovuto affrontare le difficoltà legate alla leadership carismatica ed egemonizzante di Marco Pannella.
Ma un liberale è di destra o di sinistra? Conservatore o progressista? Garantista o giustizialista? E, quel che più conta, capitalista o socialista? L'essenza stessa dell'essere di destra, secondo una formula piuttosto semplicistica, tipicamente italiana, è prediligere il libero mercato e bollare con il termine "assistenzialismo" qualsiasi forma di attenzione alle classi più deboli. Altrove dilagano formule che potremmo definire "populiste" e che delle tradizionali libertà liberali e liberiste hanno un concetto piuttosto particolare.
Rimanendo in Italia dobbiamo registrare, a seguito della scomparsa della cosiddetta "Seconda Repubblica", il paradosso di una destra che si fa paladina dei valori costituzionali (di una Costituzione nata dalla Resistenza antifascista) fino a trasformarsi in un "berlusconismo" mediatico, che ruota intorno all'apparato padronale e si nutre dei resti del doroteismo e del craxismo. L'obiettivo dichiarato di questo schieramento che si autodefinisce liberale è "fare" (nel senso di "fare affari").
Ne consegue che, soprattutto qui da noi, una destra civile non è mai esistita e l'essere liberale significa, purtroppo, fare politica senza partito. E' una vita che l'amico Geppi fa questo. Cerca di presentare questo modello di liberalesimo. Lo racconta, lo promuove e, soprattutto, lo pratica. Il suo impegno nel riaffermare i valori della vera liberaldemocrazia è entusiastico e, come tale, meritevole di grande considerazione.
*sindaco di Furore
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