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Racconti d'aMare

Il racconto del Capitano superiore di lungo corso di Amalfi

“Domina il mare e sarai ricca; serbati libera e diventerai grande”. La leggenda della ninfa Amalfia e l'eredità del diritto marittimo

Nel suo scritto, il comandante Salvatore Barra intreccia memoria storica, diritto marittimo e navigazione contemporanea, richiamando la leggenda della ninfa Amalfia e l’eredità delle Tavole Amalfitane come patrimonio vivo della civiltà mediterranea.

Inserito da (Redazione il Vescovado Notizie), martedì 9 settembre 2025 13:14:28

Di Salvatore Barra, Capitano superiore di lungo corso

"Domina il mare e sarai ricca; serbati libera e diventerai grande". Così recita una leggenda legata alla ninfa Amalfia, e a pensarci bene, questa frase racchiude il senso profondo del legame tra i popoli costieri e il mare, tra potere, libertà e grandezza.
Per chi conosce, anche solo superficialmente, la vita a bordo di una nave, è facile intuire quanto sia fondamentale il ruolo del diritto nella navigazione. Il Codice della Navigazione, le leggi e le convenzioni internazionali - in tempo di pace o di guerra - sono strumenti imprescindibili. L'argomento è vastissimo, tecnico e spesso poco noto, ma posso assicurarvi che è affascinante e coinvolgente. Prima di introdurlo, vorrei fare un ringraziamento particolare all'avvocato e professore Mario Civale, di Maiori, il quale è stato mio Docente di Diritto della Navigazione all'Istituto Nautico e i cui insegnamenti sono stati per me preziosissimi.

Nel 1604, la "King's Chamber" del re inglese Giacomo I proclamava: "Entro i nostri porti, approdi, ancoraggi, baie o altri luoghi di nostro dominio, non sarà tollerata forza, violenza, sorpresa o offesa".

Nasceva così, in modo formale, il concetto di sovranità sulle acque costiere. In seguito, si fissò il limite delle acque territoriali a tre miglia dalla costa, corrispondenti alla portata dei cannoni terrestri dell'epoca (la cosiddetta regola del tiro di cannone).
Da allora, il mare adiacente agli Stati rivieraschi è stato progressivamente suddiviso giuridicamente in varie zone: Acque Interne, Mare Territoriale, Zona Contigua, ZEE (Zona Economica Esclusiva) - che può estendersi fino a 200 miglia nautiche - e le Zone SAR (Search and Rescue) per le operazioni di salvataggio. Ognuna di queste aree risponde a regole specifiche in termini di sovranità, sfruttamento delle risorse, sicurezza e diritti di passaggio.

In mare, tutto cambia a seconda della posizione geografica e della nazionalità delle navi e degli equipaggi. I reati, le infrazioni disciplinari, gli incidenti sono giudicati in base alla posizione della nave al momento dell'evento, alla bandiera battuta, allo Stato costiero interessato e alla nazionalità del marittimo coinvolto.
Le acque interne (a monte della linea di base) sono sotto piena sovranità dello Stato costiero. Nelle acque territoriali, l'intervento dello Stato avviene in casi specifici: reati a bordo, violazioni doganali, fiscali, sanitarie, ambientali, di immigrazione o pesca.

Ogni zona ha un regime giuridico specifico che determina chi può fare cosa. Le infrazioni, gli incidenti, i reati e ogni altro fatto accaduto in mare vengono giudicati in base alla posizione geografica della nave, alla nazionalità del natante (bandiera) e a quella dell'equipaggio coinvolto.
In alto mare, per esempio, valgono le leggi dello Stato di bandiera e le convenzioni internazionali ratificate. Lì vige il principio della libertà dei mari, secondo cui nessuno Stato può limitare o ostacolare la navigazione, il sorvolo o l'uso pacifico del mare da parte di altri.

Tuttavia, questa libertà oggi è spesso messa in discussione.
Da oltre due anni, la libertà dei mari è violata nell'area mediorientale. Il Mar Rosso, il Golfo di Aden, il Golfo Persico e gli stretti di Bab el-Mandeb e Hormuz sono zone di forte tensione geopolitica. Diverse navi mercantili sono state attaccate e affondate, causando la perdita di interi equipaggi innocenti. L'unica loro "colpa"? Essere in navigazione.

La nostra compagnia di navigazione ha quindi deciso di evitare l'area a rischio, bypassando il Canale di Suez e deviando le rotte via Capo di Buona Speranza, con conseguenti navigazioni più lunghe e impegnative.

