Tu sei qui: Economia e TurismoL’altra (alta) Costiera: una serata in amicizia nella magica montiera di Tramonti
Inserito da (ranews), sabato 13 ottobre 2018 15:04:13
Di Giuseppe Liuccio
Ho recuperato e ripropongo con grande partecipazione emotiva, per la rubrica "L'altra (alta) Costiera", una serata indimenticabile tra vecchi amici a Tramonti. Sono passati un po' di anni ed è come se fosse stato ieri. Sono i miracoli dell'amicizia, dell'arte e della natura.
Lo lasciai sui banchi di scuola, al Liceo Classico di Amalfi, studente intelligente e motivato. Me lo ritrovo medico di base nella sua Tramonti. Lo riabbraccio dopo trent'anni e passa e mi colpisce per la stessa vivacità intellettuale, l'identico sorriso contagioso, l'immutata gioia di vivere, la inguaribile passione per la politica. L'appuntamento è a Corsano, nel verde dei vigneti, che gonfiano umori alle pigne già pigmentate. La vitivinicoltura è la nuova passione di Alfonso Arpino, che mi mostra con orgoglio i suoi vitigni di "tintore", che debordano a margine di strada e vantano esemplari bicentenari su di un terrazzamento in lieve pendio vegliato dalla chiesetta della Madonna del Carmine, a solitaria preghiera sulla fertile campagna, con il sottofondo litaniante di un noce fronzuto sbrigliato dalla lieve brezza vespertina.
Qualche kilometro di macchina tra interpoderali asfaltate e qualche ardita scalata su sentiero in terra battuta ed eccoci a Monte di Grazia all'incanto di una cantina con tutte le sofisticate strumentazioni della vinificazione moderna. Assaggio di rito eternato in foto da Sabine Cretella, tedesca naturalizzata costierasca, come rivela la simpatica cadenza della parlata amalfitana che attutisce ed ingentilisce la rasposità della lingua di origine. Si occupa di accoglienza e comunicazione ed ha preso una bella cotta per la pastosità e la luminosità perlacea del tintore. Volitiva com'è, riuscirà a piazzare sui mercati stranieri tutta la produzione limitata, ma proprio per questo pregiata, di Arpino, medico vitivinicultore enologo.
Sullo spiazzale della cantina, rigorosamente in pietra viva, una cagnetta irrequieta protesta per la insolita intrusione di estranei, mia moglie ed io, nella serenità del suo regno, ed i latrati trasmigrano sui tralci, pettinano le colline e si frantumano sfumati a fondovalle. Invece una gatta color champagne s'inarca vanitosa e fa le fusa e reclama carezze. Un gallo impettito nella cresta rossa difende le favorite del suo pollaio, come se fosse Villa Certosa. Fossi pittore ne tirerei fuori una tela colorata. Ma con i pennelli non ci so fare. Invece li maneggia con padronanza e destrezza Peter Ruta, uno splendido novantenne, artista a tutto tondo, che porta negli occhi profondi le emozioni di un secolo di storia travagliata vissuta in prima persona, tra incidenti ed accidenti di salute, ma soprattutto tra meritati successi che squillano nelle tele conservate ed apprezzate nei musei di mezzo mondo. Gli è compagna di vita e di arte Susanna, una brava narratrice, che trova ispirazione e spunti per la scrittura creativa nell'eremitaggio di una casa di campagna con un ampio terrazzo spalancato sull'infinito verde di vallate e pianori dei Lattari, là dove arrivano sfocati i rumori delle macchine che dal Valico di Chiunzi caracollano verso il mare di Maiori. Vivono abitualmente negli Stati Uniti, a New York, e nelle loro frequenti visite in Italia soggiornano tra Positano e Tramonti, a captare emozioni da trasferire sulle tele, l'uno, da ossificare sulla pagina, l'altra. La loro conoscenza è una straordinaria scoperta che mi arricchisce e mi esalta.
Dal terrazzo di una casa di campagna di Corsano faccio appena in tempo a godermi lo spettacolo di una nuvola, bambace migrante sui picchi del Falerzio all'incendio di un tramonto di agosto, prima di incantarmi al racconto di Peter, che, con voce lenta e carezzevole, mi materializza la storia della pittura di buona parte del Novecento europeo ed americano. E l'emozione si fa intensa e forte al godimento in anteprima di un numero consistente di tele sparse con nonchalance sul letto di una stanza disadorna, che, per miracolo, si accende della luce della grande arte come la sala di esposizione di un Grande Museo. E riconosco scale, vicoli e loggiati di Positano nei delicati colori pastello o le piazze ed i casali di Tramonti nel verde tenero degli alberi di campagna vivacizzati dal rosso/rosa di un oleandro allo scialo della fioritura. Miracolo delle perforazioni a penetrazione di cuore, anima e pensieri della grande arte!
Hanno i profumi dei secoli gli affettati dei Lattari e sanno della forza del sangue generoso della terra le sorsate del tintore nella cena consumata nella impagabile convivialità della calda amicizia. Sono i miracoli dell'altra Costiera, quella delle zone interne non ancora omologate ed in parte imbarbarite dal turismo pretenzioso di vecchi e nuovi ricchi, dove è ancora possibile abbandonarsi a confidenze nel clima da relax ed otium creativo.
Alla distanza Gete è un presepe: ricamo di luci, lucciole a richiamo d'amore nel pianoro arioso, dove nell'incavo della montagna i monaci eremiti si maceravano nella preghiera e nella meditazione in un santuario rupestre e dove Gigino Reale ha creato un tempio dell'enogastronomia di qualità tra vitigni secolari di Cardamone.
È notte fonda quando riconquisto il lungomare della Costa ancora nei veleni del traffico nonostante l'afa appiccicaticcia di mezzo agosto.
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