Tu sei qui: AttualitàVini, Caprettone: il "principe bianco" del Vesuvio
Inserito da (redazionelda), mercoledì 5 settembre 2018 10:02:33
Li chiamano "Vini del Vulcano" i nettari prodotti da vitigni che affondano le loro radici nelle ceneri e nei lapilli della "muntagna" vulcanica. Fra questi va annoverato il Caprettone, a bacca bianca piede franco.
In passato confuso con il Coda di Volpe, questo nobile vitigno è stato di recente rivalutato grazie a uno studio condotto dalla facoltà di Agraria dell'Università Federico II di Napoli, in virtù del quale è stato accertata la sua precisa identità. Il suo areale storico è quello di Torre del Greco, Trecase e Terzigno, sulle balze del Monte Somma.
Il nome è legato alla forma del grappolo, molto somigliante alla barba della capra napoletana,, i cui pastori si spostarono da queste parti essendo stati via via espulsi dalle colline di Napoli dal cemento selvaggio dei grattacieli e dei casermoni. 'A muntagna", tatno cara ai napoletani non potè fare altro che, come dice Libero Bovio in una sua famosa canzone, assistere a questo obbrobrio, "rassignata e stanca, sott' 'a cuperta 'e chesta luna janca!".
Per fortuna la coltivazione del Caprettone in questi ultimi tempi, grazie all'impegno di alcuni vinattieri dell'area vesuviana, è ripartita sia pu6re con piccoli numeri. Rinasce, così, un nettare i cui pregi sono da tutti riconosciuti e apprezzati. Volendoli riassumerli, il Caprettone è un vino nobile, qui piantato dagli antichi Greci, è un vino aristocratico, apprezzato fin dai tempi di Orazio e di Plinio il Vecchio; è un vino generoso che cattura i profumi delle zolle infuocate per farne dono agli intenditori, è un vino sapido, che sa di erbe selvatiche e ben si accoppia al Baccalà, piatto tipico dell'area vesuviana
Credo che questo basti pere incuriosire anche il più smaliziato bevitore, sapendo che con il Caprettone si finisce per bere qualche bicchiere di storia.
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