Oggi, 6 settembre, ci troviamo nel Golfo di Guinea, a sud dell'Equatore. La terra più vicina è la Liberia, distante 355 miglia marine, mentre l'isola di Ascension è a 557 miglia a ponente. Navigando verso nord-nord-ovest, ci avviciniamo lentamente al Mediterraneo. Il mare è calmo, l'onda lunga da sud-ovest ci accompagna in una dolce rollata, in uno scenario dai colori straordinari.

Siamo partiti da Singapore il 19 agosto. Abbiamo doppiato il Capo di Buona Speranza, dopo aver attraversato lo stretto di Malacca e costeggiato Mauritius, La Réunion e il Madagascar, dove - nei pressi di Cap Saint Marie - abbiamo avvistato numerose balene in periodo di accoppiamento. Il nostro viaggio è cominciato il 27 luglio da Busan, in Corea del Sud. La destinazione finale è Valencia, prevista per il 13 settembre. Ad oggi abbiamo percorso 8.027 miglia nautiche; ne mancano 3.077.

Lontana dai porti, dalle coste, dalle famiglie e dal mondo. La nave in alto mare forma un binomio unico col suo equipaggio, che ne ha il controllo e la gestisce. La nave costituisce una piccola comunità viaggiante, in cui il comandante ne è l'autorità suprema, sia civile che disciplinare, con responsabilità che vanno dalla sicurezza della navigazione, all'ordine a bordo, fino alla tutela della salute delle persone, dei beni trasportati e della tutela dell'ambiente marino in relazione alle attività della nave. In diritto marittimo (sia internazionale che nazionale) si afferma infatti che: il comandante è la massima autorità a bordo. Non risponde gerarchicamente a nessuno mentre è in mare. Non vi è un superiore diretto che possa interferire con le sue decisioni operative: risponde unicamente alla legge (nazionale e internazionale). Il principio "Dopo Dio, il comandante" esprime la centralità e la solennità del suo ruolo: in un ambiente isolato e potenzialmente pericoloso come il mare, la vita di tutti dipende dalla sua competenza, dal suo giudizio e dalla sua autorità. Questo principio è rimasto saldo nei secoli perché, in mare aperto, l'impossibilità di rivolgersi a un'autorità superiore richiede che ci sia un'unica voce decisionale, capace di garantire disciplina e sicurezza.

Le lunghe navigazioni possono riservare numerose insidie, molte delle quali non preventivabili, come incidenti della nave o a persone, malattie, sinistri con altre imbarcazioni, errori e valutazioni errate nei calcoli della stabilità; nelle previsioni e decisioni che si prendono nell'affrontare condizioni meteorologiche estreme come cicloni, iceberg, onde anomale e nebbia. Il Comandante, come abbiamo detto, ha la massima autorità decisionale ma, affinché si crei una sinergia importante, è fondamentale che l'equipaggio creda e riponga in lui totale fiducia. Anche nei momenti più difficili.

Il mondo marittimo è regolato da un vero mare di leggi: codici, convenzioni, norme, regolamenti. Ma tutto ha avuto inizio secoli fa, anche grazie alla mia terra.
Nel Medioevo, la Repubblica Marinara di Amalfi - ben prima della nascita del diritto marittimo internazionale - codificò le consuetudini del mare nelle celebri Tavole Amalfitane, o Tabula de Amalpha. Un documento di valore eccezionale, rimasto in vigore per oltre cinque secoli, adottato anche durante la dominazione normanna e nel Regno di Napoli.

Le Tavole stabilivano norme su:

  • Obblighi di capitani e marinai
  • Compensi, rischi, avarie e compartecipazione agli utili
  • Frodi, diserzioni, pirateria, commercio e salvataggi
  • Il famoso "Istituto delle Avarie Comuni", secondo cui, in caso di sacrificio volontario di merci per salvare la nave, tutti i partecipanti alla spedizione (armatori, finanziatori, mercanti) dovevano contribuire proporzionalmente al risarcimento.

Questo patrimonio di diritto, civiltà e saggezza è uno dei più grandi lasciti della Repubblica di Amalfi. Eppure, oggi è poco conosciuto - spesso anche dagli stessi amalfitani.
Da amalfitano e navigante, sento l'orgoglio di rappresentare, anche solo in minima parte, l'eredità culturale e giuridica lasciata dai nostri avi. Dopo la Bussola magnetica, le Tavole Amalfitane sono probabilmente il contributo più alto che Amalfi abbia offerto al mondo. Purtroppo, questa memoria si sta perdendo: nessuna via, nessun monumento, nessuna piazza ricorda i navigatori della Repubblica di Amalfi, veri eroi del mare che diedero lustro e ricchezze alla nostra città.

