Tu sei qui: Lettere alla redazioneAndrea, amico sin dall'infanzia
Inserito da Salvatore Sorrentino (redazionelda), mercoledì 4 febbraio 2015 19:52:01
di Salvatore Sorrentino
"Ei fu".
Sono stato accanto al letto di morte del mio amico d'infanzia Andrea Carrano; guardandolo, non pensavo che si trattasse di resti mortali, lo vedevo vivo, vivace, e m'è venuta, spontanea, alla mente l'ode Il Cinque Maggio.
Non son Manzoni, né Andrea è stato Napoleone. Ho immaginato noi due ridotti ai minimi termini. E mi son messo a ripercorrere i momenti belli della nostra vita, e anche quelli "pericolosi", che non mancano mai. E Mara mi ha dato una mano.
Tutte le storie, sue e del suo albergo, che sono un tutt'uno, quelle che troviamo sui media e su internet, cominciano dai primi anni novanta. Nel 1990, però, Andrea aveva più di cinquant'anni; di quelli precedenti, ci ha detto ben poco. Ed io ho, invece, ricordato soprattutto quelli.
La mia mente, in quel momento, è volata a quando avevo sei anni, al 1944, allorché arrivai a Piazza Fontana, da Via dell'Annunziata, dov'ero nato e fino ad allora vissuto. La piazza era tutta nostra; la rotabile ancora non era arrivata.
Andrea era un po' il re della Piazza, lui, di anni, ne aveva ben nove. Mente organizzatrice nata organizzava tutti i nostri giochi. Ne menziono qualcuno: guida del cerchio di ferro o di acciaio, scarichetto a lungo o a corto, spaccaselice con le monete (a vincere e a perdere, ovvio), azzicc'o muro idem con le monete, pure la settimana (gioco piuttosto delle femminucce), i cerchietti, i quattro cantoni sotto l' "arco di San Pantaleone", ... 'a cumeta, cioè l'aquilone, e tanti altri.
Non mancavano le marachelle, figuriamoci, a quell'età, così numerosi (allora molte erano le famiglie numerose, di sette figli e più, la mia era una di queste, quella di Andrea no, loro, di figli, erano solo, si fa per dire, sei), ne combinavamo.
Quali erano le marachelle dell'epoca. Soprattutto quelle dettate dall'appetito (o fame?) che all'epoca avevamo: visite nei frutteti soprattutto, mele, uva, nespole, albicocche, ciliegie, e via dicendo. E spesso pure botte, non da parte dei proprietari, no, quelli, anche se ci vedevano, non ci acchiappavano, scappavamo, ma dai nostri genitori: la sera, quando si tornava a casa, le lamentele già erano arrivate, prima la molto parca cena, poi la lezione, con la cinghia dei pantaloni.
Crescemmo. Nel 1953, assieme ad altri nostri, più o meno, coetanei, fondammo l'Associazione Cattolica "San Luigi Gonzaga" nella nostra parrocchia. Io, appena 15enne, ne fui Presidente. Organizzavamo riunioni, messe cantate, celebrazioni religiose varie. Pure manifestazioni sportive ufficiali.
Organizzavamo pure delle spedizioni per una migliore conoscenza del nostro territorio. Fu così che, un pomeriggio d'estate, siccome si parlava dell'esistenza di una grotta molto profonda, con una sorgente d'acqua che scorreva fino a Marmorata, un gruppone di noi, almeno una quindicina, capeggiati da me e Andrea, ci avventurammo alla scoperta di questa grotta, oggi conosciuta come Grotta di Scala.
Pancia a terra oltrepassammo il buco d'ingresso e ci trovammo in un'amplissima grotta. Che spettacolo ci trovammo di fronte, opere artistiche, frutto dei fenomeni carsici: stalattiti, stalagmiti, colonne, piccole e grandi, grotticine con numerose stalagmiti che le facevano apparire come presepi, poi, improvvisamente un buco a terra, un pozzo naturale, quasi verticale, in fondo un cupo rumore di fiumara.
