Tu sei qui: NecrologiAlla soglia dei 100 anni si spegne Raffaele La Capria, cittadino onorario del Comune di Positano
Inserito da (Redazione LdA), lunedì 27 giugno 2022 12:31:33
Si è spento nella notte, nella sua casa di Roma, Raffaele La Capria, grande scrittore e saggista. Avrebbe compiuto 100 anni ad ottobre.
Considerato uno dei più grandi narratori contemporanei, La Capria si è imposto come una delle voci più significative della letteratura italiana del secondo Novecento.
Il 30 luglio 2014 fu insignito della cittadinanza onoraria del Comune di Positano «per essere stato viatico di diffusione della stupefacente bellezza di Positano nel mondo, attraverso le straordinarie opere cinematografiche, tra cui "Leoni al sole", che lui stesso ispirò».
La sua ultima volta a Positano nel 2020, quando festeggiò il suo 98esimo compleanno, presentando il nuovo volume "La vita salvata", nell'ambito della kermesse letteraria "Mare, sole e cultura".
«Sono un uomo che ha provato a fare il suo meglio. Qualche volta riuscendoci, qualche volta no. I premi letterari mi hanno incoraggiato. Perché è importante, anche metafisicamente, essere riconosciuti nei propri sforzi. Le sofferenze capitano a tutti e dovrebbero essere sempre convalidate: dagli uomini e da Dio», disse in quell'occasione, tra gli applausi dei presenti.
Oggi lo ricorda il sindaco di Positano, Giuseppe Guida: «Ho avuto l'onore nell'Ottobre 2020 di accogliere il Maestro La Capria durante il mio primo evento pubblico in qualità di Sindaco ed è rimasta impressa nella mia mente la sua estrema semplicità e voglia di trasmettere cultura in ogni sua singola parola. Oggi, lo ringrazio per le belle parole, per il sentito augurio che volle dedicarmi e custodirò con cura i momenti trascorsi insieme a lui. Ciao Maestro!».
E Sigismondo Nastri, decano dei giornalisti della Costa d'Amalfi, gli rende omaggio ricordando una sua pagina bellissima, che riportiamo qui di seguito.
Guappo è il cane a cui ho voluto più bene. Ho amato anche la bassotta Clementina, dal caratterino dispettoso, mordace ma devota. La differenza tra il mio amore per Guappo e quello per Clementina è che Clementina a suo modo era un cane di lusso. Guappo no. L'ho amato perché sembrava portare addosso, nel pelo, nel colore, nelle striature tigrate della pelliccia (una particolarità che incuriosiva la gente), negli occhi, nei movimenti e in tutti i suoi comportamenti, la consapevolezza di essere l'ultimo tra gli ultimi. Com'era umile e poco guappo il mio Guappo! E come ho amato la sua umiltà! Come la cosa più preziosa della terra. Solo lui me l'ha mostrata in modo tale da farmi capire la frase del Vangelo: gli ultimi saranno i primi. Lui era l'ultimo, un povero cane napoletano, di quelli che a Napoli chiamano, anche per il colore del pelo e per la misera apparenza, oltre che per la loro attitudine a cercare nei rifiuti, "can' ‘e munnezza". E tra i rifiuti è stato raccolto, in un vicolo di Napoli, spelacchiato dalla rogna per più di metà del corpo, destinato alla spazzatura. Per questo lo amavo. E ho amato anche certi suoi comportamenti da miserabile, l'eccessiva sua sottomissione, la paura di essere picchiato, una certa vigliaccheria, il modo di abbassare le orecchie aspettando chissà quale punizione quando veniva rimproverato, la sua abitudine di fiutare cacca e piscio di altri cani. Era proprio un cane "‘e munnezza", attaccato a me che ero il padrone. Ma che fiuto aveva Guappo! Era miracoloso. Nessun radar, nessun sofisticato congegno elettronico avrebbe mai potuto uguagliare la qualità del suo fiuto. Se gli buttavi una pietra da una terrazza giù in uno strapiombo pieno di piante e di arbusti, dopo un minuto lui tornava con la pietra in bocca e l'aria trionfante. Io mi meravigliavo ogni volta, cercavo di spiegarmi razionalmente com'era possibile tanta precisione, tanta prontezza. Ho concluso che lui indovinava con un intuito, ma che dico? - con una misteriosa forma di intelligenza - il punto dove la pietra era caduta, e me la riportava. E credo che capisse la mia meraviglia, perché il gioco gli piaceva moltissimo, e mi costringeva in tutti i modi a rilanciargli la pietra, in posti sempre più difficili, per mostrarmi quant'era bravo: "Sono molto più intelligente di quel che pensi, caro mio. E' il fiuto la mia intelligenza" (da: Raffaele La Capria, Guappo e altri animali).
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