La nostra rotta è ora diretta verso nord-nord-ovest, con prua verso le Canarie. Partiti dall'estate dell'emisfero boreale, abbiamo attraversato tropici, stagioni e oceani. A bordo, l'equipaggio si dedica alla manutenzione, al controllo del rizzaggio dei container, ai turni di guardia. Le soste nei porti, brevi e operative, lasciano poco spazio al tempo libero e le libere uscite sono una rarità. Per questo, quando possibile, si organizzano piccoli momenti di socialità: barbecue, canti, qualche barzelletta. Piccoli riti che aiutano a resistere alla fatica e alla solitudine.

E mentre l'orizzonte resta immutato, penso ancora a quella frase antica, legata alla nostra leggenda:
"Domina il mare e sarai ricca; serbati libera e diventerai grande."

Gli antichi amalfitani lo avevano compreso in profondità: la ricchezza si poteva ottenere controllando le rotte commerciali e dominando il mare, ma la vera grandezza dipendeva dalla libertà politica, dall'indipendenza, dalla capacità di autodeterminarsi.
Quando Amalfi perse entrambe - il dominio dei mari e la libertà - anche la sua ricchezza e la sua potenza si affievolirono, in modo direttamente proporzionale. Eppure, ciò che ci è rimasto non è solo nostalgia: è un'eredità viva, un patrimonio di cultura giuridica, civile e marittima che ha attraversato i secoli e che ancora oggi, spesso senza saperlo, continuiamo ad applicare, a vivere, a tramandare.

Gli amalfitani di oggi - mi si permetta la provocazione - vivono ancora di rendita di quel capitale storico, costruito in secoli di splendore, coraggio e indipendenza. Dei nostri gloriosi avi si è quasi perso il ricordo: manca un monumento, una targa, una via che ne celebri le gesta.
Eppure, furono proprio loro - marinai, mercanti, giuristi, esploratori - a gettare le basi di quella che oggi chiamiamo civiltà marittima mediterranea.

Il diritto della navigazione, come abbiamo visto, è una materia vastissima, affascinante, complessa, ma fondamentale.
Ciò che la rende ancora più sorprendente è la sua origine popolare e pragmatica: regole nate dall'esperienza quotidiana del mare, da consuetudini condivise, da soluzioni pratiche a problemi reali. Regole scambiate tra popoli diversi, tramandate oralmente, poi messe per iscritto, diventate norma comune, per poi estendersi a macchia d'olio in tutta la terra, in quanto norme e regole sono praticamente simili in tutti gli Stati del mondo.

Mi piace immaginare che una di queste "gocce di olio" sia partita da Amalfi, per poi espandersi nel Mediterraneo e nel mondo.

I marinai della Repubblica di Amalfi, mille anni fa, solcavano lo stesso mare che oggi attraversiamo con mezzi moderni e tecnologie avanzate. Erano uomini coraggiosi, esploratori, mercanti e navigatori, animati dalla voglia di scoprire, commerciare, dialogare. Portavano con sé merci, idee, religioni, codici e conoscenze. Senza forse saperlo, costruivano ponti tra popoli, unendo culture lontane sotto il segno comune del mare.

Oggi, quei marinai siamo noi.
Abbiamo navi più grandi, rotte più lunghe, sistemi satellitari e leggi più complesse. Ma lo spirito non è cambiato: continuiamo a essere mediatori silenziosi tra continenti, testimoni diretti di un mondo in movimento. Attraversiamo acque che separano le nazioni ma, al tempo stesso, le collegano. Siamo anelli di una catena millenaria che tiene insieme economia, storia e umanità.

Come gli antichi amalfitani, anche noi oggi trasportiamo molto più di merci: portiamo con noi storie, culture, esperienze. Custodiamo un sapere antico che si rinnova a ogni porto, a ogni onda, a ogni incontro.
E così, tra il ricordo delle Tavole Amalfitane e le moderne convenzioni internazionali, tra vele e radar, tra bussole magnetiche e GPS, il mare resta sempre lo stesso: infinito, mutevole, misterioso.
E noi, uomini di mare, restiamo sempre i suoi interpreti più fedeli, un ponte tra popoli e civiltà.

Oggi, in pieno alto mare, su una grande nave, con la prua verso il Mediterraneo, mi sento parte di quella storia, testimone di un legame invisibile ma fortissimo tra il passato e il presente.
Un legame fatto di vento, sale, giustizia e memoria.
Un legame che scorre - come le onde - da Amalfi al mondo.

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