I più piccoli, accompagnati da uno grandicello, scapparono, perché era la voce di un drago; noi più grandetti, senza l'ausilio di una corda, scendemmo fino in fondo, penso almeno una ventina di metri in verticale, dove trovammo, in un'ampia grotta una vera fiumara, che formava un laghetto, per poi scomparire di nuovo nella roccia. Che teste! Qualcuno poteva anche rimanerci, per la pericolosità della parete, che scendemmo e salimmo.
Un anno dopo la fondazione, raccogliemmo i soldi per fornirci di un bel gagliardetto. La Cerimonia di benedizione, la facemmo alla Cattedrale, presenti quasi tutte le famiglie della nostra parrocchia. Andrea era il più anziano di noi, aveva diciannove anni. Facemmo il giuramento, io da presidente, lui da Padrino.
Un altro breve ricordo: insieme ci scrivemmo al corso di lingua francese di cui ha parlato nel video, ad Amalfi. Io studiavo al liceo, all'uscita, rimanevo ad Amalfi, aspettandolo, per poi andare al corso. Ovviamente, all'epoca, si saliva a piedi da Amalfi. Un giorno, vedo arrivare Andrea su una Lambretta. Era di proprietà della farmacista, giunta dal nord, per gestire la nostra farmacia. Andrea se l'era fatta prestare. Mi diede un passaggio. Dovemmo fare il percorso tutto in prima marcia: il motore era affogato.
Improvvisamente le nostre strade si dividono. La sua storia, l'abbiamo vista sul video allegato all'articolo del Vescovado sulla sua scomparsa. La mia è più semplice, con tante difficoltà di carattere economico, continuai a studiare. Morì mio padre, nel 1956, andai all'università, ma non frequentavo, lavoravo, mi laureai, cominciai a insegnare, ... divenni Sindaco di Ravello.
Andrea, anche lui, lavorava sodo, di tanto in tanto si faceva vivo a Ravello. Ricordo tanto una di queste volte; arrivò con una Sumbem Spitfire rossa fuoco, decappottabile, bella, invidiabile. Poi rientra definitivamente e comincia lentamente a metter su la non facile ricomposizione del fabbricato, da destinare ad albergo. Le difficoltà economiche e patrimoniali le ha raccontate lui. Di quelle amministrative, ha taciuto. Non poteva fare altrimenti, mi avrebbe coinvolto, certo pensava, pericolosamente. Ne ha parlato, però in famiglia: Mara me le ha ricordate stasera. Io posso parlarne; ormai è trascorso tanto tempo, anche se si volesse, niente potrebbero farmi: i reati, se proprio ne avessi commessi, sarebbero tutti prescritti.
Andrea ed io passammo tante sere insieme, nel mio ufficio del municipio, a studiare come aggirare gli ostacoli, le norme restrittive delle leggi in materia, a camuffare certe realtà, ... a violare la legge. Tutto è andato bene; ringraziamo il Signore; e Ravello si trova pure un altro Albergo quattro stelle.
Anche quando non sono stato più sindaco, con Andrea, e pochissimi altri amici, abbiamo operato, rifondendoci denaro proprio, per realizzare un'opera di pubblica utilità: la strada interpoderale da Torello a Traversa, con tanto batticuore, con tante difficoltà; gli strascichi ancora mi perseguitano.
Caro Andrea, accidenti, mi hai lasciato senza che risolvessimo quest'ultimo problema. Sto rimanendo solo. Che rimane di quella bella e allegra brigata che faceva le nottate natalizie a giocare alla stoppa, alla bestia, a sette e mezzo? Umberto Scelzo se n'è andato per primo, poi è stata la volta di Federico Calce, poi di tuo cognato Peppe Pagano; che diavolo, mi state lasciando solo. Per fortuna, la mia famiglia è numerosa!
Ciao. Ci rivedremo, tutti assieme, e cercheremo di coinvolgere anche San Pietro, ne son certo, è un bel soggetto e noi ce lo faremo!
Lo guardo, sul letto di morte. Fisso gli occhi a terra e penso alla nostra bella terra,
né so, quando una simile
orma di pié mortale,
la sua sì bella polvere
a calpestar verrà.
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