Tu sei qui: AttualitàUn Uomo solo
Inserito da (redazionelda), sabato 28 marzo 2020 16:23:14
di Antonio Schiavo
Un uomo vestito di bianco, solo, in una piazza immensa. Si avvia: i passi incerti, la pioggia battente, luci che tremolano sull'asfalto bagnato.
Un uomo solo si avvia verso un altro Uomo, solo anche Lui, inchiodato ad assi di legno. China il capo, gli occhi fissi verso l'Altro, dalle labbra si percepisce un sussurro.
Chissà se quell'uomo vestito di bianco soffre per la sua solitudine, chissà se intimamente ha paura. Sì anche lui che in quel momento è inginocchiato davanti a una croce e, poi, davanti ad una icona, affidando a quell'immagine di Madre, le ansie e le speranze di tanti.
Di quanti, solo qualche mese fa (un niente rispetto ai secoli) avrebbero affollato quella stessa piazza, si sarebbero stretti l'un l'altro guardando verso l'alto, in direzione di una finestra tanto lontana alla vista ma tanto vicina ai cuori dei poveri di spirito e degli afflitti.
Di quanti forse, in quello slargo immenso di Roma, avrebbero intimamente confessato - in cerca di un'autoassoluzione- che la loro vita frenetica, gli impegni di lavoro li avevano costretti a lasciare una mamma, un nonno in una casa di riposo, moderno eufemismo per quelli che terribilmente ma più lealmente chiamavamo ospizi. E che oggi vorrebbero tornare indietro nel tempo e tenerseli a casa quelle mamme e quei nonni, piuttosto che pensarli terrorizzati, spauriti davanti all'ignoto di una sorte beffarda legata ad un virus che nessuno conosce.
Li avrebbero, forse, confortati, avrebbero detto loro qualche parola dolce, magari più volte al giorno, non conservandole per una volta alla settimana, forse meno, quando quella frenesia e quegli impegni avrebbero consentito loro visite fugaci, sempre le stesse: un pacco di biscotti, la foto dei nipotini, guardando l'orologio perché un altro impegno si faceva freneticamente strada nella loro mente ossessivamente organizzata e cadenzata sui ritmi di là fuori.
Quell'uomo solo, vestito di bianco, in quella piazza immensa sferzata da vento e pioggia di un inverno testardo forse stava aggiungendo le sue, alle lacrime di chi aveva visto scorrere immagini di camion che trasportavano chissà dove bare con dentro altre donne e uomini soli, frettolosamente rinchiusi dopo giorni di dispnea feroce e letale, alla ricerca disperata e impotente di quel respiro che diventava attimo dopo attimo sempre più flebile.
Soli, in una sala di rianimazione stracolma. Chissà se avranno avuto (speriamo di no) un momento di lucidità cercando di là dai vetri asettici e spessi, lo sguardo, il volto rassicurante di qualcuno a cui hanno voluto bene e che li ha voluti bene.
Vorremmo dire, con le stesse parole che Fra' Cristoforo disse a Don Rodrigo, ma con un senso e un significato opposto. "Giorno verrà!". Si, per chi crede e anche per quelli che non credono, dovrà venire un giorno in cui le preghiere di quell'uomo vestito di bianco davanti all'altro Uomo che si fece inchiodare su una Croce ci aiuteranno a comprendere che c'è un morbo, un virus brutto e pericoloso come il Covid 19: il virus dell'indifferenza, degli affetti solo dichiarati ma non messi in pratica, dell'ipocrisia, delle aspirazioni egocentriche e fatue.
Le parole solo sussurrate da Francesco all'Uomo/Dio sulla croce e a sua Madre facciano sì che quel " giorno verrà" non suoni più come una minaccia ma solo come segno concreto di speranza.
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