Tu sei qui: PoliticaFelicori al CorMez: «Lascio Ravello e mi candido in Emilia con Bonaccini»
Inserito da (redazionelda), mercoledì 18 dicembre 2019 12:24:23
In un'intervista rilasciata a Piero Rossano per il Corriere del Mezzogiorno oggi in edicola, Mauro Felicori, ex direttore della Reggia di Caserta e fino al 15 gennaio commissario straordinario della Fondazione Ravello, dichiara: «Ho finito il mio lavoro, vado via. Cono quasi in scadenza di proroga, dopo i primi sei mesi mi è stato rinnovato il mandato commissariale, ma lascerò anche prima. In questi giorni sto ultimando tutti gli adempimenti, il presidente De Luca è al corrente di tutto. Sarei dovuto arrivare a fine gennaio ma vado via prima».
E quando gli viene chiesto a quali adempimenti si riferisce, risponde: «Per la Fondazione si apre adesso un periodo nuovo. Le istituzioni sono chiamate a darle una guida. Io penso che accanto alla figura di presidente sia necessaria anche quella di un direttore generale. E che siano opportune le modifiche allo Statuto. Io ho avanzato alcune proposte».
Felicori specifica che «nel periodo in cui mi è stata data la possibilità di cimentarmi nuovamente con lo spettacolo ho cercato di realizzare un modello innovativo di Festival. Ma non parlo solo della rassegna. Credo di aver gettato un po' di semi in più direzioni e penso che la Fondazione debba allungare il suo raggio di azione anche su una più compiuta gestione dei beni. È bene che la Fondazione, oltre che Villa Rufolo, gestisca in proprio anche l'auditorium Niemeyer, oggi del Comune. E con esso Palazzo Episcopio e tutta una serie di immobili di pregio della Costiera amalfitana che vanno recuperati nell'ottica di un sistema di contenitori. Questo è un punto forte delle mie proposte per il futuro: la gestione del patrimonio immobiliare».
Per quanto riguarda il Festival 2019, non destinato a rimanere negli annali della lunga tradizione sinfonica di Ravello, il manager bolognese traccia il suo bilancio: «Ho provato a fare innovazione, scegliendo per il Festival un tema ben definito (Orchestra Italia, ndr) e non accogliendo le proposte delle agenzie. Ho provato a rivalutare il sinfonismo italiano dei primi del Novecento. Una scelta che ha forse fatto arricciare anche qualche naso ma che ha consentito di aprire la rassegna ai conservatori, alle orchestre universitarie, a realtà straniere di tradizione. Credo di aver stretto un accordo importante con il Teatro San Carlo. Napoli stenta a fare sistema ed è un errore. E mentre facevo il Festival pensavo al nuovo Statuto. Idee che adesso le istituzioni, Regione in testa, devono discutere e valutare».
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