Tu sei qui: CronacaAgerola: Cassazione, inammissibile ricorso pm per 're mozzarella' Giuseppe Mandara
Inserito da (redazionelda), martedì 20 gennaio 2015 09:22:54
Non ci sono prove nuove, se non "una serie di deduzioni in fatto, il cui compendio è già stato ritenuto inidoneo e insufficiente", e, inoltre, "le dichiarazioni di Augusto La Torre (boss dell'omonimo clan prima pentito poi estromesso dal programma di protezione, ndr) sono inattendibili". Sono le motivazioni della Cassazione che il 21 novembre scorso hanno portato a rigettare il ricorso della Procura Antimafia di Napoli, ritenendolo "inammissibile", contro l'annullamento della misura cautelare per l'imprenditore Giuseppe Mandara.
Anche nell'inchiesta bis che portò lo scorso aprile il "re della mozzarella" nuovamente in carcere, la tesi dell'accusa volta a dimostrare il legame di Mandara al clan La Torre di Mondragone si risolve in un nulla di fatto. Per la prima sezione penale della Corte di Cassazione, presidente Maria Cristina Siotto ed Enrico Giuseppe Sandrini consigliere estensore, è "inammissibile" la richiesta dei pm di "rivalutazione dello spessore indiziario degli elementi acquisiti, perchè "un apprezzamento nel merito" "non può trovare ingresso in questa sede: la natura assorbente del profilo di inammissibilità del ricorso preclude l'esame della questione". Cade la tesi che Mandara abbia finanziato il clan attraverso versamenti di denaro, sconti di assegni e garantendo supporto alla latitanza del capo clan e abbia fatto da mediatore a richieste di tangenti rivolte agli imprenditori.
"Le nuove acquisizioni - si legge nelle motivazioni - in parte costituite dalle nuove dichiarazioni di Augusto La Torre, su fatti e circostanze già indagate in passato, non sono in grado di modificare il giudizio in base al quale il tribunale ha individuato nel Mandara non già un imprenditore colluso con l'organizzazione camorristica, ma un imprenditore vittima di intimidazione mafiosa, necessitato a soggiacere alle imposizioni di La Torre e del suo clan ed estraneo perciò al reato associativo". Per i giudici, le dichiarazioni di La Torre sono inattendibili "perche' ha chiamato in correità Mandara solo a distanza di otto anni dall'inizio della sua collaborazione e solo dopo la denuncia per estorsione presentata da Mandara nei suoi confronti che aveva comportato la revoca del regime di protezione". L'accusa mossa da La Torre, dunque, sarebbe di "natura ritorsiva".
L'inaffidabilità di La Torre, per i giudici, è accentuata da una "nuova (ennesima)" versione delle modalità con cui si sarebbe concretizzata l'estorsione commessa in danno di un imprenditore, risalente agli anni 1988-89, per costringerlo a vendere a Mandara un terreno di sua proprietà funzionale all'ampliamento del caseificio alla cui gestione, secondo la tesi accusatoria, La Torre sarebbe stato cointeressato che "il Tribunale ha ritenuto, con giudizio munito di propria coerenza e congrua logica, intrinsecamente contraddittoria rispetto al consueto modus operandi delle organizzazioni camorristiche, non abituate a farsi imporre il prezzo di vendita dal soggetto estorto esigendone solo successivamente la restituzione invece, come normalmente accade, di minacciare fin dall'origine la volontà del venditore a sottostare a condizioni di vendita che non avrebbe liberamente accettato". La cassazione, dunque, dichiara di non poter entrare nel merito delle esigenze cautelari, già ritenute insussistenti dal Riesame, ritenendo il ricorso semplicemente inammissibile. Giuseppe Mandara finì in carcere nell'aprile del 2014 e nel luglio 2012 con le stesse accuse e poi scarcerato dal Riesame.
fonte: Agi.it
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