Tu sei qui: AttualitàIl curriculum perfetto? Quello con viaggi ed esperienze di vita
Inserito da (redazionelda), domenica 9 luglio 2017 17:42:32
La premessa, per non apparire troppo scanzonati e forse irriverenti: per ogni posizione c'è un curriculum adatto. È come l'anima gemella. La metà della mela. Si arriva ad incastrarsi nel posto giusto solo se si presenta la candidatura perfetta. Il preambolo, doveroso, serve per anticipare l'obiezione: non basta infarcire la propria presentazione di passioni per pensare necessariamente di spuntarla. Soprattutto conviene, prima di raccontare una tendenza, segnalare che la competizione nel mercato del lavoro sta diventando sempre più feroce. E la differenza, tra un candidato e un altro, si gioca ormai sul dettaglio. Sull'increspatura di voce al colloquio, non necessariamente un punto debole perché denota spontaneità. Sulle esperienze all'estero. Sulla capacità di saper raccontare se stessi senza scadere nel costruito, nell'artefatto. Ora che è svanito il metadone della decontribuzione (gli sgravi per i versamenti previdenziali per i neoassunti fino a 8mila euro all'anno) ciò che resta è tutto vero. Ci si guadagna un lavoro solo se si è pronti a scalare una montagna senza imbracature. "Nudi" davanti al selezionatore. Che ha pochi minuti per decidere sei hai stoffa e meriti di giocartela o se sei da scartare. A scriverlo è il giornalista Fabio Savelli per il Corriere della Sera in un interessante articolo dal titolo "La vita fa curiculum".
Un cacciatore di teste di alti profili manageriali della società Egon Zehnder (che copriamo con l'anonimato per motivi di riservatezza professionale) racconta di aver appena selezionato un amministratore delegato per i suoi viaggi da ragazzo. Zaino in spalla, spesso da solo, destinazioni intercontinentali mentre muoveva i primi passi a lavoro. «Ne ho ricavato, in controluce, ambizione, solidità mentale, determinazione nel raggiungimento degli obiettivi, risolutezza, pensiero laterale, una certa dose di coraggio: il perfetto uomo al timone di una grande azienda». Queste scelte non sono più inusuali. E investono tutti i ruoli, le funzioni e i processi di selezione. Nel far pendere la bilancia per un dirigente piuttosto che per un altro la cartina di tornasole è quello che gli anglosassoni chiamano soft skills: capacità di empatia nei confronti del prossimo, spirito collaborativo, consapevolezza delle proprie qualità. Per questo hanno valore segnaletico una serie di esperienze che nulla hanno a che fare con il curriculum professionale e i titoli di studio. Certo più prosaicamente contano, soprattutto per i ruoli apicali, le cosiddette entrature: le relazioni ai massimi livelli, i rapporti con il potere, la capacità di fare rete (o lobby) per se stessi e per i propri interessi. Se per gli executive il capitale relazionale diventa il grimaldello per una carriera senza uscite repentine di scena, per i ruoli intermedi e per quelle in ingresso la casella "passioni ed hobby", generalmente indicata in fondo al curriculum, riveste ancor più un ruolo determinante. Anzi andrebbe portata nella prima pagina del documento, in bella vista, possibilmente in grassetto. Spiega Elisa Zonca, responsabile Orientamento dall'agenzia per il lavoro Randstad Italia, che le passioni dicono chi sei. Meglio di ogni altra voce. Così può persino apparire vincente «organizzare un autobus per seguire la propria squadra in trasferta». Perché suggerisce «capacità di relazionarsi con gli altri, solidità nella gestione della stress», seppur in un contesto, quello del calcio, spesso percepito come foriero di dare libero sfogo agli istinti peggiori. Zonca suggerisce di rendere il più esaustiva possibile questa parte di curriculum. Addirittura tagliando, semmai, qualche esame universitario o esperienza lavorativa non rilevante.
«Ci sono almeno due interessi che vengono percepiti da noi addetti alle risorse umane come assolutamente meritevoli di attenzione. Il primo attiene alla sfera dell'equilibrio personale. Il ricorso a tecniche di meditazione, di yoga, di mindfulness sono da annotare perché testimoniano la ricerca di un benessere intimo, profondo», dice ancora Zonca. «Il secondo investe le nostre capacità culinarie. Aver frequentato un corso di cucina e averne interiorizzato le ricette per invitare gli amici a casa oppure per allietare il proprio partner esprime spirito di iniziativa, solidarietà, apertura nei confronti del prossimo». La sensazione, da cronista, è che si stia slittando progressivamente verso un modello di valutazione dei candidati che interroga a tutto tondo le loro ambizioni, i loro interessi, le loro esperienze extra-lavorative. Il processo va di pari passo con la sofisticatezza via via maggiore con la quale avvengono le selezioni. Un investimento su una persona, soprattutto se giovane, rischia di essere improduttivo se non si sono valutati tutti gli aspetti caratteriali. «Una spia, un campanello d'allarme netto, senza appello», annota Matteo Columbo, direttore di Technical Hunters, un'agenzia per il lavoro specializzata nei profili tecnici, «è l'assenza di periodi all'estero, per studio o per lavoro. Lasciare il proprio Paese per mettersi in gioco altrove è un valore aggiunto irrinunciabile per un selezionatore. Che lo preferisce anche ad un voto con lode all'università». Non conta se si è andati a fare il barista a Londra o se si è partiti per un progetto di ricerca ad Harvard. Per Columbo aver messo il naso fuori dalla propria zona di comfort equivale ad un bel biglietto da visita. Soprattutto se c'è da lavorare in un ambiente in cui è frequente il contatto con l'estero.
Ci sono almeno altri due aspetti, raccontano da Manpower (la multinazionale Usa del lavoro in somministrazione), che rappresentano un plus per il candidato. Una stellina da esibire nel curriculum. Sembrano passioni di nicchia. Invece denotano precisione, attenzione ai dettagli, spirito di sacrifico. Chi ha l'hobby del bricolage e del giardinaggio ha un'estrema inclinazione ad aver cura di ciò che è intorno a sé. Traslando, avrà cura anche del suo lavoro e dell'azienda per la quale presta la sua attività. Anche chi ama andare in barca, magari ha preso il patentino per guidare un'imbarcazione a vela o a motore, dovrà stressare questa voce in fase di colloquio. Guidare in mezzo al mare, essere responsabili di un natante, testimonia ambizione, capacità di sacrificarsi in condizioni avverse, elaborazione dei momenti di stress e immediata pro-attività. Caratteristiche che ben si addicono alle figure di responsabilità e di gestione del personale.
Infine il volontariato. Non c'è mai stato da stupirsi se chi impiega il proprio tempo per aiutare chi soffre o chi è meno fortunato abbia una patente di credibilità certamente meno scalfibile di chi non può esibirla. Ma anche su questo tema, come per gli altri precedenti, rilevante è il fattore tempo. Ciò che conta per il selezionatore è se si tratta di esperienze più o meno recenti. Secondo un meccanismo di diretta proporzionalità. Più si è vicini temporalmente più la propria candidatura assume peso specifico. Inserire nel curriculum un vecchio aneddoto risalente a molti anni fa può diventare persino controproducente. In fondo conta chi sei davvero. Non chi sei stato.
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