Tu sei qui: ChiesaIl viaggio del Papa in Egitto e quello di San Francesco del 1219
Inserito da (redazionelda), giovedì 20 aprile 2017 13:07:40
di Padre Enzo Fortunato (per il Corriere della Sera)
Il prossimo viaggio del Papa in Egitto in un contesto di tensioni diplomatiche, di guerre e atti terroristici ne richiama un altro. Quello di san Francesco. Nel mese di giugno del 1219 Francesco d’Assisi si imbarcò per l’oriente e, giungendo a Damietta, incontrò il Sultano d’Egitto Melek-al-Kamel, nipote del Saladino, nome con il quale è conosciuto in occidente Salh al-Din, il fondatore della dinastia Ayubbide e sultano dell’Egitto e della Siria negli ultimi decenni del XII secolo. Fu lui a conquistare Gerusalemme nel 1187, ricordato per essere non solo un grande condottiero ma anche per essere stato un abile politico riuscendo a raggiungere un compromesso con le forze cristiane sconfitte in Palestina. Ma una domanda potrebbe sorgere spontanea, Francesco e il Sultano si sono davvero incontrati?
Fonti francescane - e non solo - lo confermano: la Historia occidentalis del vescovo di San Giovanni d’Acri Giacomo da Vitry; il cronista Ernoul, continuatore della Cronaca di Guglielmo di Tiro; il cronista Bernardo il Tesoriere; e infine l’epigrafe funeraria di Fakhr ad-Din Muhammad ibn Ibrahim Fârîsi al cimitero di Qarâfa al Cairo, che a Francesco sembra alludere. Queste testimonianze corroborano quella di Tommaso da Celano e quelle di Giordano da Giano e di Bonaventura che potrebbero altrimenti venir sospettate di aver fondato la leggenda dell’incontro per ragioni e scopi interni all’Ordine o relative alla sua immagine.
Cosa abbia maturato poi Francesco, oltre al netto rifiuto della crociata e dei modi belligeranti, sta nel testo della regola non bollata del 1221 e rivista e approvata dal Pontefice nel 1223 dove dice in che modo il Francescano debba andare tra i Saraceni: «Perciò qualsiasi frate che vorrà andare tra i Saraceni [...], vada con il permesso del suo ministro e servo. Il ministro poi dia loro il permesso e non li ostacoli se vedrà che sono idonei ad essere mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore (Cfr. Lc 16,2), se in queste come in altre cose avrà proceduto senza discrezione. I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio (1Pt 2,13) e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio».
Questi atteggiamenti dettati da Francesco indicano due linee guida del suo pensiero: quello della presenza e quello della testimonianza. Non è la strada dell’imposizione ma quella della contaminazione. L’Assisiate era uomo di pace: quello che egli sognava, l’ha dimostrato con la vita e in tutti i modi, raggiungendo il Sultano annunciandogli la pace del Cristo, che non è quella che dà il mondo. Non era lì solo per il sultano: ma anche per i crociati, che avevano un estremo bisogno di esempi di vita cristiana. Presenza e testimonianza: queste le limpide linee spirituali e storiche d’un gesto che non apre la strada a fraintendimenti. Se si esce da queste concrete e chiarissime coordinate interpretative - annota lo storico Franco Cardini - si fanno solo chiacchiere inutili.
Ed è su questa scia che si muove ora papa Francesco. Un viaggio che desta la massima attenzione della famiglia francescana. Questo incontro apre simbolicamente l’ottocentesimo anniversario della stretta di mano, dell’abbraccio tra cristiani e musulmani. Un incontro che sembra calarsi, purtroppo, in un "nuovo medioevo" in cui si tagliano teste e si combatte in nome di Dio. Noi, non vogliamo ripiombare nel medioevo, ma vogliamo aprire le porte e percorrere le strade ancorati al dialogo e al rispetto reciproco.
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